1. 📖 Contesto Narrativo e Trama
“Prova generale” è inserito nella raccolta Gli arancini di Montalbano (1999), una serie di racconti brevi che ruotano intorno alle indagini del celebre commissario Salvo Montalbano. Questo particolare racconto si distingue per il suo tono leggero ma profondamente umano, caratteristico della narrativa camilleriana.
La storia inizia con la scomparsa di due anziani coniugi, Giovanni e Giovanna , che lasciano un biglietto enigmatico in cui annunciano la loro decisione di “andarsene insieme”. Montalbano, incuriosito dalla situazione, scopre che i due non hanno intenzione di suicidarsi realmente, ma hanno organizzato una sorta di “prova generale” della loro morte. L’obiettivo? Verificare le reazioni dei vicini e dei parenti, per capire se qualcuno si sarebbe davvero preoccupato per loro.
Questa messinscena diventa un pretesto per riflettere su temi universali come la morte , la solitudine , l’amore e il senso della vita .
2. 🌟 Temi Principali
2.1 La Morte e la Vecchiaia
- Camilleri affronta il tema della morte con grande delicatezza, evitando toni macabri o melodrammatici. La “prova generale” dei due anziani è un modo ironico ma rispettoso di guardare alla fine della vita come a un evento inevitabile, ma non necessariamente tragico.
- La vecchiaia è rappresentata come una fase della vita in cui le persone si interrogano sul proprio ruolo nel mondo e sulle relazioni che hanno costruito nel tempo.
2.2 La Solitudine e l’Indifferenza
- Il racconto mette in evidenza la solitudine degli anziani, spesso ignorati o trascurati dalla società moderna. Giovanni e Giovanna, pur essendo circondati da vicini e parenti, sentono il bisogno di verificare se qualcuno si accorgerebbe davvero della loro assenza.
- L’indifferenza altrui è uno specchio dell’alienazione sociale, un tema ricorrente nella narrativa di Camilleri.
2.3 L’Amore e la Complicità
- La coppia di anziani è unita da un amore profondo e da una complicità che resiste alla prova del tempo. La loro decisione di “andarsene insieme” riflette un desiderio di condividere ogni aspetto della vita, anche l’ultimo.
- Questo amore contrasta con l’egoismo e l’indifferenza delle persone che li circondano, offrendo un esempio di relazione autentica e sincera.
2.4 L’Umorismo e l’Ironia
- L’ironia è uno strumento fondamentale nella narrazione di Camilleri. Attraverso il tono leggero e i dialoghi vivaci, l’autore riesce a stemperare la tensione e a rendere il racconto più accessibile al lettore.
- La figura di Montalbano, sempre pronto a osservare con occhio critico ma empatico, contribuisce a creare un’atmosfera di leggerezza e umanità.
3. ✍️ Caratteristiche Stilistiche
3.1 Lo Stile di Camilleri
- Lo stile di Camilleri è immediato e coinvolgente, caratterizzato da un uso sapiente del linguaggio colloquiale e da dialoghi vivaci che riflettono la cultura e le tradizioni siciliane.
- L’autore mescola abilmente elementi di giallo, umorismo e riflessione filosofica, creando una narrazione che intrattiene ma allo stesso tempo fa riflettere.
3.2 L’Ambientazione
- Come sempre, l’ambientazione nella immaginaria Vigàta aggiunge un tocco di autenticità al racconto. I personaggi pittoreschi e le atmosfere tipiche della Sicilia contribuiscono a rendere la storia più vivida e coinvolgente.
4. 💭 Riflessioni e Messaggi
4.1 Il Valore della Vita
- “Prova generale” invita il lettore a riflettere sul valore della vita e sull’importanza di non sprecare il tempo. Giovanni e Giovanna, pur essendo anziani, dimostrano di avere ancora un forte desiderio di vivere e di essere riconosciuti dagli altri.
4.2 L’Importanza delle Relazioni
- Il racconto sottolinea l’importanza delle relazioni umane e della cura reciproca. La solitudine degli anziani è un tema centrale, ma viene mitigato dall’amore e dalla complicità tra i due protagonisti.
4.3 L’Accettazione della Morte
- La morte non è vista come un nemico, ma come una parte naturale del ciclo della vita. La “prova generale” dei due anziani è un modo per accettare serenamente la fine, senza drammi o paure.
5. 🎯 Conclusione
“Prova generale” è un racconto breve ma intenso, che combina umorismo, ironia e riflessione filosofica. Attraverso la storia di Giovanni e Giovanna, Camilleri ci invita a riflettere sul senso della vita, sull’importanza delle relazioni umane e sull’accettazione della morte.
Il racconto lascia un segno profondo nel lettore, non solo per la sua trama originale, ma anche per la sua capacità di affrontare temi difficili con leggerezza e umanità. Un esempio perfetto dello stile unico di Andrea Camilleri, che continua a incantare lettori di tutte le età.
Riassumendo : “Prova generale” è un racconto che, attraverso la figura di due anziani coniugi e la loro “prova generale” della morte, affronta temi universali come la vita, l’amore, la solitudine e la morte stessa, lasciando un messaggio di speranza e riflessione. ✨📖
La nottata era proprio tinta, botte di vento arraggiate si alternavano a rapide passate d’ acqua tanto malintenzionate che parevano volessero infilzare i tetti.
Montalbano era tornato a casa da poco, stanco perché il travaglio della jornata era stato duro e soprattutto faticante per la testa.
Raprì la porta-finestra che dava sulla verandina: il mare si era mangiato la spiaggia e quasi toccava la casa.
No, non era proprio cosa, l’ unica era farsi una doccia e andarsi a corcare con un libro. Sì, ma quale?
A eleggere il libro col quale avrebbe passato la notte condividendo il letto e gli ultimi pinsèri era macari capace di perderci un’ orata.
Per prima cosa, c’ era la scelta del genere, il più adatto all’ umore della serata. Un saggio storico sui fatti del secolo? Andiamoci piano: con tutti i revisionismi di moda, capitava che t’ imbattevi in uno che ti veniva a contare che Hitler era stato in realtà uno pagato dagli ebrei per farli diventare delle vittime compatite in tutto il mondo.
Allora ti pigliava il nirbùso e non chiudevi occhio.
Un giallo? Sì, ma di che tipo? Forse era indicato per l’ occasione uno di quelli inglesi, preferibilmente scritti da una fìmmina, tutto fatto di intrecciati stati d’ animo che però dopo tre pagine ti fanno stuffare.
Allungò la mano per pigliarne uno che non aveva ancora letto e in quel momento il telefono sonò.
Cristo! Si era scordato di telefonare a Livia, certamente era lei che chiamava, preoccupata.
Sollevò il ricevitore. «Pronto? È la casa del commissario Montalbano?».
«Sì, chi parla?». «Genco Orazio sono». E che voleva Orazio Genco, quasi settantenne ladro di case?
A Montalbano quel ladro che in vita sua non aveva mai fatto un gesto violento stava simpatico e l’ altro questa simpatia la sentiva.
«Che c’ è, Orà?». «Ci devo parlari, dottore». «È cosa seria?». «Dottore, non ce lo saccio spiegare. È una cosa stramma, che non mi persuade. Ma vossia è meglio se la sa».
«Vuoi venire a casa mia?». «Sissi». «E come vieni?». «Con la bicicletta». «Con la bicicletta?
A parte che ti pigli una purmonìa, tu arrivi qua che è già matino».
«E allora come facciamo?». «Da dove mi stai chiamando?». «Dalla gabina che c’ è vicino al monumento ai caduti». «Aspettami lì, almeno ti ripari.
Piglio la macchina e tra un quarto d’ ora arrivo. Aspettami».
Arrivò con tanticchia di ritardo sul previsto perché prima di nèsciri aveva avuto una bella pensata: riempire un thermos di caffè bollente.
Assittato allato al commissario dintra la macchina, Orazio Genco se ne scolò un intero bicchiere di plastica. «Di freddo mi ero pigliato».
Fece schioccare la lingua, beato. «E ora ci vorrebbe una bella sigaretta».
Montalbano gli pruì il pacchetto, gliela accese.
«Serve altro? Orà, m’ hai fatto correre fino a qua perché avevi gana di un cafè e di una sigaretta?».
«Commissà, stanotte ero andato ad arrubbare». «E io t’ arresto».
«Commissà, dico meglio: stanotte avevo intinzioni di andare ad arrubbare». «Hai cangiato idea?». «Sissi». «E perché?». «Ora ce lo conto.
Fino a qualche anno passato io travagliavo nelle villette a ripa di mare, quando i proprietari se ne andavano perché veniva il malottempo. Ora le cose sono cangiate».
«In che senso?» «Nel senso che le villette non sono più disabitate. Ora la gente ci sta macari d’ inverno, tanto con l’ automobile vanno dove vogliono.
E accussì pi mia è diventato lo stesso arrubbare in paìsi o nelle villette».
«Stanotte dove sei andato?». «In paìsi, qua. Vossia conosce l’ officina meccanica che arripara macchine di Giugiù Loreto?». «Quella sulla strata per Villaseta? Sì».
«Propio sopra all’ officina ci stanno due appartamenti». «Ma quelle sono case di povirazzi! Che ci arrobbi? Un televisore scassato in bianco e nero?».
«Commissà, mi perdonasse. Ma lo sa chi ci abita in uno dei due appartamenti? Tanino Bracceri, ci abita. Che vossia certamente conosce».
Altro se lo conosceva, a Tanino Bracceri! Un cinquantino fatto solo di cento chili di merda e di lardo ràncido che a suo confronto un maiale ingrassato per essere scannato pareva un figurino, un indossatore di moda. Un usuraio osceno che si diceva si facesse pagare qualche volta in natura, picciliddri o picciliddre, il sesso non aveva importanza, disgraziati figli delle sue vittime.
Montalbano non era mai arrinisciuto a metterci sopra la mano, cosa che avrebbe fatto con soddisfazione, ma non c’ erano mai state precise denunzie.
L’ idea ch’ era venuta a Orazio Genco di andare ad arrubbare in casa di Tanino Bracceri ebbe l’ incondizionata approvazione del tutore dell’ ordine e della legge commissario Montalbano dottor Salvo.
«E perché non l’ hai fatto? Se lo facevi, capace che non t’ arrestavo».
«Io sapevo che Tanino va a dormìri ogni sera alle dieci spaccate.
Nell’ altro appartamento, sullo stesso pianerottolo, ci abita una coppia di vecchi che non si vedono mai strata strata.
Fanno vita ritirata. Due pensionati, marito e mogliere. Di Giovanni, si chiamano. Io perciò andavo sicuro, macari perché sapevo che Tanino s’ intolla di sonniferi per pigliare sonno.
Arrivai davanti all’ officina meccanica, aspettai tanticchia, con questo tempo non passava anima criata, raprii il portone allato all’ officina e in un attimo trasii.
La scala era allo scuro. Addrumai la pila e acchianai a lèggio a lèggio. Sul pianerottolo tirai fora gli attrezzi.
E m’ addunai che la porta dei Di Giovanni era solo accostata. Pinsai che i due vecchi si fossero scordati di chiuderla.
La facenna mi preoccupava, con la porta aperta capace che quelli potevano sentire qualche rumorata.
Allora m’ accostai alla porta, avevo pinsato di chiuderla adascio.
Sulla porta c’ era appizzato un foglio di carta, mi parse un pizzino come quelli che c’ è scritto “torno subito” o cose accussì».
«E invece su quello che c’ era scritto?». «Ora non mi ricordo. Mi viene in testa una sola parola: generale».
«Lui, quello che abita lì, Di Giovanni, è un generale?». «Non lo saccio, è possibile». «Vai avanti».
«Feci per chiuderla adascio adascio, ma la tentazione di una porta mezza aperta era troppo forte.
L’ anticammara era allo scuro, come puro la càmmara di mangiare e di stare. Invece nella càmmara di dormìri c’ era luce.
M’ avvicinai alla porta e mi pigliò un colpo. Sopra il letto matrimoniale, vestita di tutto punto, c’ era una fìmmina morta, un’ anziana».
Gli arancini di Montalbano Andrea Camilleri
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