Fredric Brown è noto per la sua capacità di condensare concetti complessi in racconti brevi e incisivi, spesso caratterizzati da finali sorprendenti e ironici.
La razza dominante non fa eccezione: in poche righe riesce a ribaltare le aspettative del lettore, affrontando temi profondi come l’evoluzione, la lotta per la sopravvivenza e il declino delle civiltà.
Trama e struttura
Il racconto segue due vampiri, Vron e Dreena, ultimi sopravvissuti della loro razza, in fuga dalla persecuzione umana attraverso una macchina del tempo. Dopo essere stati scoperti nel XXII secolo e sterminati sistematicamente, i due cercano rifugio in un futuro remoto, sperando che la memoria della loro esistenza sia svanita.
Durante il viaggio temporale, però, si imbattono in diverse civiltà post-umane: dapprima i cani, divenuti la specie dominante dopo la scomparsa dell’uomo, e infine un’ultima civiltà in cui ogni forma di vita è vegetale. Qui, quando finalmente credono di aver trovato un posto sicuro dove ricostruire la loro specie, scoprono che la nuova razza dominante è costituita… da rape telepatiche.
La struttura narrativa è costruita su una serie di aspettative frustrate. Ogni volta che i vampiri credono di essersi salvati, scoprono che le specie intelligenti successive li riconoscono e li perseguitano. Il racconto culmina in un finale grottesco e ironico, dove la minaccia non è più costituita da esseri animali, ma da piante senzienti.
Temi principali
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L’evoluzione delle specie e il declino delle civiltà
Brown gioca con il concetto dell’evoluzione, mostrando un futuro in cui l’uomo è ormai estinto, sostituito prima dai cani e poi dalle piante. Il progresso e la selezione naturale continuano il loro corso, indipendentemente dalle aspirazioni delle specie dominanti del passato. La scienza e la cultura umane non hanno impedito l’estinzione della nostra specie, suggerendo una visione cinica e ironica dell’antropocentrismo.
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L’ironia del destino e l’inutilità della fuga
Vron e Dreena scappano nel futuro per trovare un luogo sicuro, ma ogni tentativo si conclude con un fallimento. Il loro viaggio è un ciclo di fughe e delusioni, che culmina in un destino paradossale: non vengono annientati da creature feroci, ma si ritrovano di fronte a una civiltà di piante senzienti. Questa rivelazione non è solo comica, ma anche simbolica: rappresenta l’ineluttabilità del cambiamento e la fine di ogni supremazia.
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L’ironia e il grottesco
Il colpo di scena finale è tipico dello stile di Brown: il lettore, dopo aver immaginato un’ultima battaglia per la sopravvivenza tra i vampiri e qualche forma di vita feroce, si trova invece di fronte a delle rape parlanti. La scena è al contempo surreale e spiazzante, con una punta di umorismo nero che trasforma l’orrore della fuga dei vampiri in una conclusione tragicomica.
Simbolismo e significato
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I vampiri come metafora dell’umanità
Se consideriamo i vampiri come simbolo di una razza parassita che si nutre degli altri senza creare nulla, il loro destino può essere visto come una metafora del declino di società che sfruttano le risorse senza sostenibilità. I vampiri, creature eterne, si considerano immortali e superiori, ma vengono comunque travolti dall’ineluttabilità del progresso.
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La natura come ultima vincitrice
La scelta di concludere il racconto con piante intelligenti può essere letta come una satira ecologica: la natura sopravvive sempre, adattandosi e trasformandosi, mentre le creature dominanti si estinguono nel tempo. Le rape telepatiche rappresentano l’ultima fase di un mondo in cui la vita animale è diventata obsoleta.
Conclusione
La razza dominante è un perfetto esempio di racconto breve con un finale a effetto. Fredric Brown riesce a condensare in poche pagine una riflessione sull’evoluzione, sull’arroganza delle specie dominanti e sulla beffarda ironia del destino. Il suo stile asciutto e diretto, unito alla sorpresa finale, lascia il lettore con una sensazione di straniamento e di sottile inquietudine, ma anche con un sorriso amaro.
La domanda implicita che Brown sembra porre è: se oggi ci sentiamo la specie dominante, quanto durerà davvero il nostro regno? E soprattutto, chi verrà dopo di noi?

Testo in traduzione italiana de “La razza dominante” di Fredric Brown
Vron e Dreena, gli unici due sopravvissuti della razza dei vampiri, fuggivano nella loro macchina del tempo, per sottrarsi all’annientamento totale. Si tenevano per mano, consolandosi l’un l’altro del terrore e della fame che provavano.
Nel ventiduesimo secolo l’umanità li aveva scoperti: gli uomini avevano dovuto rendersi conto che i vampiri vivevano veramente nascosti in mezzo a loro, che non si trattava di una leggenda, ma di un fatto incontestabile.
C’era stata una carneficina sistematica che aveva portato allo sterminio di tutti i vampiri, tranne questi due, che lavoravano già da un pezzo alla macchina del tempo e che la finirono appena in tempo per farla partire.
Verso un lontano futuro in cui la stessa parola vampiro fosse sconosciuta e dove potessero vivere indisturbati, insospettati e rigenerare la razza dai loro lombi.
«Ho fame, Vron, una fame terribile»
«Anch’io, povero tesoro. Fra poco ci fermeremo di nuovo.»
Si erano già fermati quattro volte e ogni volta erano sfuggiti di poco alla morte. I vampiri non erano stati dimenticati. L’ultima fermata, mezzo milione di anni avanti, li aveva sbarcati in un mondo abitato da cani: l’uomo era scomparso, e i cani si erano civilizzati, diventando simili all’uomo.
Tuttavia Vron e Dreena erano stati riconosciuti per quello che erano. Riuscirono a mangiare una sola volta grazie al sangue di una cagnetta calda e morbida, ma subito dopo furono costretti a fuggire sulla macchina del tempo e a riprendere il viaggio.
«Grazie per esserti fermato» disse Dreena, e sospirò.
«Non ringraziare me» rispose Vron bruscamente. «Il viaggio è finito. Non abbiamo più combustibile ormai, e non lo troveremo certo qui. A quest’ora tutte le sostanze radioattive si saranno certo trasformate in piombo. Dobbiamo vivere qui… non abbiamo altra scelta.»
Uscirono in esplorazione.
«Guarda!» disse Dreena, eccitata, indicando qualcosa che si stava avvicinando. «Una nuova creatura! I cani non ci sono più e qualcos’altro ha preso il loro posto. Sicuramente si sarà persa la memoria di noi vampiri.»
L’essere che si stava avvicinando era telepatico.
«Ho sentito i vostri pensieri» disse una voce nelle loro teste. «Vi state chiedendo se noi conosciamo i vampiri: no, non li conosciamo.»
Dreena afferrò il braccio di Vron in estasi. «Libertà» mormorò affamata «e cibo!»
«Vi chiederete anche» disse la voce nelle loro teste «quale sia la nostra origine e come si sia sviluppata la nostra razza. Tutte le forme di vita sono ora vegetali. Io» disse la strana creatura chinandosi verso di loro «appartengo alla razza dominante. Sono, a chiamarmi con la parola usata un tempo, una rapa.»
Testo originale in inglese de “La razza dominante” di Fredric Brown
In their time machine, Vron and Dreena, last two survivors of the race of vampires, fled into the future to escape annihilation. They held hands and consoled one another in their terror and their hunger.
In the twenty-second century mankind had found them out, had discovered that the legend of vampires living secretly among humans was not a legend at all, but fact.
There had been a pogrom that had found and killed every vampire but these two, who had already been working on a time machine and who had finished in time to escape in it.
Into the future, far enough into the future that the very word vampire would be forgotten so they could again live unsuspected – and from their loins regenerate their race.
“I’m hungry, Vron. Awfully hungry.”
“I too, Dreena dear. We’ll stop again soon.”
They had stopped four times already and had narrowly escaped dying each time. They had not been forgotten. The last stop, half a million years back, had shown them a world gone to the dogs -quite literally: human beings were extinct and dogs had become Civilized and man-like. Still they had been recognized for what they were. They’d managed to feed once, on the blood of a tender young bitch, but then they’d been hounded back to their time machine and into flight again.
“Thanks for stopping,” Dreena said. She sighed.
“Don’t thank me,” said Vron grimly. “This is the end of the line. We’re out of fuel and we’ll find none here-by now I radioactives will have turned to lead. We live here. . . or else.”
They went out to scout. “Look,” said Dreena excitedly, pointing to something walking toward them. “A new creature! The dogs are gone and something else has taken over. And surely we’re forgotten.”
The approaching creature was telepathic. “I have heard your thoughts,” said a voice inside their brains. “You wonder whether we know ‘vampires,’ whatever they are. We do not.”
Dreena clutched Vron’s arm in ecstasy. “Freedom!” she murmured hungrily. “And food!”
“You also wonder,” said the voice, “about my origin and evolution. All life today is vegetable. “I” – He bowed low to them. “I, a member of the dominant race, was once what you called a turnip.”