
Il libro come compagno
15 Giugno 2025
Son tanto brava lungo il giorno di Sibilla Aleramo
15 Giugno 2025Traccia e svolgimento di un tema di attualità sul ‘terrore dell’anonimato’ nella società contemporanea:
TRACCIA
ESAME DI STATO CONCLUSIVO DEL SECONDO CICLO DI ISTRUZIONE – PROVA DI ITALIANO – Sessione suppletiva 2024 – Prima prova scritta – Ministero dell’istruzione e del merito
TIPOLOGIA C – RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITÀ
PROPOSTA PROPOSTA C2 – PROVA DI ITALIANO
SVOLGIMENTO
L’Angoscia dell’Anonimato: La Ricerca di Visibilità nell’Era Digitale
Il brano di Umberto Galimberti, tratto da Il libro delle emozioni, ci introduce a una delle dinamiche più pervasive e, a suo dire, “tragiche” della società contemporanea: il “terrore dell’anonimato” e il conseguente “bisogno di visibilità”. Il filosofo analizza la duplice valenza di questo anonimato, come condizione per la rivelazione di sé e, al contempo, come sintomo di un profondo isolamento. Condivido ampiamente la tesi di Galimberti sulla centralità della visibilità nella nostra epoca e sui rischi che un’eccessiva dipendenza dal riconoscimento esterno comporta per la salute psicologica dell’individuo, pur riconoscendo che la complessità del panorama digitale può offrire anche, in alcuni contesti, spazi di autentica connessione e protezione.
Il Paradosso dell’Anonimato e la Brama di Visibilità
Galimberti descrive un paradosso fondamentale: l’anonimato, da un lato, “sembra la condizione indispensabile perché uno possa mettere a nudo, per via telefonica o per via telematica, i propri sentimenti, i propri bisogni, i propri desideri profondi, le proprie (per)versioni sessuali”. In altre parole, l’assenza di identità riconoscibile online o al telefono può abbassare le inibizioni, permettendo espressioni di sé che nella vita “reale” sarebbero considerate inaccettabili o troppo vulnerabili. È una sorta di liberazione dalla maschera sociale che si è costretti a indossare. Ho osservato come, in certi forum o gruppi anonimi online, le persone riescano a esprimere fragilità o aspetti della propria persona che altrimenti celerebbero, trovando un’inaspettata possibilità di condivisione.
Dall’altro lato, però, l’anonimato è “la denuncia dell’isolamento dell’individuo che, nel momento in cui cerca di superarlo attraverso contatti telefonici o telematici, svela quella triste condizione di chi può vivere solo se un altro lo contatta”. Questa è la parte più critica dell’analisi di Galimberti. L’anonimato non sarebbe una scelta consapevole di libertà, ma una condizione imposta da una società frammentata, in cui l’individuo si sente isolato e cerca disperatamente un contatto, anche se mediato e non autentico, per sentirsi esistere. La “brama di visibilità” di cui parla Galimberti si inserisce qui: in un mondo dove si teme di “affogare” nell’anonimato, la visibilità diventa sinonimo di esistenza, di rilevanza. Se non si è visti, se non si riceve like o commenti, si rischia di non sentirsi “nessuno”. Questo si lega strettamente alla “costruzione artificiale” del sé sui social, alla “narrazione mitica” di ciò che si vorrebbe essere, spinta dalla “ricerca spasmodica… dell’approvazione degli altri”, come acutamente evidenziato da Maurizio Caminito (v. C2, Sessione Ordinaria 2024).
La Società dello Spettacolo e l’Imperativo di Esistere Online
La società contemporanea è diventata una vera e propria “società dello spettacolo”, dove l’immagine e la rappresentazione di sé hanno un peso preponderante. I social media sono la vetrina per eccellenza di questa brama di visibilità. La pressione a essere costantemente connessi, a condividere ogni aspetto della propria vita (dalla colazione al viaggio esotico, dalla carriera all’intimità), crea un imperativo a “esistere online”. Se non si posta, non si è visibili; se non si è visibili, si rischia l’anonimato, e quindi, nella percezione distorta di questa società, la non-esistenza.
Questo porta a diverse conseguenze. In primo luogo, la ricerca di una “perfezione” fittizia (come discusso da Rita Levi-Montalcini nell’Elogio dell’imperfezione, v. C1, Sessione Ordinaria 2024), dove le proprie imperfezioni sono celate in favore di un’immagine patinata e idealizzata. In secondo luogo, una dipendenza dal giudizio altrui: la validazione esterna, espressa in like e commenti, diventa una misura del proprio valore. Questo può generare ansia, depressione e una profonda insoddisfazione quando l’approvazione attesa non arriva. L’individuo, pur connesso a migliaia di “amici” o “follower”, può sentirsi più solo che mai, vivendo in una bolla di isolamento emotivo mascherata dalla connettività superficiale. Il “ruolo ancillare” della lingua, che Cortelazzo (v. B2, Sessione Straordinaria 2023) lamenta nei giovani, si riflette anche in questo: la comunicazione diventa funzionale all’immagine, sacrificando la profondità e l’autenticità.
Il Contro-Canto: L’Anonimato come Scelta e lo Spazio del Silenzio
Pur condividendo la preoccupazione di Galimberti, credo sia importante esplorare le sfumature. L’anonimato non è sempre e solo una “tragica valenza” o un sintomo di isolamento. Per molti, può essere una scelta consapevole di libertà e protezione. In alcuni contesti online, l’anonimato permette di esprimere opinioni controverse, di partecipare a dibattiti su temi delicati (ad esempio, problemi di salute mentale, orientamento sessuale, esperienze personali difficili) senza paura del giudizio o delle conseguenze nel mondo “reale”. In questi casi, l’anonimato non è un segno di isolamento, ma una condizione necessaria per una comunicazione autentica e vulnerabile, che altrimenti non avverrebbe.
Inoltre, il “silenzio” e l’assenza di visibilità possono essere una risorsa per coltivare l’interiorità. Come sostenuto da Nicoletta Polla-Mattiot (v. B3, Sessione Ordinaria 2024), il silenzio è uno “spazio mentale prima che acustico” che permette al pensiero di germinare e al dialogo di fiorire. La scelta di non essere costantemente visibili, di non alimentare il proprio profilo digitale, può essere un modo per proteggere la propria vita privata e per dedicare tempo alla riflessione, alla lettura (come suggerito da Di Paolo, v. C1, Sessione Ordinaria 2024), e alle relazioni autentiche che non necessitano di essere messe in scena. L’isolamento, in questo senso, non è una “triste condizione” se scelto consapevolmente per arricchire la propria dimensione interiore, anziché subirlo.
Conclusioni: Equilibrio tra Connessione e Autenticità
In conclusione, la riflessione di Umberto Galimberti sul “terrore dell’anonimato” è un’analisi profonda dei meccanismi psicologici e sociali che governano la nostra era digitale. La brama di visibilità è indubbiamente una forza potente, spesso spinta da un senso di insicurezza e da una dipendenza dalla validazione esterna. Tuttavia, è cruciale non cadere in un determinismo tecnologico o in un pessimismo assoluto. La sfida per l’individuo contemporaneo è trovare un equilibrio tra la necessità di connessione e la salvaguardia della propria autenticità.
Ciò significa imparare a discernere tra le connessioni superficiali e quelle significative, a utilizzare gli strumenti digitali come mezzi e non come fini, a coltivare il proprio “silenzio interiore” e a riconoscere che il valore di una persona non è misurabile dal numero di like o dalla frequenza dei post. Come Gino Strada ci invita a “guardare il mondo con gli occhi degli altri” (v. C1, Sessione Ordinaria 2024) per superare il “noi” e il “loro”, così dobbiamo imparare a guardare noi stessi e gli altri oltre la superficie della visibilità, per riscoprire il valore profondo dell’autenticità e della relazione umana, anche e soprattutto nella sua dimensione più intima e non mediata.