
Traccia e analisi di Talor mentre cammino per le strade di Camillo Sbarbaro
28 Dicembre 2019
E per sempre o fratello addio di Giorgio Caproni
28 Dicembre 2019Testo, traduzione e analisi del brano del VIII libro dell’Eneide, in cui il dio Tiberino appare ad Enea.
Testo e Traduzione
Talia per Latium. quae Laomedontius heros
cuncta uidens magno curarum fluctuat aestu, atque animum nunc huc celerem nunc diuidit illuc 20 in partisque rapit uarias perque omnia uersat, sicut aquae tremulum labris ubi lumen aenis sole repercussum aut radiantis imagine lunae omnia peruolitat late loca, iamque sub auras erigitur summique ferit laquearia tecti. 25 nox erat et terras animalia fessa per omnis alituum pecudumque genus sopor altus habebat, cum pater in ripa gelidique sub aetheris axe Aeneas, tristi turbatus pectora bello, procubuit seramque dedit per membra quietem. 30 huic deus ipse loci fluuio Tiberinus amoeno populeas inter senior se attollere frondes uisus (eum tenuis glauco uelabat amictu carbasus, et crinis umbrosa tegebat harundo), tum sic adfari et curas his demere dictis: 35‘O sate gente deum, Troianam ex hostibus urbem qui reuehis nobis aeternaque Pergama seruas, exspectate solo Laurenti aruisque Latinis, hic tibi certa domus, certi (ne absiste) penates. neu belli terrere minis; tumor omnis et irae 40 concessere deum. iamque tibi, ne uana putes haec fingere somnum, litoreis ingens inuenta sub ilicibus sus triginta capitum fetus enixa iacebit, alba solo recubans, albi circum ubera nati. 45 [hic locus urbis erit, requies ea certa laborum,] ex quo ter denis urbem redeuntibus annis Ascanius clari condet cognominis Albam. haud incerta cano. nunc qua ratione quod instat expedias uictor, paucis (aduerte) docebo. 50 Arcades his oris, genus a Pallante profectum, qui regem Euandrum comites, qui signa secuti, delegere locum et posuere in montibus urbem Pallantis proaui de nomine Pallanteum. hi bellum adsidue ducunt cum gente Latina; 55 hos castris adhibe socios et foedera iunge. ipse ego te ripis et recto flumine ducam, aduersum remis superes subuectus ut amnem. surge age, nate dea, primisque cadentibus astris Iunoni fer rite preces, iramque minasque 60 supplicibus supera uotis. mihi uictor honorem persolues. ego sum pleno quem flumine cernis stringentem ripas et pinguia culta secantem, caeruleus Thybris, caelo gratissimus amnis. hic mihi magna domus, celsis caput urbibus exit.’ 65Dixit, deinde lacu fluuius se condidit alto ima petens; nox Aenean somnusque reliquit. surgit et aetherii spectans orientia solis lumina rite cauis undam de flumine palmis sustinet ac talis effundit ad aethera uoces: 70 ‘Nymphae, Laurentes Nymphae, genus amnibus unde est, tuque, o Thybri tuo genitor cum flumine sancto, accipite Aenean et tandem arcete periclis. quo te cumque lacus miserantem incommoda nostra fonte tenent, quocumque solo pulcherrimus exis, 75 semper honore meo, semper celebrabere donis corniger Hesperidum fluuius regnator aquarum. adsis o tantum et propius tua numina firmes.’ sic memorat, geminasque legit de classe biremis remigioque aptat, socios simul instruit armis. 80 Ecce autem subitum atque oculis mirabile monstrum, |
Traduzione
18-25 Tali erano le cose nel Lazio. E l’eroe di Laomedonte (Enea), vedendo tutto ciò, fluttuava in una grande ondata di preoccupazioni, e ora qui ora là divide il suo animo veloce e lo trascina in varie direzioni e lo volge per ogni cosa, come quando la luce tremolante di un braccio di bronzo, riflessa dal sole o dall’immagine della luna splendente, vola dappertutto per i luoghi, e già si innalza nell’aria e colpisce i soffitti della sommità del tetto. 26-30 Era notte e un sonno profondo teneva su tutte le terre gli animali stanchi, il genere volatile e quello del bestiame, quando il padre Enea, turbato nell’animo per la triste guerra, si coricò sulla riva e sotto la volta del cielo gelido e concesse un tardivo riposo alle sue membra. 31-35 A lui il dio stesso del luogo, il Tevere, dal fiume ameno, si mostrò sollevarsi anziano tra i rami dei pioppi (un sottile velo di lino glauco lo copriva, e una canna ombrosa gli nascondeva i capelli), e allora così gli parlò e con queste parole gli tolse le preoccupazioni: 36-41 “O tu, nato da stirpe di dèi, che riconduci a noi la città troiana dai nemici e salvi l’eterna Pergamo, atteso sulla terra Laurentina e nei campi Latini, qui per te è una casa sicura, Penati sicuri (non desistere!). E non temere le minacce della guerra; ogni superbia e ira degli dèi è cessata. 42-48 E ora per te, affinché tu non creda che il sonno finga invano queste cose, sotto le querce sulla riva sarà trovata una grande scrofa che giacerà, avendo partorito una prole di trenta capi, bianca sdraiata a terra, e bianchi intorno alle mammelle i figli. [Questo sarà il luogo della città, e quella la sicura fine delle fatiche,] da cui dopo trent’anni, ritornati, Ascanio fonderà Alba, di celebre nome. Non dico cose incerte. 49-56 Ora in che modo tu, vincitore, possa risolvere ciò che ti attende, ti insegnerò in poche parole (fa’ attenzione). Arcadi abitano queste terre, una stirpe discendente da Pallante, che, compagni, seguirono il re Evandro, che seguirono i segni, scelsero un luogo e fondarono una città sui monti dal nome del loro antenato Pallante, Pellenete. Essi conducono assiduamente guerra contro la gente Latina; rendili tuoi alleati e stringi patti. 57-65 Io stesso ti guiderò lungo le rive e per il fiume diritto, così che, trasportato, tu superi il fiume remando controcorrente. Sorgi, presto, o figlio di dea, e alle prime stelle cadenti offri riti propiziatori a Giunone, e con voti supplichevoli supera la sua ira e le sue minacce. A me, vincitore, l’onore renderai. Io sono colui che vedi con la piena corrente sfiorare le rive e tagliare i fertili campi, il ceruleo Tevere, fiume gratissimo al cielo. Qui per me è una grande casa, la mia origine (caput) è innalzata dalle alte città.” 66-77 Disse, poi il fiume si immerse nel profondo lago cercando le profondità; la notte e il sonno lasciarono Enea. Egli si alza e, guardando i raggi del sole etereo che sorgono, raccoglie secondo il rito l’acqua dal fiume con le cave mani e tali voci innalza al cielo: “Ninfe, Ninfe Laurentine, da cui hanno origine i fiumi, e tu, o Tevere, con il tuo sacro fiume genitore, accogliete Enea e finalmente allontanatelo dai pericoli. In qualunque fonte ti abbiano i laghi, avendo pietà delle nostre sventure, in qualunque terra tu esca bellissimo, sarai sempre onorato da me, sempre celebrato con doni, o fiume cornuto, re delle acque Esperie. Sii solo presente e rafforza più da vicino la tua divinità.” Così parla, e sceglie dalla flotta due biremi e le prepara per il remeggio, e nello stesso tempo arma i compagni. 78-79 Ed ecco, un prodigio improvviso e mirabile agli occhi, una scrofa bianca con la sua prole, bianca anch’essa… |
Analisi del Brano
Questo estratto dal libro VIII dell’Eneide è di fondamentale importanza perché segna l’inizio della realizzazione della profezia sull’approdo di Enea nel Lazio e la fondazione della sua nuova patria. Dopo le tensioni del libro precedente, qui Enea riceve una guida divina e un orientamento preciso per il suo destino.
1. L’angoscia di Enea e il sonno (vv. 18-30)
- La tempesta interiore: Il brano si apre con Enea che è “turbato nell’animo per la triste guerra” (“tristi turbatus pectora bello”). Nonostante l’approdo nel Lazio, le preoccupazioni per il conflitto imminente lo assillano. La metafora del suo animo che “fluttua in una grande ondata di preoccupazioni” (“magno curarum fluctuat aestu”) e si divide “in partisque rapit uarias perque omnia uersat” rende vivida la sua angoscia e incertezza.
- La similitudine della luce tremolante (vv. 21-25): La similitudine della luce riflessa sull’acqua che si muove e colpisce il soffitto è un’immagine suggestiva. Può rappresentare la mente di Enea che, pur agitata, cerca una direzione, o forse la natura effimera e sfuggente delle sue preoccupazioni che, come la luce, non riescono a trovare pace. Al contempo, potrebbe simboleggiare la luce della speranza o della rivelazione che sta per giungere.
- Il riposo come preludio (vv. 26-30): Enea si concede un riposo “tardivo” (“seram… quietem”) dopo l’angoscia. Il sonno, in Virgilio come in molta poesia antica, è spesso il veicolo per la manifestazione divina, un momento in cui la mente è più ricettiva ai messaggi degli dei.
2. L’apparizione del dio Tiberino (vv. 31-35)
- Il Dio Loci: Il dio Tiberino è la personificazione del fiume Tevere, il genius loci per eccellenza di Roma. La sua apparizione dal “fiume ameno” e “tra i rami dei pioppi” è intrisa di elementi naturali, a sottolineare il suo legame indissolubile con il territorio.
- L’aspetto del dio: La descrizione del dio è calma e maestosa: anziano (“senior”), vestito di lino glauco (il colore delle acque), con una canna ombrosa nei capelli. Questo aspetto evoca saggezza e l’antica divinità del luogo.
3. Il messaggio di Tiberino: profezie e consigli (vv. 36-65)
- La conferma del Fato (vv. 36-41): Tiberino rassicura subito Enea, chiamandolo “O sate gente deum” (o nato da stirpe di dèi), rafforzando la sua natura divina e il suo destino. Il dio conferma che Enea è atteso nel Lazio (“exspectate solo Laurenti aruisque Latinis”) e che lì troverà “casa sicura” e “Penati sicuri” (“certa domus, certi… penates”). La rassicurazione che “ogni superbia e ira degli dèi è cessata” si riferisce specificamente all’ira di Giunone, il che è un messaggio cruciale per Enea.
- Il prodigio della scrofa bianca (vv. 42-48): Per convalidare la sua profezia e togliere ogni dubbio a Enea (“ne uana putes haec fingere somnum”), Tiberino annuncia il prodigio della scrofa bianca con trenta porcellini. Questo segno, che Enea dovrà trovare sulla riva, non solo indicherà il luogo della futura città (Alba Longa, fondata da Ascanio dopo trent’anni), ma sarà anche la “sicura fine delle fatiche” (“requies ea certa laborum”). Il numero trenta è simbolico e sacro.
- L’alleanza con gli Arcadi (vv. 49-56): Oltre alle profezie, Tiberino offre consigli pratici. Indica ad Enea di cercare l’alleanza con gli Arcadi di re Evandro, che hanno fondato la città di Pallanteo (la futura Roma, o il Palatino). Essi sono in guerra con i Latini, quindi sono nemici comuni. Questo suggerimento strategico è fondamentale per Enea, che sta per affrontare una guerra.
- La guida del dio e l’offerta a Giunone (vv. 57-65): Tiberino si offre di guidare la flotta di Enea lungo il fiume controcorrente, un’impresa resa possibile solo dall’intervento divino. Il dio consiglia ad Enea di offrire preghiere a Giunone all’alba (“Iunoni fer rite preces, iramque minasque supplicibus supera uotis”), un gesto di sottomissione e propiziazione che mira a placare finalmente l’ira della dea. Questo mostra la saggezza del dio che comprende le dinamiche divine e insegna a Enea la pietas non solo verso il proprio destino ma anche verso le divinità ostili. Il dio si identifica poi con il Tevere, sacro al cielo e fonte di fertilità, e conclude preannunciando la grandezza della sua dimora, ovvero Roma stessa (“celsis caput urbibus exit”).
4. La reazione di Enea e il nuovo prodigio (vv. 66-82)
- La partenza del dio e il risveglio di Enea (vv. 66-67): Il dio si immerge di nuovo nel fiume, e Enea si sveglia, illuminato dalla rivelazione. Il sonno, che era un velo di preoccupazione, si è trasformato in chiarezza.
- La preghiera di Enea (vv. 68-77): Enea, pieno di gratitudine, si rivolge al Tevere e alle Ninfe Laurentine con una solenne preghiera. Promette al fiume eterno onore e doni (“semper honore meo, semper celebrabere donis”), riconoscendone la divinità e chiedendo il suo continuo aiuto. Il Tevere è chiamato “corniger Hesperidum fluuius regnator aquarum”, “fiume cornuto, re delle acque Esperie”, con un epiteto che si riferisce alle divinità fluviali spesso raffigurate con le corna.
- La preparazione e il ritrovamento del prodigio (vv. 78-82): Senza esitazione, Enea mette in pratica i consigli del dio, prepara due biremi e arma i compagni. E, in un’apparizione quasi simultanea, “Ecce autem”, ecco il prodigio promesso: la scrofa bianca con i suoi trenta figli, a conferma delle parole del dio e della sua missione. Questo è un momento di grande sollievo e certezza per Enea e per il lettore.
In sintesi, questo brano è cruciale perché il dio Tiberino agisce da intermediario tra il volere divino e la missione di Enea, fornendo non solo rassicurazioni e profezie sul futuro di Roma, ma anche indicazioni pratiche per superare le difficoltà immediate. È un episodio che rafforza la dimensione provvidenziale del viaggio di Enea e prepara il terreno per gli eventi futuri, in particolare l’alleanza con gli Arcadi e la guerra contro i Latini.