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28 Dicembre 2019Analisi del Finale del romanzo Il ragazzo selvatico di Paolo Cognetti
“Il ragazzo selvatico” di Paolo Cognetti è un racconto autobiografico che esplora il tema del ritorno alla natura, della solitudine e della ricerca di un senso autentico della vita lontano dalla frenesia della città. Le citazioni che hai fornito, tratte dall’ultima parte del romanzo, offrono uno sguardo significativo sul compimento del viaggio del protagonista e sulle riflessioni conclusive dell’autore.
Riassunto dell’Ultima Parte (basato sulle citazioni qui in fondo)
Le citazioni ci mostrano il protagonista in una fase di ritorno e consolidamento della sua scelta di vita in montagna.
Nella sezione “RITORNO (ALLA BAITA)”, il narratore descrive la sua profonda connessione con gli alberi a duemila metri, che considera “santi protettori”. Questi alberi, “ultimi ad arrendersi al gelo”, simboleggiano un limite, un confine estremo della vita arborea, che il protagonista sente di aver esplorato anche in sé stesso. La sua esperienza di vivere con “poco” e di stare “solo” è stata una prova superata, una scoperta dei propri confini interiori. La sua devozione agli alberi e il desiderio di “abbracciarli uno per uno” esprimono un senso di pace, appartenenza e gratitudine verso la natura che lo ha accolto e gli ha insegnato.
Nella sezione “PAROLE”, viene introdotta la figura di Remigio, un abitante del luogo con cui il protagonista ha un rapporto di scambio e confronto. Remigio è un lettore vorace di “libri difficili” (Sartre, Camus, Saramago), il che crea un contrasto interessante con le abitudini di lettura del protagonista (narrativa americana di frontiera). La storia di Remigio, cresciuto in montagna con la terza media e diventato muratore, ma con un “carattere riflessivo”, culmina nella sua consapevolezza di un “grave limite: le parole che conosceva non gli bastavano per dire come stava”. Questa riflessione sulla mancanza di un linguaggio adeguato per esprimere il proprio mondo interiore è un punto cruciale.
Analisi del Finale
Il finale de “Il ragazzo selvatico”, come suggerito da queste citazioni, non è tanto una conclusione definitiva, quanto il raggiungimento di una nuova consapevolezza e di un equilibrio.
- Il Compimento del Viaggio Interiore: La sezione “RITORNO (ALLA BAITA)” indica che il protagonista ha trovato il suo “posto” nel mondo, o almeno nel suo “limite”. Il suo viaggio dalla città alla montagna non è stato solo un cambiamento geografico, ma un profondo percorso di auto-scoperta. Ha imparato a vivere con l’essenziale e a stare con sé stesso, trovando una forma di felicità e devozione nella semplicità e nella solitudine della natura. Gli alberi diventano un simbolo di questa resilienza e della sua ritrovata armonia interiore. È un ritorno non solo fisico, ma spirituale, a una dimensione più autentica di sé.
- La Ricerca del Linguaggio per l’Esperienza Profonda: La figura di Remigio e la sua riflessione sulle “PAROLE” sono emblematiche. Remigio, pur non avendo un’istruzione formale, cerca nel sapere (attraverso la lettura) un modo per esprimere la sua interiorità. La sua frustrazione per la mancanza di parole che “non gli bastavano per dire come stava” rispecchia una sfida universale: quella di articolare le esperienze più profonde e complesse dell’esistenza. Questo tema è centrale anche nella poetica di Cognetti, che spesso cerca di dare voce a un mondo (quello della montagna, della solitudine) che sfugge alle categorie del linguaggio comune. Il contrasto tra i due lettori (il protagonista e Remigio) suggerisce che, pur con percorsi diversi, entrambi sono alla ricerca di un modo per comprendere e comunicare la propria verità.
- La Montagna come Maestra e Rifugio: La montagna, con i suoi alberi al limite della sopravvivenza, si conferma come un luogo di insegnamento e di rifugio. Non è solo uno sfondo, ma un’entità viva che plasma il carattere e la percezione del protagonista. La devozione agli alberi è quasi religiosa, indicando una spiritualità laica che trova il sacro nella natura selvaggia.
- L’Accettazione della Solitudine e dell’Essenzialità: Il “quanto solo riuscivo a stare” e il “con quanto poco potevo vivere” non sono espressioni di rinuncia, ma di una liberazione. Il protagonista ha scoperto che la vera ricchezza non risiede nell’accumulo, ma nella capacità di bastare a sé stessi e di trovare pienezza nella semplicità. La solitudine, inizialmente forse una sfida, diventa una condizione accettata e persino desiderata, un presupposto per la sua nuova vita.
In sintesi, il finale de “Il ragazzo selvatico” non offre una conclusione narrativa chiusa, ma piuttosto una risoluzione interiore per il protagonista. Egli ha trovato il suo equilibrio nella montagna, accettando la solitudine e l’essenzialità come vie per una vita più autentica. Allo stesso tempo, la riflessione sulle “PAROLE” di Remigio suggerisce che la ricerca di un linguaggio adeguato per esprimere le esperienze profonde è un processo continuo, una sfida che accompagna la vita di chiunque cerchi di vivere pienamente e di comprendere il proprio mondo interiore.
Citazioni dall’ultima parte del romanzo “Il ragazzo selvatico” di Paolo Cognetti:
RITORNO (ALLA BAITA) “Gli alberi dei duemila metri sono solo quattro, a cui mi sentivo devoto come a una schiera di santi protettori. Crescono al confine superiore del mondo arboreo, ultimi ad arrendersi al gelo, e anche a me sembrava di avere esplorato un limite – il mio – essere andato a vedere con quanto poco potevo vivere, quanto solo riuscivo a stare. Giravo per il bosco con il naso all’insù a osservarne le cime, il gioco del sole tra i rami. Pensavo che avrei voluto abbracciarli uno per uno .“ pag. 133
PAROLE “Remigio leggeva di tutto, ma più di tutto i libri difficili. Quell’anno Sartre, Camus e Saramago. Era stupefacente camminare su un sentiero e sentirlo fare questi nomi, ricostruire le nostre storie opposte di lettori: io, liceale di città, avevo finito per rifiutare gli scrittori intellettuali e innamorarmi della narrativa americana, quella della frontiera e della strada; lui invece aveva la terza media, era cresciuto in un villaggio di montagna e a quarantacinque anni stava scoprendo i classici. Mi raccontò della sua infanzia solitaria, da figlio unico timido e senza amici. A quattordici anni aveva cominciato a fare il muratore con suo padre. Preferiva il lavoro alla scuola, ma aveva un carattere riflessivo e a un certo punto si era accorto di un grave limite: le parole che conosceva non gli bastavano per dire come stava.