
Introduzione al capitolo diciannovesimo dei Promessi Sposi
28 Dicembre 2019
La lotta per le investiture
28 Dicembre 2019📚 Analisi della Novella Ottava della Giornata Quinta del Decameron di Giovanni Boccaccio
La novella di Nastagio degli Onesti, ottava della quinta giornata del Decameron, rappresenta uno dei testi più complessi e controversi dell’opera boccaccesca, offrendo molteplici livelli di lettura che spaziano dall’analisi sociale alla riflessione sui rapporti di genere nel Medioevo.
Struttura narrativa e dimensione fantastica
Boccaccio costruisce un racconto che fonde realtà e soprannaturale con maestria tecnica straordinaria. La novella si articola in una progressione drammatica che conduce dal rifiuto amoroso iniziale alla risoluzione attraverso l’intervento del meraviglioso. L’elemento fantastico – la visione della caccia infernale – non rappresenta una fuga dalla realtà , ma diventa strumento di analisi psicologica e sociale.
La descrizione della scena visionaria costituisce un capolavoro di scrittura: “vide venire per un boschetto assai folto d’albuscelli e di pruni, correndo verso il luogo dove egli era, una bellissima giovane ignuda, scapigliata e tutta graffiata dalle frasche e da’ pruni”. La prosa boccaccesca raggiunge qui effetti di potenza espressiva che anticipano certe soluzioni del romanzo gotico.
Analisi dei personaggi e dinamiche sociali
Nastagio incarna il mercante arricchito che aspira all’integrazione nell’aristocrazia attraverso il matrimonio. La sua figura è emblematica della nuova borghesia trecentesca, che utilizza la ricchezza come strumento di ascesa sociale. Il personaggio presenta caratteristiche moderne: la capacità di trasformare un’esperienza traumatica in strategia vincente rivela una mentalità pragmatica e calcolatrice.
La fanciulla dei Traversari rappresenta l’aristocrazia che resiste alle pressioni della nuova classe emergente. La sua “crudeltà ” amorosa riflette dinamiche sociali concrete: il rifiuto del matrimonio come mezzo di conservazione dello status. La trasformazione finale – “avendo l’odio in amor tramutato” – non è psicologicamente motivata, ma rappresenta la resa dell’aristocrazia di fronte al potere economico borghese.
Dimensione allegorica e significato morale
La visione della caccia infernale funziona come exemplum medievale, ma Boccaccio ne stravolge il significato tradizionale. Messer Guido degli Anastagi e la sua vittima rappresentano la dialettica tra desiderio e rifiuto portata alle estreme conseguenze. La punizione eterna della donna diventa metafora della violenza simbolica che la società maschile esercita sulla resistenza femminile.
L’elemento più inquietante è la trasformazione del trauma in spettacolo. Nastagio organizza il desinare con lucida premeditazione, trasformando la visione soprannaturale in strategia matrimoniale. Questa strumentalizzazione del sacro rivela una mentalità secolarizzata che anticipa l’età moderna.
Questioni di genere e violenza simbolica
La novella affronta tematiche di estrema attualità riguardo ai rapporti di genere. La violenza rappresentata non è solo fisica, ma simbolica: la donna viene punita per aver esercitato la propria autonomia nella scelta amorosa. La descrizione dello “strazio” – “uccido lei ed aprola per ischiena, e quel cuor duro e freddo nel qual mai né amor né pietá poterono entrare… le caccio di corpo” – presenta connotazioni sessuali che rivelano la dimensione punitiva della violenza maschile.
Il finale apparentemente positivo nasconde una vittoria della coercizione sulla libera scelta. La conversione della fanciulla avviene “per paura”, non per amore, e questo dettaglio è fondamentale per comprendere la critica implicita di Boccaccio ai meccanismi sociali del suo tempo.
Tecnica narrativa e stile
Dal punto di vista stilistico, la novella presenta la tipica alternanza boccaccesca tra registro alto e medio. La descrizione dell’apparizione soprannaturale utilizza un linguaggio solenne che riecheggia le visioni dantesche, mentre le parti dialogate mantengono la vivacità del parlato trecentesco.
L’uso del tempo narrativo rivela grande maestria tecnica: la ripetizione ciclica della punizione infernale (“ogni venerdà in su questa ora”) crea un effetto di straniamento che amplifica l’impatto emotivo della storia. La precisione temporale – “venerdà che viene” – inserisce il soprannaturale nel quotidiano con effetto perturbante.
Contesto storico e significato sociale
La novella riflette le trasformazioni sociali del Trecento italiano, quando la borghesia mercantile contendeva all’aristocrazia tradizionale il controllo delle città -stato. Il matrimonio rappresenta il nodo cruciale di questa trasformazione: attraverso l’unione con famiglie nobili, i mercanti arricchiti legittimano la propria ascesa sociale.
La figura di Nastagio anticipa il self-made man moderno: utilizza la ricchezza per conquistare il prestigio sociale, trasforma l’ostacolo in opportunità , manipola le emozioni altrui per raggiungere i propri obiettivi. La sua vittoria finale rappresenta simbolicamente l’affermazione dei valori borghesi su quelli aristocratici.
Modernità e rilevanza contemporanea
La novella mantiene straordinaria attualità nell’analisi delle dinamiche del potere e della violenza di genere. La strumentalizzazione del trauma femminile per fini personali, la spettacolarizzazione della violenza, la manipolazione emotiva come strategia di controllo sono tematiche di bruciante attualità .
L’ambiguità morale del protagonista – che ottiene ciò che desidera attraverso la paura anziché l’amore – solleva interrogativi sulla natura del consenso e sull’etica delle relazioni interpersonali. La vittoria di Nastagio è anche una sconfitta dell’autenticità sentimentale, sostituita dalla convenienza sociale.
Conclusioni critiche
La novella di Nastagio degli Onesti rappresenta uno dei vertici dell’arte boccaccesca nella sua capacità di fondere intrattenimento e analisi sociale. Attraverso la dimensione fantastica, Boccaccio esplora le contraddizioni della società del suo tempo, anticipando tematiche che saranno centrali nella letteratura moderna.
L’apparente trionfo finale nasconde una critica sottile ma implacabile ai meccanismi di potere che governano i rapporti sociali e sentimentali. La genialità di Boccaccio risiede nell’aver creato un racconto che funziona simultaneamente come intrattenimento popolare e come raffinata analisi antropologica, mantenendo un equilibrio perfetto tra piacere della lettura e profondità di significato.
Riassunto della Novella
Sintesi strutturata
1. L’amore non corrisposto (inizio – “Perseverando adunque”)
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Protagonisti:
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Nastagio degli Onesti, giovane nobile e ricco di Ravenna.
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La figlia dei Traversari, donna crudele che rifiuta il suo amore.
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Situazione:
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Nastagio spreca tutte le sue ricchezze per conquistarla, ma lei lo disprezza.
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I parenti lo convincono a lasciare Ravenna per dimenticarla.
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2. La visione nella pineta (“Ora, avvenne che” – “si dileguarono”)
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Ambiente: Pineta di Chiassi (presso Ravenna), un venerdì di maggio.
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Apparizione:
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Una giovane nuda fugge, graffiata dai rovi.
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Due mastini la inseguono e mordono.
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Un cavaliere nero (Guido degli Anastagi) la minaccia con una spada.
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Rivelazione:
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Il cavaliere spiega di essersi suicidato per amore della donna, ora dannata.
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Pena eterna: Ogni venerdì lui la uccide e le strappa il cuore, dato in pasto ai cani.
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Morale: Punizione divina per la crudeltà amorosa.
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3. La strategia di Nastagio ( “Il quale, avendo queste cose vedute” – fine)
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Piano: Invita a un banchetto nella pineta la donna amata e la sua famiglia.
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Effetto:
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Durante il pranzo, la scena infernale si ripete davanti agli ospiti.
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La donna, terrorizzata, accetta di sposare Nastagio per evitare un destino simile.
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Conseguenze:
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Matrimonio immediato (“la domenica seguente”).
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Effetto sociale: Tutte le donne di Ravenna diventano più arrendevoli agli amanti.
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Temi principali
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Giustizia poetica: La crudeltà amorosa è punita con una pena eterna e spettacolare.
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Potere del teatro morale: La visione horror persuade più di mille preghiere.
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Ironia boccacciana: La paura è un mezzo efficace per ottenere amore (e matrimonio).
Simboli chiave
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Pineta di Chiassi: Luogo liminale tra realtà e soprannaturale.
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Mastini e cavaliere: Metafore della passione distruttiva.
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Cuore strappato: Simbolo della crudeltà emotiva della donna.
Fonti e influenze
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Modello dantesco: La pena ricorda i dannati dell’Inferno (es. Paolo e Francesca).
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Folclore medievale: Motivo della “caccia selvaggia” (spettri condannati a ripetere un’azione).
Adattamenti
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Arte: La scena è stata dipinta da Botticelli (1483, oggi al Prado).
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Letteratura: Ripresa in racconti gotici e horror psicologico.
📖 Testo della novella “Nastagio degli Onesti”
Giovanni Boccaccio – Decameron – Giornata quinta – Novella ottava
📘[VIII]
Nastagio degli Onesti, amando una de’ Traversari, spende le sue ricchezze senza essere amato; vassene, pregato da’ suoi, a Chiassi; quivi vede cacciare ad un cavaliere una giovane ed ucciderla, e divorarla da due cani; invita i parenti suoi e quella donna amata da lui ad un desinare, la quale vede questa medesima giovane sbranare, e temendo di simile avvenimento prende per marito Nastagio.
Come la Lauretta si tacque, cosÃ, per comandamento della reina, cominciò Filomena:
Amabili donne, come in noi è la pietá commendata, cosà ancora in noi è dalla divina giustizia rigidamente la crudeltá vendicata, il che acciò che io vi dimostri e materia vi déa di cacciarla del tutto da voi, mi piace di dirvi una novella non meno di compassion piena che dilettevole.
In Ravenna, antichissima cittá di Romagna, furon giá assai nobili e gentili uomini, tra’ quali un giovane chiamato Nastagio degli Onesti, per la morte del padre di lui e d’un suo zio, senza stima rimase ricchissimo; il quale, sà come de’ giovani avviene, essendo senza moglie, s’innamorò d’una figliuola di messer Paolo Traversaro, giovane troppo piú nobile che esso non era, prendendo speranza con le sue opere di doverla trarre ad amar lui.
Le quali, quantunque grandissime, belle e laudevoli fossero, non solamente non gli giovavano, anzi pareva che gli nocessero, tanto cruda e dura e salvatica gli si mostrava la giovanetta amata, forse per la sua singular bellezza o per la sua nobiltá sà altiera e disdegnosa divenuta, che né egli né cosa che gli piacesse, le piaceva, la qual cosa era tanto a Nastagio gravosa a comportare, che per dolore piú volte, dopo essersi doluto, gli venne in disidèro d’uccidersi; poi, pur tenendosene, molte volte si mise in cuore di doverla del tutto lasciare stare, o se potesse, d’averla in odio come ella aveva lui.
Ma invano tal proponimento prendeva, per ciò che pareva che quanto piú la speranza mancava, tanto piú multiplicasse il suo amore.
Perseverando adunque il giovane e nell’amare e nello spendere smisuratamente, parve a certi suoi amici e parenti che egli sé ed il suo avere parimente fosse per consumare; per la qual cosa piú volte il pregarono e consigliarono che si dovesse di Ravenna partire ed in alcuno altro luogo per alquanto tempo andare a dimorare, per ciò che, cosà faccendo, scemerebbe l’amore e le spese.
Di questo consiglio piú volte fece beffe Nastagio: ma pure, essendo da loro sollecitato, non potendo tanto dir di no, disse di farlo, e fatto fare un grande apparecchiamento come se in Francia o in Ispagna o in alcuno altro luogo lontano andar volesse, montato a cavallo e da’ suoi molti amici accompagnato, di Ravenna uscà ed andossene ad un luogo fuor di Ravenna forse tre miglia, che si chiama Chiassi, e quivi fatti venir padiglioni e trabacche, disse a color che accompagnato l’aveano che starsi volea e che essi a Ravenna se ne tornassono.
Attendatosi adunque quivi Nastagio, cominciò a fare la piú bella vita e la piú magnifica che mai si facesse, or questi ed or quegli altri invitando a cena ed a desinare, come usato s’era.
Ora, avvenne che, venendo quasi all’entrata di maggio, essendo un bellissimo tempo, ed egli entrato in pensiero della sua crudel donna, comandato a tutta la sua famiglia che solo il lasciassero, per piú poter pensare a suo piacere, piede innanzi piè se medesimo trasportò, pensando, infino nella pigneta.
Ed essendo giá passata presso che la quinta ora del giorno, ed esso bene un mezzo miglio per la pigneta entrato, non ricordandosi di mangiare né d’altra cosa, subitamente gli parve udire un grandissimo pianto e guai altissimi messi da una donna; per che, rotto il suo dolce pensiero, alzò il capo per veder che fosse, e maravigliossi nella pigneta veggendosi: ed oltre a ciò, davanti guardandosi, vide venire per un boschetto assai folto d’albuscelli e di pruni, correndo verso il luogo dove egli era, una bellissima giovane ignuda, scapigliata e tutta graffiata dalle frasche e da’ pruni, piagnendo e gridando forte mercé; ed oltre a questo, le vide a’ fianchi due grandi e fieri mastini, li quali duramente appresso correndole, spesse volte crudelmente dove la giugnevano la mordevano, e dietro a lei vide venire sopra un corsier nero un cavalier bruno, forte nel viso crucciato, con uno stocco in mano, lei di morte con parole spaventevoli e villane minacciando.
Questa cosa ad una ora maraviglia e spavento gli mise nell’animo, ed ultimamente compassione della sventurata donna, dalla qual nacque disidèro di liberarla da sà fatta angoscia e morte, se el potesse.
Ma senza arme trovandosi, ricorse a prendere un ramo d’albero in luogo di bastone e cominciò a farsi incontro a’ cani e contro al cavaliere.
Ma il cavaliere che questo vide, gli gridò di lontano: — Nastagio, non t’impacciare, lascia fare a’ cani ed a me quello che questa malvagia femina ha meritato.
— E cosà dicendo, i cani, presa forte la giovane ne’ fianchi, la fermarono, ed il cavaliere sopraggiunto smontò da cavallo; al quale Nastagio avvicinatosi, disse: — Io non so chi tu ti se’ che me cosà conosci, ma tanto ti dico, che gran viltá è d’un cavaliere armato volere uccidere una femina ignuda ed averle i cani alle coste messà come se ella fosse una fiera salvatica; io per certo la difenderò quanto io potrò.
— Il cavaliere allora disse: — Nastagio, io fui d’una medesima terra teco, ed eri tu ancora piccol fanciullo quando io, il quale fui chiamato messer Guido degli Anastagi, era troppo piú innamorato di costei che tu ora non se’ di quella de’ Traversari: e per la sua fierezza e crudeltá andò sà la mia sciagura, che io un dÃ, con questo stocco il quale tu mi vedi in mano, come disperato m’uccisi, e sono alle pene eternali dannato.
Né stette poi guari di tempo, che costei, la qual della mia morte fu lieta oltre misura, morÃ, e per lo peccato della sua crudeltá e della letizia avuta de’ miei tormenti, non pentendosene, come colei che non credeva in ciò aver peccato ma meritato, similmente fu ed è dannata alle pene del ninferno; nel quale come ella discese, cosà ne fu, ed a lei ed a me, per pena dato, a lei di fuggirmi davanti ed a me, che giá cotanto l’amai, di seguitarla come mortal nemica, non come amata donna: e quante volte io la giungo, tante con questo stocco col quale io uccisi me, uccido lei ed aprola per ischiena, e quel cuor duro e freddo nel qual mai né amor né pietá poterono entrare, con l’altre interiora insieme, sà come tu vedrai incontanente, le caccio di corpo, e dolle mangiare a questi cani.
Né sta poi grande spazio, che ella, sà come la giustizia e la potenza di Dio vuole, come se morta non fosse stata, risurge e da capo incomincia la dolorosa fugga, ed i cani ed io a seguitarla; ed avviene che ogni venerdà in su questa ora io la giungo qui, e qui ne fo lo strazio che vedrai: e gli altri di non credere che noi riposiamo, ma giungola in altri luoghi ne’ quali ella crudelmente contro a me pensò o operò; ed essendole d’amante divenuto nemico, come tu vedi, la mi conviene in questa guisa tanti anni seguitar quanti mesi ella fu contro a me crudele. Adunque, lasciami la divina giustizia mandare ad esecuzione, né ti volere opporre a quello a che tu non potresti contrastare.
— Nastagio, udendo queste parole, tutto timido divenuto e quasi non avendo pelo addosso che arricciato non fosse, tirandosi addietro e riguardando alla misera giovane, cominciò pauroso ad aspettare quello che facesse il cavaliere; il quale, finito il suo ragionare, a guisa d’un cane rabbioso, con lo stocco in mano corse addosso alla giovane la quale, inginocchiata e da’ due mastini tenuta forte, gli gridava mercé, ed a quella con tutta sua forza diede per mezzo il petto e passolla dall’altra parte.
Il qual colpo come la giovane ebbe ricevuto, cosà cadde boccone, sempre piagnendo e gridando: ed il cavaliere, messo mano ad un coltello, quella aprà nelle reni, e fuori trattone il cuore ed ogni altra cosa da torno, a’ due mastini il gittò, li quali affamatissimi incontanente il mangiarono; né stette guari, che la giovane, quasi niuna di queste cose stata fosse, subitamente si levò in piè e cominciò a fuggire verso il mare, ed i cani appresso di lei sempre lacerandola, ed il cavaliere, rimontato a cavallo e ripreso il suo stocco, la cominciò a seguitare: ed in piccola ora si dileguarono in maniera, che piú Nastagio non gli poté vedere.
Il quale, avendo queste cose vedute, gran pezza stette tra pietoso e pauroso, e dopo alquanto gli venne nella mente, questa cosa dovergli molto poter valere, poi che ogni venerdà avvenia; per che, segnato il luogo, a’ suoi famigliari se ne tornò, ed appresso, quando gli parve, mandato per piú suoi parenti ed amici, disse loro: — Voi m’avete lungo tempo stimolato che io d’amare questa mia nemica mi rimanga e ponga fine al mio spendere: ed io son presto di farlo, dove voi una grazia m’impetriate, la quale è questa, che venerdà che viene voi facciate sà che messer Paolo Traversaro e la moglie e la figliuola e tutte le donne lor parenti, ed altre chi vi piacerá, qui sieno a desinar meco. Quello per che io questo voglia, voi il vedrete allora.
— A costor parve questa assai piccola cosa a dover fare: ed a Ravenna tornati, quando tempo fu, coloro invitarono li quali Nastagio voleva, e come che dura cosa fosse il potervi menare la giovane da Nastagio amata, pur v’andò con l’altre insieme.
Nastagio fece magnificamente apprestar da mangiare, e fece le tavole mettere sotto i pini dintorno a quel luogo dove veduto aveva lo strazio della crudel donna: e fatti metter gli uomini e le donne a tavola, si ordinò, che appunto la giovane amata da lui fu posta a seder di rimpetto al luogo dove doveva il fatto intervenire.
Essendo adunque giá venuta l’ultima vivanda, ed il romor disperato della cacciata giovane da tutti fu cominciato ad udire; di che maravigliandosi forte ciascuno e domandando che ciò fosse, e niuno sappiendol dire, levatisi tutti diritti e riguardando che ciò potesse essere, videro la dolente giovane ed il cavaliere ed i cani, né guari stette che essi tutti furon quivi tra loro.
Il romore fu fatto grande ed a’ cani ed al cavaliere, e molti per aiutare la giovane si fecero innanzi, ma il cavaliere, parlando loro come a Nastagio aveva parlato, non solamente gli fece indietro tirare, ma tutti gli spaventò e riempié di maraviglia: e faccendo quello che altra volta aveva fatto, quante donne v’aveva; ché ve n’aveva assai che parenti erano state e della dolente giovane e del cavaliere, e che si ricordavano dell’amore e della morte di lui; tutte cosà miseramente piagnevano come se a se medesime quello avesser veduto fare.
La qual cosa al suo termine fornita, ed andata via la donna ed il cavaliere, mise costoro che ciò veduto aveano in molti e vari ragionamenti: ma tra gli altri che piú di spavento ebbero, fu la crudel giovane da Nastagio amata, la quale ogni cosa distintamente veduta avea ed udita, e conosciuto che a sé piú che ad altra persona che vi fosse queste cose toccavano, ricordandosi della crudeltá sempre da lei usata verso Nastagio; per che giá le parea fuggire dinanzi da lui adirato ed avere i mastini a’ fianchi.
E tanta fu la paura che di questo le nacque, che, acciò che questo a lei non avvenisse, prima tempo non si vide, il quale quella medesima sera prestato le fu, che ella, avendo l’odio in amor tramutato, una sua fida cameriera segretamente a Nastagio mandò, la quale da parte di lei il pregò che gli dovesse piacere d’andare a lei, per ciò che ella era presta di far tutto ciò che fosse piacer di lui.
Alla qual Nastagio fece rispondere che questo gli era a grado molto, ma che, dove le piacesse, con onor di lei voleva il suo piacere, e questo era sposandola per moglie.
La giovane, la qual sapeva che da altrui che da lei rimaso non era che moglie di Nastagio stata non fosse, gli fece risponder che le piacea; per che, essendo ella medesima la messaggera, al padre ed alla madre disse che era contenta d’essere sposa di Nastagio, di che essi furon contenti molto: e la domenica seguente Nastagio sposatala e fatte le sue nozze, con lei piú tempo lietamente visse.
E non fu questa paura cagione solamente di questo bene, anzi sà tutte le ravignane donne paurose ne divennero, che sempre poi troppo piú arrendevoli a’ piaceri degli uomini furono che prima state non erano.