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In pensione per insegnare l’italiano
L’idea vincente di un’ispettrice dell’Ufficio scolastico regionale: da quattro a sei ore alla settimana in classe o in biblioteca. Trenta docenti tornano a scuola e aiutano gli stranieri appena arrivati
La Repubblica – 16 dicembre 2009
di Stefano Parola
Torino
«Sono bambini appena arrivati in Italia che non parlano la nostra lingua e fanno fatica a capire anche le parole più semplici come “buongiorno”, “grazie” o “prego”», dice dei suoi allievi la maestra Maria Luisa Catalano. Lei è un’insegnante un po’ particolare: è in pensione, ormai da qualche anno. L’idea è venuta all’ispettrice dell’Ufficio scolastico regionale, Silvana Mosca, ed è il frutto di un ragionamento semplice: da un lato ci sono sempre più bambini stranieri, dall’altro ci sono tanti ex maestri che, nonostante abbiano messo via gessetti e biro rosse, hanno ancora voglia di dare una mano. Così a settembre è partito il progetto «Insegnare Italiano L2 in ambienti non formali». «E’ una prima realizzazione sperimentale che ha ricevuto l’immediata adesione di una trentina di insegnanti in pensione», spiega l’ispettrice Mosca. Il direttore dell’Usr, Francesco De Sanctis, ne è entusiasta: «E’ un’iniziativa che valorizza la professionalità dei docenti che sono ancora motivati, anche se non più in servizio, a sostenere la didattica in uno dei settori in cui la tempestività è decisiva per la riuscita scolastica».
Grazie ai finanziamenti di Regione e Provincia di Torino, i trenta insegnanti «a riposo» hanno frequentato una serie di incontri tenuti da docenti universitari ed esperti e alla fine hanno ottenuto un attestato di specializzazione che gli consente di collaborare con le scuole e le biblioteche per aiutare i ragazzi stranieri appena arrivati a imparare l’italiano.
Così oggi Maria Luisa Catalano ogni settimana fa quattro ore di assistenza alla direzione didattica Duca degli Abruzzi: «Dopo tanti anni che ho smesso di insegnare ho deciso di rimettermi in gioco e ne sono contentissima. E lo è anche la dirigente della mia scuola, perché mi vede come una risorsa in grado di affiancare le colleghe che con classi di 24-25 alunni spesso fanno fatica a seguire i casi più difficili». Anche la maestra Enza Ferri ha frequentato il corso. Lei non ha perso tempo: è andata in pensione a giugno e ed è subito tornata al lavoro nella sua vecchia scuola, l’elementare De Amicis. Adesso fa dalle quattro alle sei ore a settimana e spiega: «Per me insegnare ai bambini stranieri è un arricchimento culturale incredibile. E lo è anche per gli alunni italiani che sono in classe con loro».
Naturalmente la parola d’ordine è «volontariato». Niente stipendi o rimborsi spese, solo gratificazione morale. Però il contributo degli ex maestri è fondamentale in un periodo in cui i tagli della riforma Gelmini hanno ridotto drasticamente le possibilità seguire al meglio gli alunni stranieri. E ai pensionati l’entusiasmo non manca: «Per noi – dice Silvana Mosca – sono una risorsa molto importante e visto che le richieste sono tante stiamo cercando di far partire una seconda edizione del corso».
(16 dicembre 2009)