
Il tempo nella narrazione
28 Dicembre 2019
I Fenici: naviganti, mercanti e diffusori di cultura
28 Dicembre 2019Il Canto XI del Paradiso di Dante Alighieri è un inno alla figura di San Francesco d’Assisi, presentato come esempio di vita virtuosa e di fedeltà al messaggio evangelico.
Attraverso le parole di San Tommaso d’Aquino, Dante celebra la grandezza del santo, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua esistenza e criticando la degenerazione dell’ordine francescano.
Analisi
- L’elogio di San Francesco: San Tommaso, appartenente all’ordine rivale dei Domenicani, tesse un elogio appassionato di San Francesco, sottolineando la sua umiltà, il suo amore per la povertà e la sua fedeltà al messaggio evangelico.
- La critica alla degenerazione dell’ordine francescano: Il canto non si limita a celebrare la figura del santo, ma denuncia anche la corruzione e la decadenza dell’ordine francescano, che si è allontanato dagli ideali del fondatore.
- La metafora della “sposa”: La Povertà è personificata come una “sposa” che San Francesco sposa in un atto di amore spirituale.
- Il simbolismo della luce: La luce è un elemento ricorrente nel canto, simbolo della grazia divina e della santità di Francesco.
- Il linguaggio: Dante utilizza un linguaggio elevato e solenne, ricco di immagini e metafore, per celebrare la grandezza del santo.
Tematiche e commento
Il Canto XI del Paradiso è un’opera di grande valore letterario e spirituale, che offre una profonda riflessione sulla figura di San Francesco e sul significato della santità. Dante, attraverso le parole di San Tommaso, ci invita a riflettere sulla nostra vita e sui nostri valori, esortandoci a seguire l’esempio di San Francesco e a vivere secondo il messaggio evangelico.😊
📜 Testo e parafrasi del Canto undicesimo del Paradiso di Dante
O insensata cura de’ mortali, quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter l’ali!3Chi dietro a iura e chi ad amforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi,6e chi rubare e chi civil negozio, chi nel diletto de la carne involto s’affaticava e chi si dava a l’ozio,9quando, da tutte queste cose sciolto, con Bëatrice m’era suso in cielo cotanto glorïosamente accolto. 12Poi che ciascuno fu tornato ne lo E io senti’ dentro a quella lumera «Così com’ io del suo raggio resplendo, Tu dubbi, e hai voler che si ricerna ove dinanzi dissi: “U’ ben s’impingua”, La provedenza, che governa il mondo però che andasse ver’ lo suo diletto in sé sicura e anche a lui più fida, L’un fu tutto serafico in ardore; De l’un dirò, però che d’amendue Intra Tupino e l’acqua che discende onde Perugia sente freddo e caldo Di questa costa, là dov’ ella frange Però chi d’esso loco fa parole, Non era ancor molto lontan da l’orto, ché per tal donna, giovinetto, in guerra e dinanzi a la sua spirital corte Questa, privata del primo marito, né valse udir che la trovò sicura né valse esser costante né feroce, Ma perch’ io non proceda troppo chiuso, La lor concordia e i lor lieti sembianti, tanto che ’l venerabile Bernardo Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Indi sen va quel padre e quel maestro Né li gravò viltà di cuor le ciglia ma regalmente sua dura intenzione Poi che la gente poverella crebbe di seconda corona redimita E poi che, per la sete del martiro, e per trovare a conversione acerba nel crudo sasso intra Tevero e Arno Quando a colui ch’a tanto ben sortillo a’ frati suoi, sì com’ a giuste rede, e del suo grembo l’anima preclara Pensa oramai qual fu colui che degno e questo fu il nostro patrïarca; Ma ’l suo pecuglio di nova vivanda e quanto le sue pecore remote Ben son di quelle che temono ’l danno Or, se le mie parole non son fioche, in parte fia la tua voglia contenta, “U’ ben s’impingua, se non si vaneggia”». |
Parafrasi Canto XI, nel quale il detto frate domenicano Tommaso in gloria di san Francesco sotto brevitate racconta la sua vita tutta, e riprende i suoi frati, ché pochi sono quelli che ’l seguitino. O insensata preoccupazione dei mortali, quanto sono fallaci i ragionamenti che vi spingono a desiderare le cose terrene! C’era chi si dedicava al diritto, chi alla medicina, chi al sacerdozio, chi al potere, chi al furto, chi agli affari, chi ai piaceri della carne, chi all’ozio, quando io, liberato da tutto questo, fui accolto in cielo con Beatrice. Dopo che ogni anima ebbe ripreso il suo posto nella corona di luci, quella che mi aveva parlato prima, sorridendo e facendosi più luminosa, cominciò: “Come io risplendo della sua luce, così, guardando nella luce eterna, comprendo i tuoi pensieri. Tu hai dei dubbi e vuoi che io ti spieghi meglio ciò che ho detto prima, dove ho parlato della ‘buona vigna’ e dove ho detto che ‘non nacque il secondo’; e qui bisogna fare chiarezza. La Provvidenza, che governa il mondo con quel disegno in cui ogni creatura è superata prima ancora di essere creata, affinché la sposa di Cristo (la Chiesa), che egli sposò con il suo sangue, potesse andare verso il suo diletto, ordinò due principi a suo favore, che le fossero guida. Uno fu tutto ardore serafico, l’altro fu in terra uno splendore di luce cherubica per la sua sapienza. Parlerò del primo, perché di entrambi si può dire la stessa cosa, dato che le loro opere miravano allo stesso fine. Tra il Monte Tupino e l’acqua che scende dal colle del beato Ubaldo, fertile pendio di un alto monte, da cui Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole, e alle cui spalle Nocera e Gualdo piangono per il grave giogo, da questo pendio, dove è più ripido, nacque un sole, come questo (il sole) che nasce talvolta dal Gange. Perciò chi parla di quel luogo non lo chiami Ascesi, ma Oriente, se vuole usare il termine appropriato. Non era ancora lontano dalla nascita, che cominciò a far sentire alla terra qualche beneficio della sua grande virtù; infatti, da giovane, corse in guerra contro il padre per una tale donna (la Povertà), alla quale nessuno apre la porta del piacere come alla morte; e davanti alla sua corte spirituale e davanti al padre terreno si unì a lei, e poi la amò sempre più intensamente. Questa, privata del primo marito (Cristo), era rimasta disprezzata e oscura per più di millecento anni fino a lui, senza che nessuno la invitasse; né valse a nulla che colui che fece paura al mondo intero (Giulio Cesare) la trovasse sicura con Amiclate al suono della sua voce; né valse a nulla essere stata costante e fiera, tanto che, mentre Maria rimase ai piedi della croce, lei (la Povertà) pianse con Cristo sulla croce. Ma perché io non proceda troppo oscuro, intendi ora nel mio discorso Povertà e Francesco come questi amanti. La loro armonia e i loro lieti sguardi, amore, meraviglia e dolcezza suscitavano pensieri santi; tanto che il venerabile Bernardo si tolse per primo i calzari e corse dietro a tanta pace, e correndo gli sembrava di essere lento. Oh ricchezza sconosciuta! Oh bene fecondo! Egidio e Silvestro si tolgono i calzari dietro allo sposo, tanto piace la sposa. Poi quel padre e maestro se ne va con la sua donna e con quella famiglia che già legava l’umile corda. Né la viltà del cuore gli abbassò le ciglia per essere figlio di Pietro Bernardone, né per sembrare disprezzabile a causa della sua povertà; ma con animo regale espose la sua dura intenzione a Innocenzo III, e da lui ottenne il primo sigillo per il suo ordine religioso. Dopo che la povera gente crebbe al seguito di costui, la cui mirabile vita sarebbe meglio cantata nella gloria del cielo, la santa volontà di questo fondatore fu incoronata una seconda volta da Onorio III per volere dello Spirito Eterno. E dopo che, per la sete del martirio, predicò Cristo e i suoi seguaci alla presenza del superbo Soldano, e poiché trovò la gente troppo ostile alla conversione e per non stare inoperoso, ritornò ai frutti della terra italiana, sul crudo sasso tra Tevere e Arno ricevette da Cristo l’ultimo sigillo, che le sue membra portarono per due anni (le stimmate). Quando piacque a colui che gli concesse tanta grazia di portarlo su alla ricompensa che si meritò nel suo farsi umile, raccomandò ai suoi frati, come a giusti eredi, la sua donna più cara, e comandò che l’amassero con fedeltà; e la sua anima gloriosa volle uscire dal suo grembo, tornando al suo regno, e non volle altra bara per il suo corpo. Pensa ora quale fu colui che fu degno compagno nel mantenere la barca di Pietro in alto mare nella giusta direzione; e questo fu il nostro patriarca; perciò puoi capire che chi lo segue come egli comanda, carica buone mercanzie (compie opere buone). Ma il suo gregge è diventato avido di nuovo cibo, tanto che non può fare a meno di disperdersi in diverse direzioni; e più le sue pecore si allontanano vagabonde da lui, più tornano all’ovile vuote di latte. Ci sono di quelle che temono il danno e si stringono al pastore; ma sono così poche, che il panno fornisce poche cappe. Ora, se le mie parole non sono state deboli, se la tua attenzione è stata vigile, se ricordi ciò che è stato detto, la tua volontà sarà in parte soddisfatta, perché vedrai la pianta da cui si stacca la scheggia e vedrai la correzione che chiarisce ‘dove si ingrassa bene, se non si vaneggia’”. |