
Resurrezione Gen rosso
28 Dicembre 2019
Signore, nella tua luce vediamo la luce
28 Dicembre 2019🙌 Analisi e riflessione sul canto “Santo” di Michele Bonfitto, con uno sguardo profondo al suo valore liturgico, teologico e spirituale.
✝️ Analisi e riflessione: “Santo” – Il canto del mistero
Il canto “Santo, santo, santo è il Signore, Dio dell’universo”, del frate comboniano Michele Bonfitto, è una delle espressioni più belle e solenni della liturgia eucaristica nella tradizione popolare italiana. Con semplicità e maestà, riproduce il Sanctus, preghiera antichissima che la Chiesa proclama in ogni Messa, nell’ambito del Canone Romano, al culmine della celebrazione eucaristica.
Questo canto non è un semplice inno: è un atto di adorazione che ci solleva oltre il tempo e lo spazio, portandoci davanti al trono di Dio, dove angeli, santi e tutta la creazione proclamano la sua santità infinita.
1. “Santo, santo, santo” – la triplice santità di Dio
“Santo, santo, santo è il Signore, Dio dell’universo”
Questa proclamazione attinge direttamente al profeta Isaia (Is 6,3):
“Santo, santo, santo il Signore Dio degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”.
Ecco il grido dei cherubini che stanno davanti a Dio, colmi di fuoco e di silenzio sacro.
La triplice ripetizione del “santo” non è un’esagerazione poetica: è un segno di intensità assoluta. Nella lingua ebraica, la ripetizione di un attributo indica la sua pienezza, la sua perfezione.
Dire “santo” tre volte significa: Dio è santità in persona, separato dal male, totalmente altro, inaccessibile nella sua gloria – eppure vicino a chi lo invoca.
E il titolo “Dio dell’universo” (o “Dio degli eserciti”) non lo riduce a un dio locale, tribale, emotivo. È il Signore del cosmo, del tempo, della storia, della vita e della morte.
Eppure, si fa presente nell’umiltà del pane e del vino.
2. “I cieli e la terra sono pieni della tua gloria”
Questo versetto completa la visione di Isaia.
La gloria di Dio non è confinata nel cielo: inonda tutta la creazione.
La natura, il corpo umano, l’amore, la bellezza, la giustizia – tutto è segno della sua presenza.
Nella liturgia, questa frase assume un significato ancora più profondo:
in questo momento, nell’assemblea riunita intorno all’altare, il cielo e la terra si toccano.
È il punto in cui il divino irrompe nel quotidiano, il sacro abbraccia il profano.
La gloria di Dio non è solo luce accecante: è misericordia, è presenza silenziosa nell’Eucaristia, è amore che si dona.
3. “Osanna nell’alto dei cieli” – il grido della Gerusalemme celeste
“Osanna, osanna, osanna nell’alto dei cieli”
L’osanna (da hoshiya na: “salva ci”, “aiutaci”) era un grido di supplica che diventa, in bocca ai fedeli, un acclamazione trionfale.
È il grido della folla che accoglie Gesù all’ingresso in Gerusalemme (Mt 21,9), ma anche il canto dei cieli che salutano il Cristo risorto e glorioso.
Nella liturgia, l’Osanna non è solo un ricordo: è una partecipazione reale alla lode eterna del Cielo.
L’assemblea che canta non è più solo un gruppo di persone in chiesa: è la Chiesa pellegrina che si unisce alla Chiesa gloriosa.
E quando ripetiamo “nell’alto dei cieli”, alziamo lo sguardo non solo verso il cielo fisico, ma verso la dimensione della fede, dove Cristo siede alla destra del Padre.
4. “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”
Questa è la profezia compiuta.
Il “colui che viene” non è un messia atteso nel futuro: è Gesù, presente nell’assemblea, nell’assemblea, nella Parola, nell’Eucaristia.
È un versetto del Salmo 118,26, proclamato dai discepoli al Messia, e ora ripetuto da noi, che riconosciamo in Gesù l’Inviato di Dio.
Ma c’è un paradosso:
Colui che viene “nel nome del Signore” è crocefisso, umile, nascosto nel pane.
La sua venuta non è accompagnata da trombe e potere, ma da silenzio e servizio.
Eppure, è Lui il Benedetto.
È Lui il Re.
È Lui il Santo.
🌟 Il Sanctus come vertice della Messa
Nella struttura della liturgia, il Sanctus precede il Canone Eucaristico, il momento più sacro della Messa.
È come se, prima di entrare nel mistero del sacrificio, la Chiesa alzi lo sguardo, si purifichi il cuore, e si unisca al coro degli angeli.
Questo canto, nella sua semplicità musicale e testuale, riesce a trasmettere solennità e intimità insieme.
Non è un inno barocco o complesso: è un canto popolare, accessibile, universale, che chiunque può elevare a Dio.
E proprio per questo, è così potente:
la santità di Dio non è per gli esperti, ma per i piccoli.
✝️ Conclusione: un canto che ci trasfigura
Cantare il “Santo” non è un rito formale.
È un’esperienza che ci cambia.
Ci ricorda chi è Dio – santo, glorioso, tremendo – e chi siamo noi – peccatori amati, chiamati a partecipare alla sua santità.
E mentre lo cantiamo, qualcosa accade:
il pane e il vino si preparano a diventare Corpo e Sangue,
i cuori si aprono alla grazia,
il tempo si ferma,
e per un istante,
noi siamo già nel Cielo.
Santo, santo, santo…
Non è una canzone.
È un’anticipazione dell’eternità.
📌 Testo e accordi
(mi fa# sol# do#)
MI DO#m FA#m SI7 MI LA SI
Santo, santo, santo è il Signore, dio dell’universo
MI DO#m FA#m SI
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria
MI DO#m SOL#m DO#m FA#m SI
Osanna, osanna, osan – na nell’alto dei cieli
MI DO#m FA#m SI
Benedetto colui che viene nel nome del Signore
MI DO#m SOL#m DO#m FA#m SI MI
Osanna, osanna, osan – na nell’alto dei cieli