
Ortis e Parini a Milano di Ugo Foscolo
28 Dicembre 2019
“Del Principe e delle lettere”. Alfieri saggista
28 Dicembre 2019Questo passo è tratto dal Canto XXXIII dell’Inferno di Dante Alighieri.
Il poeta, insieme a Virgilio, si trova nel nono cerchio dell’Inferno, nella zona chiamata Tolomea, riservata ai traditori degli ospiti. Qui incontra Frate Alberigo, la cui anima è già all’Inferno, nonostante il suo corpo sia ancora vivo sulla Terra. La narrazione è caratterizzata da un profondo sentimento di denuncia e vendetta contro le città di Pisa e Genova, ma anche da una riflessione sull’orribile destino dei traditori.
Analisi e Commento
Questo passaggio si inserisce nel nono cerchio dell’Inferno, riservato ai traditori. In particolare, Dante sta attraversando la Tolomea, la zona destinata a coloro che hanno tradito i propri ospiti o coloro che avevano loro dato fiducia.
Il personaggio di Frate Alberigo è emblematico della giustizia dantesca. Alberigo, ancora vivo, è già dannato all’Inferno: Dante ci mostra qui l’idea di una punizione immediata per i traditori più gravi, tanto che il loro corpo è governato da un demonio ancora prima della morte. Branca Doria rappresenta un altro esempio: nonostante il suo corpo appaia ancora in vita sulla Terra, la sua anima è già all’Inferno.
Temi principali
- La condanna morale di Pisa e Genova: Il canto si apre con un’invettiva contro Pisa, colpevole di aver condannato i figli innocenti del conte Ugolino (vedi i versi precedenti). Pisa è descritta come un “vituperio delle genti”, e Dante auspica che le isole di Capraia e Gorgona blocchino l’Arno, facendo annegare la città. Alla fine del passo, un’altra dura invettiva è scagliata contro i Genovesi, accusati di essere corrotti e vili, come dimostra la presenza di Branca Doria in Tolomea.
- L’atrocità del tradimento: La Tolomea rappresenta il tradimento degli ospiti, una delle forme più gravi di tradimento secondo Dante. Le anime qui presenti sono immerse nel ghiaccio, e il loro dolore è acuito dal fatto che non possono nemmeno piangere a causa del gelo che blocca le lacrime, simbolo della loro completa disperazione.
- L’inversione dell’ordine naturale: Frate Alberigo spiega a Dante che nella Tolomea le anime dei traditori vengono immediatamente mandate all’Inferno, anche prima della morte fisica. Il corpo del traditore continua a vivere sulla Terra, governato da un demonio. Questo sconvolgimento dell’ordine naturale riflette l’idea che il tradimento distrugge l’equilibrio e l’armonia universale.
Conclusione
Nel canto XXXIII, Dante affronta i temi della giustizia divina e della vendetta personale, mostrando come il tradimento sia punito con una severità eccezionale. Il passaggio dalla pietà per Ugolino alla crudeltà verso Frate Alberigo e Branca Doria dimostra la complessità emotiva di Dante, diviso tra il suo senso di giustizia e la tentazione di vendetta contro coloro che ritiene colpevoli di grandi crimini.
Testo e parafrasi
Testo
Ahi Pisa, vituperio de le genti muovasi la Capraia e la Gorgona, Che se ’l conte Ugolino aveva voce Innocenti facea l’età novella, Noi passammo oltre, là ’ve la gelata Lo pianto stesso lì pianger non lascia, ché le lagrime prime fanno groppo, E avvegna che, sì come d’un callo, già mi parea sentire alquanto vento; Ond’elli a me: “Avaccio sarai dove E un de’ tristi de la fredda crosta levatemi dal viso i duri veli, Per ch’io a lui: “Se vuo’ ch’i’ ti sovvegna, Rispuose adunque: “I’ son frate Alberigo; “Oh”, diss’io lui, “or se’ tu ancor morto?”. Cotal vantaggio ha questa Tolomea, E perché tu più volontier mi rade come fec’ïo, il corpo suo l’è tolto Ella ruina in sì fatta cisterna; Tu ’l dei saper, se tu vien pur mo giuso: “Io credo”, diss’io lui, “che tu m’inganni; “Nel fosso sù”, diss’el, “de’ Malebranche, che questi lasciò il diavolo in sua vece Ma distendi oggimai in qua la mano; Ahi Genovesi, uomini diversi Ché col peggiore spirto di Romagna e in corpo par vivo ancor di sopra. |
ParafrasiAhi Pisa, vergogna delle genti, del bel paese dove si parla la lingua italiana, poiché i tuoi vicini sono lenti a punirti, che si muovano l’isola di Capraia e quella di Gorgona e chiudano l’Arno alla sua foce, così che anneghi ogni persona in te! Perché, se il conte Ugolino fu accusato di tradirti con i tuoi castelli, non dovevi punire i suoi figli con una croce così terribile. L’età giovane li rendeva innocenti, Uguccione e Brigata, novella Tebe, e gli altri due che sono stati menzionati nel canto precedente. Noi proseguimmo oltre, là dove il freddo avvolge un’altra schiera di anime, non rivolte verso il basso, ma completamente riversate. Il pianto stesso impedisce loro di piangere, e il dolore che incontra un ostacolo negli occhi, si trasforma in angoscia interna; le prime lacrime si congelano e, come visiere di cristallo, riempiono lo spazio sotto le sopracciglia. E sebbene, come per una callosità, il freddo avesse già tolto ogni sensibilità al mio volto, già mi sembrava di sentire un po’ di vento; perciò dissi: “Maestro mio, chi muove questo? Non è spento qui ogni vapore?” Ed egli mi rispose: “Presto sarai nel luogo dove il tuo occhio ti darà la risposta, vedendo la causa che genera questo vento.” E uno degli infelici della gelida crosta gridò a noi: “O anime crudeli, tanto che vi è stata data l’ultima punizione, toglietemi dal viso il velo di ghiaccio, così che io possa sfogare il dolore che mi riempie il cuore, prima che il pianto si congeli.” Allora gli dissi: “Se vuoi che ti aiuti, dimmi chi sei, e se non ti libero, possa io finire nel fondo di questo ghiaccio.” Mi rispose: “Io sono Frate Alberigo; sono quello delle ‘frutta del mal orto’, e qui ricevo datteri per fichi.” “Oh,” gli dissi, “sei già morto?” E lui mi rispose: “Come sia il mio corpo nel mondo di sopra, non lo so. Tolomea ha questo privilegio: spesso l’anima cade qui prima che la morte naturale le tolga il corpo. E perché tu sia più disposto a togliere dal mio volto queste lacrime congelate, sappi che, appena un’anima tradisce, come feci io, il suo corpo è subito preso da un demonio, che lo governa finché il suo tempo naturale non sia concluso. L’anima cade in questa cisterna, mentre il corpo sembra ancora vivo sulla Terra. Tu dovresti sapere questo, se sei appena arrivato qui: c’è ser Branca Doria, e sono passati molti anni da quando fu rinchiuso qui.” “Io credo,” gli risposi, “che tu mi stia ingannando; Branca Doria non è mai morto, mangia, beve, dorme e si veste ancora.” “Nel fosso sopra,” rispose lui, “tra i Malebranche, dove bolle la pece appiccicosa, non era ancora arrivato Michel Zanche che già il diavolo aveva preso il suo posto nel suo corpo, insieme a un suo parente che partecipò al tradimento.” “Ma ora stendi la mano e aprimi gli occhi.” E io non glieli aprii; e fu cortesia trattarlo con crudeltà. Ahi Genovesi, uomini diversi da ogni norma e pieni di ogni vizio, perché non siete spariti dal mondo? Trovai uno di voi, con il peggior spirito della Romagna, che per la sua opera già si bagna nell’inferno di Cocito, mentre il suo corpo appare ancora vivo di sopra. |