
Imperativo latino … e non solo
28 Dicembre 2019
Abbracciato da Cristo a Mezzate con don Edoardo Canetta
28 Dicembre 2019Analisi del Testo: “Sii quale devi essere” da Le Vergini delle Rocce di Gabriele D’Annunzio
Il brano tratto dal primo libro de Le Vergini delle Rocce (“Sii quale devi essere”) è un esempio straordinario dello stile dannunziano, ricco di simbolismo, introspezione psicologica e tensione ideale verso la perfezione. Attraverso il protagonista, Claudio Cantelmo, D’Annunzio riflette sul tema dell’identità, della stirpe, del destino e della ricerca di un ideale superiore.
1. Il Contesto Narrativo e i Temi Centrali 📜
Il protagonista, Claudio Cantelmo, si trova in una condizione di solitudine interiore, che cerca di risolvere attraverso la contemplazione di un ritratto ancestrale: quello di Alessandro Cantelmo, un suo antenato dipinto da Leonardo da Vinci. Questo ritratto diventa per lui un’icona vivente, un simbolo del suo destino e della sua identità familiare.
Temi principali:
- L’eredità e la stirpe: Claudio sente di appartenere a una tradizione eroica e nobile, incarnata dal ritratto del suo avo. Egli vede sé stesso come il tramite di un’energia vitale che deve essere perpetuata e rinnovata.
- Il destino personale e collettivo: Non si tratta solo di realizzare il proprio fato individuale, ma anche di contribuire alla grandezza della propria stirpe e, più in generale, della civiltà latina.
- La bellezza come valore supremo: La bellezza, sia fisica che spirituale, è vista come un principio guida per l’esistenza. Claudio venera il ritratto del suo antenato non solo per la sua perfezione estetica, ma anche per ciò che rappresenta: un ideale di forza, nobiltà e virtù.
2. Analisi dei Passaggi Chiave 🔍
a) “Sii quale devi essere”
Questa frase, ripetuta ossessivamente nel testo, rappresenta il motto che guida Claudio nella sua ricerca di perfezione. È un imperativo morale ed esistenziale che lo spinge a realizzare il proprio destino e a incarnare l’ideale di virilità e nobiltà associato alla sua stirpe.
- Significato profondo: Essere “quello che si deve essere” significa accettare il proprio ruolo nella storia e nella tradizione familiare, senza cedere alle debolezze o ai compromessi. È un invito a vivere in modo coerente con i propri valori e le proprie aspirazioni più alte.
b) Il ritratto di Alessandro Cantelmo
Il ritratto del conte di Volturara è descritto come un’icona quasi sacra, un “fiore di stirpe” che incarna la bellezza e la forza della famiglia Cantelmo. Per Claudio, questo ritratto è molto più di un’opera d’arte: è un demone interiore, una voce che lo guida e lo sprona.
- Simbolismo: Il ritratto rappresenta l’ideale eroico che Claudio vuole raggiungere. È un ponte tra passato e futuro, tra l’eredità ricevuta e la missione che deve compiere.
- Influenza di Leonardo da Vinci: L’attribuzione del ritratto a Leonardo aggiunge un ulteriore strato di significato, poiché Leonardo è visto come il simbolo del genio universale, capace di fondere arte, scienza e filosofia.
c) “Tu portavi in te una forza bastevole a soggiogare la terra”
Claudio immagina il suo antenato come un eroe destinato a dominare il mondo, ma il cui destino fu interrotto prematuramente. Tuttavia, questa forza non si è persa: è stata trasmessa attraverso i secoli e ora Claudio si sente chiamato a farla rivivere.
- Visione ciclica della storia: Il destino di Alessandro Cantelmo non è finito con la sua morte, ma si è trasferito nella stirpe, attendendo il momento giusto per manifestarsi nuovamente.
- Missione personale: Claudio si vede come il nuovo interprete di questa forza, chiamato a realizzare ciò che il suo antenato non ha potuto completare.
d) Triplice compito del protagonista
Claudio si assegna tre obiettivi principali:
- Condurre sé stesso alla perfezione: Vivere secondo i valori del tipo latino, incarnando l’ideale di virilità, nobiltà e disciplina.
- Creare un’opera d’arte suprema: Trasformare la propria esperienza e visione del mondo in un’opera che sintetizzi la bellezza e la profondità del suo spirito.
- Trasmettere l’eredità alla discendenza: Assicurarsi che le qualità ideali della sua stirpe siano perpetuate in un figlio, che continuerà la missione di elevazione spirituale.
3. Stile e Linguaggio ✍️
Il linguaggio di D’Annunzio è caratterizzato da:
- Ricchezza lessicale: L’autore utilizza termini rari e suggestivi, spesso derivati dal latino, per creare un’atmosfera solenne e aristocratica.
- Immaginazione visiva: Le descrizioni sono dettagliate e cariche di simbolismo, come nel caso del ritratto di Alessandro Cantelmo, che sembra prendere vita sotto gli occhi del lettore.
- Tono oracolare: Claudio parla come un profeta o un sacerdote, esprimendo idee universali con un tono sacrale e imperativo.
4. Riflessioni Finali 🌟
Il brano è un manifesto della filosofia dannunziana, che combina idealismo, estetismo e nazionalismo. Claudio Cantelmo incarna il prototipo dell’individuo superiore, chiamato a realizzare il proprio destino attraverso la bellezza, l’arte e la fedeltà alla tradizione.
🌟 Messaggio finale: “Sii quale devi essere” è un invito a vivere in modo autentico e consapevole, abbracciando il proprio destino con orgoglio e determinazione. Per Claudio, questo significa non solo realizzarsi personalmente, ma anche contribuire alla grandezza della sua stirpe e della civiltà. 😊
📜 Testo del brano “Sii quale devi essere” da Le Vergini delle Rocce di Gabriele D’Annunzio
“Le vergini delle rocce” di Gabriele D’Annunzio (Estratto dal Libro Primo – “Sii quale devi essere”)
Per confortare la mia solitudine, allora pensai di dare una figura corporea a quel demònico in cui, secondo il documento del mio primo maestro, io aveva fede come nell’infallibile segno che mi conduceva all’integrazione della mia effigie morale. Io pensai di commettere a una bocca bella e imperiosa e colorita dal mio medesimo sangue l’officio di ripetermi:
«O tu, sii quale devi essere.»
Tra le imagini dei miei maggiori una m’è sopra tutte le altre carissima, e sacra come una icona votiva. È il più nobile e il più vivido fiore di mia stirpe, rappresentato dal pennello di un artefice divino. È il ritratto di Alessandro Cantelmo conte di Volturara, dipinto dal Vinci tra l’anno 1493 e il ’94 a Milano dove Alessandro aveva preso stanza con una sua compagnia di gente d’arme, attratto dall’inaudita magnificenza di quello Sforza che voleva fare della città lombarda una nuova Atene.
Nessuna cosa al mondo ha per me un egual pregio, e nessun tesoro mai fu custodito con più appassionata gelosia. Io non mi stanco di ringraziar la Fortuna che ha voluto far risplendere su la mia vita una tanto insigne imagine e concedermi la voluttà incomparabile di un tanto segreto.
«Se tu possiedi una cosa bella, ricòrdati che ogni sguardo altrui usurpa il tuo possesso. Il godimento della contemplazione parteggiato è menomato: e tu rifiùtalo. Qualcuno, per non confondere il suo sguardo con quello dello sconosciuto, non entrò nel museo publico. Ora, se tu veramente possiedi una cosa bella, chiudila con sette porte e coprila con sette velarii.»
E un velario copre la figura magnetica; ma il suo sogno è così profondo, la sua fiamma è così possente che talvolta il tessuto palpita alla veemenza del respiro.
Io diedi dunque al demònico la forma di questo genio familiare; e lo sentii nella solitudine vivere d’una vita assai più intensa della mia. Non aveva io dinnanzi a me, per il prodigio durevole d’uno fra i più grandi rivelatori del mondo, non aveva io dinnanzi a me uno spirito eroico escito dal mio stesso ceppo e costituito da tutti quei caratteri distintivi della prosapia i quali io così acutamente cercava di rivelare in me medesimo e che in esso apparivano con una fierezza di rilievo quasi spaventosa?
«O tu» egli mi diceva impadronendosi della mia anima col suo magnetico sguardo «sii quale devi essere.»
«Per te sarò» io gli diceva «per te sarò qual debbo essere; poichè io ti amo, o bellissimo fiore di mio sangue; poichè io voglio riporre tutto il mio orgoglio nell’obbedire alla tua legge, o dominatore.»
Tu portavi in te una forza bastevole a soggiogare la terra, ma il tuo destino regale non doveva compiersi nel tempo in cui prima apparisti. Tu non fosti, in quel tempo, se non l’annunciatore e il precursore di te medesimo, dovendo riapparire su dal tuo ceppo longevo nella maturità dei secoli futuri, alla soglia di un mondo non anche esplorato dai guerrieri ma già promesso dai sapienti: riapparire come il messaggio l’interprete e il padrone d’una vita nuova.
Per ciò scomparisti d’improvviso, a similitudine d’un semidio, presso un fiume gonfio di acque, tra il fragore della battaglia e dell’uragano, stando il sole per attingere il segno del Leone. La morte non troncò la grande speranza, sì bene la sorte volle differirne il compimento meraviglioso. La tua virtù, che non potè allora manifestarsi in una gesta trionfale al conspetto della terra, dovrà necessariamente risorgere un giorno nella tua stirpe superstite.
«E sia domani! Ed esca il tuo eguale dalla mia genitura! Io invoco ed attendo e preparo il rinascimento della tua virtù con una fede indefettibile, adorando la tua imagine vera, o dominatore pensoso, o tu che mettesti per segno nei libri della Sapienza il filo della tua bella spada ignuda!»
Così io gli diceva. E sotto il suo sguardo e sotto la sua ammonizione, non soltanto mi si moltiplicavano le forze efficaci ma il mio cómpito mi si determinava in linee definitive.
«Tu, dunque, lavorerai ad effettuare il tuo fato e quello della tua stirpe. Tu avrai dinnanzi, nel tempo medesimo, il disegno premeditato della tua esistenza e la visione di un’esistenza superiore alla tua. Tu vivrai nell’idea che ciascuna vita, essendo la somma delle vite precedenti, è la condizione delle future.»
Tu non crederai dunque di essere soltanto principio, motivo e fine del tuo proprio fato, ma sentirai tutto il pregio e tutto il peso dell’eredità che hai ricevuta dai tuoi maggiori e che dovrai trasmettere al tuo discendente contrassegnata dalla tua più gagliarda impronta.
«La concezione sovrana della tua dignità sorga su la certezza, in te ferma, d’essere il tramite conservatore d’una energia molteplice che potrà domani o tra un secolo o nel tempo indefinito affermarsi con una manifestazione sublime. Ma tu spera che sia domani!»
Triplice è il tuo cómpito, dunque, poichè tu hai il dono della poesia e ti studii d’acquistare la scienza delle parole. Triplice è il tuo cómpito:
- condurre con diritto metodo il tuo essere alla perfetta integrità del tipo latino;
- adunare la più pura essenza del tuo spirito e riprodurre la più profonda visione del tuo universo in una sola e suprema opera d’arte;
- preservare le ricchezze ideali della tua stirpe e le tue proprie conquiste in un figliuolo che, sotto l’insegnamento paterno, le riconosca e le coordini in sè per sentirsi degno d’aspirare all’attuazione di possibilità sempre più elevate.
(continua…)