
Il monologo di Giuda
28 Dicembre 2019
Jubilate Deo omnis terra servite Domino in laetitia Alleluia
28 Dicembre 2019Questi versi sono un inno di gratitudine profonda, quasi mistica — una lode che sgorga dal cuore, tremante per la meraviglia di essere stato toccato da qualcosa più grande del sé.
Analisi del testo “Tu sei venuto dal buio”
Questa canzone, nella sua apparente semplicità, è in realtà un canto intimo e profondo rivolto a una Presenza che irrompe nel silenzio, nella notte e nel vuoto dell’animo umano. Non si tratta solo di parole religiose: è un grido di gratitudine che nasce dallo stupore di fronte all’incontro con qualcosa – o meglio Qualcuno – che dà senso a tutto il resto.
1. Un’irruzione di luce nel buio
“Tu sei venuto dal buio
e il mio mantello di notte
hai folgorato di splendore.”
L’immagine iniziale è fortissima. Il “Tu” viene da uno spazio oscuro, ma non è oscurità: è luce. Ed è proprio in quella notte interiore – simbolo di solitudine, paura, dubbio – che si compie l’incontro. Non è la fine della notte, ma una trasfigurazione: il mantello oscuro viene “folgorato di splendore”. È una vera epifania: non si toglie il dolore, ma lo si illumina.
2. Vita che nasce dall’attesa
“Tu sei venuto dal nulla
e il mio groviglio d’attesa
ha germogliato la vita.”
Il passaggio da “buio” a “nulla” accentua il contrasto. È l’esperienza di chi ha atteso a lungo, senza sapere cosa, senza sapere chi. Il “groviglio d’attesa” è una delle immagini più forti della canzone: parla di nodi, confusione, impazienza. Eppure proprio lì germoglia la vita. È una frase che richiama il mistero della fede: quando tutto sembra vuoto e sterile, qualcosa – anzi qualcuno – arriva e fa fiorire l’impossibile.
3. Gratitudine che non chiede spiegazioni
“Grazie di questo mondo che mi hai donato,
grazie di avermi fatto tua creatura,
grazie di questo amore che non conosco,
grazie di questo canto che non è mio.”
La strofa centrale è una dichiarazione di gratitudine pura, non razionalizzata. Non c’è spiegazione, solo riconoscenza. Le quattro frasi iniziano tutte con un “grazie”, come una litania, come un respiro ritmico. E quel “canto che non è mio” svela la natura profonda dell’esperienza: quando si incontra davvero la bellezza o il divino, le parole non bastano. Non sono nostre. Ci superano.
4. Dal silenzio al canto
“Tu sei venuto dal silenzio
e alle mie parole senza eco
hai dato un suono per cantarti.”
Questa strofa è forse la più commovente. Parla della sterilità del dire, dell’esperienza di parlare “senza eco”, cioè senza risposta. È qualcosa che molti provano: parole che cadono nel vuoto, domande senza ascolto. Ma il “Tu” della canzone – ancora una volta misterioso, divino, consolatore – dà un suono a quel vuoto. Lo trasforma in canto. La parola ritrova il suo senso solo quando canta, cioè quando si fa lode, amore, relazione.
Considerazioni finali
“Tu sei venuto dal buio” è una canzone che parla al cuore con delicatezza, senza imposizioni, senza dottrine. È un testo spirituale, ma non esclusivamente religioso: chiunque abbia vissuto un momento di smarrimento, e poi di luce, può riconoscersi in queste parole.
Il “Tu” non è definito. Può essere Dio, Cristo, l’Amore, la Speranza, o persino una persona che ha cambiato la vita. È questo che rende il testo universale: la sua apertura, la sua ambiguità luminosa.
Alla fine, rimane la gratitudine. Un grazie che non ha bisogno di capire tutto per essere detto.
🎶 Testo e accordi:
Tu sei venuto dal buio
Tu sei venuto dal buio
e il mio mantello di notte
hai folgorato di splendore.
Tu sei venuto dal nulla
e il mio groviglio d’attesa
ha germogliato la vita.
Grazie di questo mondo che mi hai donato,
grazie di avermi fatto tua creatura,
grazie di questo amore che non conosco,
grazie di questo canto che non è mio.
Tu sei venuto dal silenzio
e alle mie parole senza eco
hai dato un suono per cantarti.
Grazie di questo mondo che mi hai donato,
grazie di avermi fatto tua creatura,
grazie di questo amore che non conosco,
grazie di questo canto che non è mio.