
Il neolitico
28 Dicembre 2019
Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway
28 Dicembre 2019“Il vecchio al ponte” (“The Old Man at the Bridge”) fu scritto da Ernest Hemingway nel 1938 ed è ambientato durante la Guerra Civile Spagnola (1936-1939).
1. Contesto storico
Hemingway si trovava in Spagna come corrispondente di guerra e il racconto riflette la sua esperienza diretta del conflitto. Il tema principale è lo sfollamento della popolazione civile a causa della guerra.
2. Trama e struttura
Il racconto si svolge in un momento di pausa durante un’evacuazione. Un vecchio, troppo stanco per proseguire, siede sul ciglio della strada mentre la gente fugge attraversando un ponte. Il narratore, un soldato o un giornalista incaricato di monitorare l’avanzata del nemico, si ferma a parlare con lui. Il vecchio rivela di essere originario di San Carlos e di aver dovuto abbandonare gli animali che accudiva: due capre, un gatto e quattro coppie di piccioni.
Mentre il narratore cerca di convincerlo a mettersi in salvo, il vecchio è rassegnato alla sua sorte e preoccupato per gli animali che ha lasciato indietro. Alla fine, troppo stanco per muoversi, rimane seduto mentre la guerra avanza inesorabilmente.
3. Tematiche principali
- L’impatto della guerra sui civili: Il racconto evidenzia come la guerra non colpisca solo i soldati, ma anche le persone comuni, in particolare i più vulnerabili.
- La solitudine e l’impotenza: Il vecchio è solo, senza famiglia e senza speranze. La guerra lo ha privato di tutto, tranne che della sua preoccupazione per gli animali.
- La guerra come forza inarrestabile: L’avanzata dei fascisti sull’Ebro è inarrestabile e il vecchio ne è una vittima inevitabile.
- Il simbolismo degli animali: Gli animali rappresentano diversi aspetti della condizione umana: il gatto, indipendente e capace di sopravvivere, simboleggia chi riesce ad adattarsi; i piccioni possono volare via, simboleggiando la fuga e la speranza; le capre, invece, sono condannate, proprio come il vecchio, incapace di salvarsi.
4. Stile e tecnica narrativa
Hemingway utilizza il suo caratteristico stile minimalista e diretto. Il dialogo è essenziale, e il narratore rimane neutrale, senza esprimere giudizi o emozioni esplicite. L’uso di frasi brevi e della “teoria dell’iceberg” (dove il significato profondo è sottinteso piuttosto che esplicitato) crea un senso di inevitabilità e tristezza.
5. Significato e messaggio
“Il vecchio al ponte” è una riflessione sulla guerra e sulle sue vittime silenziose. Il vecchio rappresenta tutti coloro che vengono travolti dagli eventi e che, per stanchezza, età o destino, non riescono a sfuggire alla tragedia. Hemingway mostra la guerra nella sua brutalità senza bisogno di scene di combattimento: la semplice conversazione tra il narratore e il vecchio trasmette un profondo senso di perdita e fatalismo.
Conclusione
Il racconto di Hemingway è un esempio perfetto del suo stile e della sua capacità di trasmettere grandi emozioni con poche parole. Attraverso la figura del vecchio e il suo legame con gli animali, il lettore percepisce la tragedia di un uomo qualunque, reso impotente dalla guerra, e si trova a riflettere sulla fragilità dell’esistenza umana in tempi di conflitto.
Testo del racconto tradotto in italiano
Ernest Hemingway, Il vecchio al ponte (in inglese: The Old Man by the Bridge) (1938) Racconto breve, Testo completo tradotto in italiano
Un vecchio con gli occhiali cerchiati d’acciaio e i vestiti coperti di polvere sedeva sul ciglio della strada. Sul fiume c’era un ponte di barche e carri, camion, e uomini, donne e bambini lo stavano attraversando. I carri tirati dai muli salivano traballando l’erto argine del fiume verso il ponte con i soldati che aiutavano a spingere contro i raggi delle ruote. I camion vi salivano e se ne allontanavano sferragliando, lasciandoselo rapidamente alle spalle, e i contadini marciavano faticosamente nella polvere che gli arrivava alle caviglie.
Ma il vecchio se ne stava là seduto senza fare un movimento. Era troppo stanco per proseguire. Il mio compito era di attraversare il ponte, esplorare la testa di ponte (il presidio militare che protegge la popolazione mentre fugge dall’altra parte del fiume) al di là e scoprire fino a che punto fosse avanzato il nemico. Lo feci e tornai al ponte. Ora non c’erano più tanti carri e tanta gente a piedi, ma il vecchio era sempre là.
“Da dove vieni?” gli chiesi.
“Da San Carlos” disse lui, e sorrise.
Era il suo paese natale e gli faceva piacere nominarlo. Per questo sorrideva.
“Badavo alle bestie” spiegò.
“Oh” dissi, senza aver capito bene.
“Sì” disse lui “sono rimasto, vede, per badare alle bestie. Sono stato l’ultimo a lasciare il paese di San Carlos”.
Non sembrava né un pastore né un mandriano, e io guardai le sue vesti nere e polverose e la sua faccia grigia e polverosa e i suoi occhiali cerchiati d’acciaio e dissi:
“Che bestie erano?”.
“Diverse bestie” disse lui, e scosse la testa. “Ho dovuto abbandonarle.”
Io guardavo il ponte e la distesa del delta dell’Ebro, col suo aspetto africano, e mi chiedevo quanto tempo sarebbe passato prima che il nemico si mostrasse e intanto tendevo l’orecchio per cogliere i primi rumori che avrebbero segnalato quell’avvenimento sempre misterioso che si chiama contatto, e il vecchio era sempre là seduto.
“Che bestie erano?” chiesi.
“Tutto considerato, erano di tre specie” spiegò lui. “C’erano due capre e un gatto, e poi c’erano quattro coppie di piccioni.”
“E hai dovuto abbandonarle?” chiesi io.
“Sì. A causa dell’artiglieria: il capitano mi ha detto di andarmene a causa dell’artiglieria.”
“E non hai famiglia?” chiesi, guardando l’altra estremità del ponte dove gli ultimi due o tre carri scendevano a rotta di collo per la scarpata dell’argine.
“No” disse lui “solo le bestie che ho detto. Il gatto, si capisce, se la caverà. I gatti sanno badare a se stessi, ma non riesco a immaginare come se la caveranno gli altri.”
“Quali sono le tue idee politiche?” chiesi.
“Non mi occupo di politica” disse lui. “Ho settantasei anni. Ho fatto dodici chilometri e non credo di poter proseguire.”
“Questo non è un buon posto per fermarsi” dissi io. “Se ce la fai, ci sono dei camion in fondo alla strada, al bivio per Tortosa.”
“Aspetterò un po’” disse lui “e poi andrò là. Dove vanno, questi camion?”
“Verso Barcellona” gli dissi.
“Non conosco nessuno da quelle parti” disse lui “ma grazie mille. Di nuovo, grazie mille.”
Mi rivolse un’occhiata molto stanca e molto assente, poi disse, sentendo il bisogno di dividere la sua pena con qualcuno: “Il gatto se la caverà, ne sono certo. Non c’è motivo di preoccuparsi per il gatto. Ma gli altri? Come pensa che se la caveranno, gli altri?”.
“Be’, probabilmente se la caveranno benissimo.”
“Lo crede davvero?”
“Perché no?” dissi, guardando l’argine opposto dove ora non c’erano più carri.
“Ma cosa faranno sotto l’artiglieria, se mi hanno detto di andarmene a causa dell’artiglieria?”
“Hai lasciato aperta la piccionaia?” chiesi.
“Sì.”
“Allora voleranno via.”
“Sì, certo che voleranno via. Ma gli altri? Agli altri è meglio non pensare” disse.
“Se ti sei riposato, io me ne andrei” lo esortai. “Alzati, ora, e cerca di camminare.”
“Grazie” disse lui e si alzò in piedi, barcollò vistosamente e poi ricadde a sedere nella polvere.
“Io badavo alle bestie” disse con voce monotona, non più rivolto a me. “Io badavo soltanto alle bestie.”
Non c’era niente da fare, con quel vecchio. Era la domenica di Pasqua e i fascisti avanzavano sull’Ebro.
Era una giornata grigia e coperta col cielo pieno di nuvole basse. Per questo i loro aerei erano rimasti a terra.
Questo, e il fatto che i gatti sanno badare a se stessi, era tutta la fortuna che il vecchio avrebbe mai avuto.