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2 Giugno 2025Analisi del testo della novella “Jeli il pastore” da “Vita nei campi” (1880) di Giovanni Verga
ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE PRIMA PROVA SCRITTA – PROVA DI ITALIANO – Sessione Suppletiva 2019
TIPOLOGIA A – ANALISI E INTERPRETAZIONE DI UN TESTO LETTERARIO ITALIANO
PROPOSTA A2 – Giovanni Verga, “Jeli il pastore” da “Vita nei campi” (1880)
Contesto: Il protagonista della novella, Jeli, è un ragazzo cresciuto da solo e privo di qualsiasi istruzione che fa il pastore per vivere. Durante l’estate frequenta un giovane coetaneo di nobili origini, don Alfonso. Nella sua ingenuità, Jeli viene indotto a sposare Marta, una giovane popolana di cui è sempre stato innamorato, che con il matrimonio vuole solo garantirsi una posizione sociale e continuare a vedere indisturbata il suo nobile amante, don Alfonso. Quando Jeli scopre la tresca, reagisce assassinando don Alfonso.
Testo: «Dopo che Scordu il Bucchierese si menò via la giumenta calabrese che aveva comprato a San Giovanni, col patto che gliela tenessero nell’armento sino alla vendemmia, il puledro zaino¹ rimasto orfano non voleva darsi pace, e scorazzava su pei greppi del monte con lunghi nitriti lamentevoli, e colle froge² al vento. Jeli gli correva dietro, chiamandolo con forti grida, e il puledro si fermava ad ascoltare, col collo teso e le orecchie irrequiete, sferzandosi i fianchi colla coda. – È perché gli hanno portato via la madre, e non sa più cosa si faccia – osservava il pastore. – Adesso bisogna tenerlo d’occhio perché sarebbe capace di lasciarsi andar giù nel precipizio. Anch’io, quando mi è morta la mia mamma, non ci vedevo più dagli occhi.
Poi, dopo che il puledro ricominciò a fiutare il trifoglio, e a darvi qualche boccata di malavoglia – Vedi! a poco a poco comincia a dimenticarsene.
- Ma anch’esso sarà venduto. I cavalli sono fatti per esser venduti; come gli agnelli nascono per andare al macello, e le nuvole portano la pioggia. Solo gli uccelli non hanno a far altro che cantare e volare tutto il giorno.
Le idee non gli venivano nette e filate l’una dietro l’altra, ché di rado aveva avuto con chi parlare e perciò non aveva fretta di scovarle e distrigarle in fondo alla testa, dove era abituato a lasciare che sbucciassero e spuntassero fuori a poco a poco, come fanno le gemme dei ramoscelli sotto il sole. – Anche gli uccelli, soggiunse, devono buscarsi il cibo, e quando la neve copre la terra se ne muoiono.
Poi ci pensò su un pezzetto. – Tu sei come gli uccelli; ma quando arriva l’inverno te ne puoi stare al fuoco senza far nulla.
Don Alfonso però rispondeva che anche lui andava a scuola, a imparare. Jeli allora sgranava gli occhi, e stava tutto orecchi se il signorino si metteva a leggere, e guardava il libro e lui in aria sospettosa, stando ad ascoltare con quel lieve ammiccar di palpebre che indica l’intensità dell’attenzione nelle bestie che più si accostano all’uomo. Gli piacevano i versi che gli accarezzavano l’udito con l’armonia di una canzone incomprensibile, e alle volte aggrottava le ciglia, appuntava il mento, e sembrava che un gran lavorìo si stesse facendo nel suo interno; allora accennava di sì e di sì col capo, con un sorriso furbo, e si grattava la testa. Quando poi il signorino mettevasi a scrivere per far vedere quante cose sapeva fare, Jeli sarebbe rimasto delle giornate intiere a guardarlo, e tutto a un tratto lasciava scappare un’occhiata sospettosa. Non poteva persuadersi che si potesse poi ripetere sulla carta quelle parole che egli aveva dette, o che aveva dette don Alfonso, ed anche quelle cose che non gli erano uscite di bocca, e finiva col fare quel sorriso furbo.»
Giovanni Verga, da “Jeli il pastore” da “Vita nei campi” (1880)
NOTA:
¹ di colore scuro | ² narici
Comprensione e analisi
Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte alle domande proposte.
- Quali sono le caratteristiche del pastore Jeli ricavabili dal brano?
- L’esperienza limitata di Jeli lo porta a esprimersi attraverso similitudini e immagini legate più al mondo della natura che a quello degli uomini. Rintracciale e cerca di individuare cosa vogliono significare.
- Al mondo contadino di Jeli si contrappone l’esistenza di Don Alfonso, appena accennata, ma emblematica di una diversa condizione sociale. Quali caratteristiche del personaggio emergono dal brano? E come si configura il suo rapporto con Jeli?
- Quali sono le principali conseguenze della mancanza di ogni istruzione nel comportamento del giovane pastore?
Interpretazione
Jeli e Don Alfonso sono due coetanei, la cui esistenza è segnata fin dalla nascita dalla diversa condizione sociale e da percorsi formativi opposti. Rifletti, anche pensando a tanti romanzi dell’Ottocento e del Novecento dedicati alla scuola o alla formazione dei giovani, su come l’istruzione condizioni profondamente la vita degli individui; è un tema di grande attualità nell’Ottocento postunitario, ma è anche un argomento sempre presente nella nostra società, al centro di dibattiti, ricerche, testi letterari.
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Durata massima della prova: 6 ore.
È consentito l’uso del dizionario italiano e del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza) per i candidati
di madrelingua non italiana.
Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla consegna delle tracce.
SVOLGIMENTO DELLA Analisi e Interpretazione di “Jeli il pastore” di Giovanni Verga
Comprensione e Analisi
1. Quali sono le caratteristiche del pastore Jeli ricavabili dal brano?
Dal brano emergono diverse caratteristiche fondamentali del pastore Jeli, che lo definiscono come un personaggio tipicamente verghiano, profondamente legato al suo ambiente e alla sua condizione:
- Ingenuità e Semplicità: Jeli appare estremamente ingenuo e semplice. La sua osservazione sul puledro orfano (“È perché gli hanno portato via la madre, e non sa più cosa si faccia”) è diretta e priva di sovrastrutture. La sua riflessione sul dimenticare il dolore (“Vedi! a poco a poco comincia a dimenticarsene”) mostra una comprensione basilare delle dinamiche emotive, ma non complessa.
- Profondo Legame con la Natura: La sua vita è interamente immersa nel mondo pastorale. Egli comprende gli animali, li osserva con attenzione e ne decodifica i comportamenti, trasferendo le loro esperienze (il puledro orfano) alla propria (la morte della madre). Il suo linguaggio, le sue similitudini e il suo modo di pensare sono intrinsecamente legati al ciclo della natura e alla vita degli animali che accudisce.
- Empatia e Sensibilità: Nonostante la sua rudezza esterna, Jeli dimostra una notevole empatia, in particolare verso il puledro sofferente. Il suo parallelo tra la sofferenza dell’animale e il proprio dolore per la perdita della madre rivela una sensibilità profonda, benché espressa in modo schietto e quasi infantile.
- Mancanza di Istruzione e Ragionamento Elementare: Questa è la caratteristica più marcata. Le sue “idee non gli venivano nette e filate l’una dietro l’altra”. La sua mente opera per associazioni semplici e dirette, senza la capacità di elaborare concetti complessi o astratti. Ragiona per osservazione empirica e per analogie immediate con la natura circostante.
- Curiosità e Meraviglia (mista a Sospetto): Di fronte al sapere di don Alfonso (la lettura, la scrittura), Jeli mostra una grande curiosità e meraviglia. “Sgranava gli occhi, e stava tutto orecchi”. Tuttavia, questa curiosità è spesso accompagnata da un “sospetto” o un “sorriso furbo”, quasi che percepisse una magia o un inganno in ciò che non comprende razionalmente. Non riesce a “persuadersi che si potesse poi ripetere sulla carta quelle parole”.
- Rassegnazione al Destino: La sua visione del mondo è fatalista e rassegnata: “I cavalli sono fatti per esser venduti; come gli agnelli nascono per andare al macello, e le nuvole portano la pioggia.” Questa accettazione dell’ineluttabilità del destino è tipica del mondo contadino verghiano, dove l’uomo è soggetto alle leggi della natura e della miseria.
2. L’esperienza limitata di Jeli lo porta a esprimersi attraverso similitudini e immagini legate più al mondo della natura che a quello degli uomini. Rintracciale e cerca di individuare cosa vogliono significare.
Jeli è un uomo della natura, e le sue riflessioni, pur semplici, sono costantemente filtrate attraverso il mondo animale e vegetale.
- “Il puledro zaino rimasto orfano non voleva darsi pace… Anch’io, quando mi è morta la mia mamma, non ci vedevo più dagli occhi.”
- Significato: Questa è la similitudine centrale. Jeli paragona il proprio dolore per la perdita della madre a quello del puledro. L’immagine serve a esprimere un dolore primitivo, viscerale, comune all’uomo e all’animale, privo di elaborazione intellettuale ma non per questo meno intenso. Sottolinea l’innocenza e la sofferenza dell’essere privato del suo affetto più elementare.
- “Vedi! a poco a poco comincia a dimenticarsene [il puledro].”
- Significato: Il puledro che ricomincia a fiutare il trifoglio è il simbolo di una ripresa, di una capacità naturale di superare il dolore, tipica del mondo animale e che Jeli proietta anche sull’esperienza umana. Il tempo guarisce le ferite.
- “I cavalli sono fatti per esser venduti; come gli agnelli nascono per andare al macello, e le nuvole portano la pioggia. Solo gli uccelli non hanno a far altro che cantare e volare tutto il giorno.”
- Significato: Questa sequenza di similitudini esprime la visione fatalista e deterministica di Jeli e, più in generale, del mondo contadino verghiano. Ogni cosa ha un destino prestabilito: i cavalli la vendita, gli agnelli la macellazione, le nuvole la pioggia. Gli uccelli sono l’unica eccezione apparente, simbolo di libertà e spensieratezza, ma anche questa illusione è subito smentita.
- “Anche gli uccelli… devono buscarsi il cibo, e quando la neve copre la terra se ne muoiono.”
- Significato: Questa correzione della similitudine precedente è cruciale. Jeli, dopo una breve riflessione (“Poi ci pensò su un pezzetto”), capisce che anche la libertà degli uccelli è condizionata dalla dura legge della sopravvivenza. Anche loro sono soggetti al ciclo della vita e della morte dettato dalla natura. La natura non è un idillio, ma un ambiente spietato dove la morte e la fatica sono onnipresenti.
- “Le idee non gli venivano nette e filate l’una dietro l’altra… come fanno le gemme dei ramoscelli sotto il sole.”
- Significato: Questa similitudine spiega il processo mentale di Jeli. Le sue idee non sono il frutto di un ragionamento logico e sequenziale, ma nascono lentamente, “sbucciando e spuntando fuori a poco a poco”, come un processo naturale, quasi vegetale. Sottolinea la sua mente “primitiva”, intuitiva, priva di strumenti concettuali complessi.
- “quel lieve ammiccar di palpebre che indica l’intensità dell’attenzione nelle bestie che più si accostano all’uomo.”
- Significato: Questa similitudine descrive l’attenzione di Jeli mentre don Alfonso legge. Equipara la sua espressione a quella degli animali. Ribadisce il suo legame profondo con il mondo animale e la sua natura istintiva, quasi priva di una razionalità umana “civilizzata”.
3. Al mondo contadino di Jeli si contrappone l’esistenza di Don Alfonso, appena accennata, ma emblematica di una diversa condizione sociale. Quali caratteristiche del personaggio emergono dal brano? E come si configura il suo rapporto con Jeli?
Don Alfonso è il contraltare di Jeli, il rappresentante di un mondo e una condizione sociale completamente diversi:
-
Caratteristiche di Don Alfonso:
- Appartenenza Sociale Superiore: È un “signorino”, un giovane di “nobili origini” (come indicato nel contesto della novella). Questo status sociale si evince dalla sua istruzione (“anche lui andava a scuola, a imparare”) e dalle sue attività (leggere, scrivere), che sono un privilegio e non una necessità di sopravvivenza.
- Intellettualità e Cultura: La sua capacità di leggere e scrivere, di cui Jeli è stupito, lo identifica come un uomo di cultura, inserito in un mondo fatto di concetti e di sapere codificato, ben oltre la semplice osservazione della natura.
- Potere (inconsapevole o disinteressato): Il suo sapere e la sua posizione gli conferiscono un potere implicito su Jeli, il quale lo guarda con ammirazione e un velo di sospetto, ma anche con una sorta di soggezione.
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Rapporto con Jeli:
- Asimmetria Sociale e Culturale: Il rapporto tra i due è caratterizzato da una profonda asimmetria. Don Alfonso è il detentore del sapere e del potere, Jeli è l’ignorante che guarda con ammirazione ma anche con un istintivo sospetto. Nonostante siano “coetanei” (come suggerito dal contesto), la loro condizione li rende profondamente diversi.
- Curiosità di Jeli, Indifferenza/Divertimento di Don Alfonso: Jeli è attratto e affascinato dal mondo di don Alfonso, mentre don Alfonso sembra accettare la compagnia di Jeli con una certa leggerezza, forse divertito dalla sua ingenuità, ma senza una vera comprensione della sua condizione o dei suoi pensieri più profondi. Egli è il “maestro” occasionale, che legge e scrive, e Jeli è l’alunno non convenzionale, che “sgranava gli occhi” e “stava tutto orecchi”.
- Mancanza di Vera Comunicazione: Nonostante stiano insieme, non c’è una vera comunicazione paritaria. Jeli si sforza di capire, il suo “gran lavorìo” interiore e i suoi “sorrisi furbi” indicano un tentativo di decifrare un mondo a lui estraneo. Don Alfonso, invece, sembra semplicemente esibire le sue conoscenze, senza interessarsi realmente a ciò che Jeli pensa o prova. Questa dinamica anticipa il tragico epilogo, dove l’incomprensione e la diversità di mondi porteranno al conflitto finale.
4. Quali sono le principali conseguenze della mancanza di ogni istruzione nel comportamento del giovane pastore?
La mancanza di istruzione ha conseguenze profonde e pervasive sul comportamento e sulla mentalità di Jeli:
- Ragionamento non Logico-Lineare: Come esplicitamente affermato nel testo, “Le idee non gli venivano nette e filate l’una dietro l’altra”. La sua mente non è abituata alla concatenazione logica dei pensieri, tipica dell’istruzione formale. Questo lo porta a conclusioni semplici, basate su associazioni immediate e concrete, come quelle che derivano dall’osservazione della natura.
- Visione Fatalistica e Predeterminista: Non avendo gli strumenti per analizzare le cause e gli effetti sociali, Jeli attribuisce gli eventi a un destino immutabile, una legge di natura che equipara la sorte degli animali (agnelli al macello, cavalli venduti) a quella degli uomini. Questo lo rende passivo e rassegnato di fronte alle ingiustizie o alle sfortune, perché le percepisce come ineluttabili.
- Dipendenza dalla Natura e dall’Esperienza Diretta: La sua conoscenza del mondo è limitata a ciò che può osservare e toccare. Le sue riflessioni sono sempre ancorate al concreto (il puledro, le nuvole, gli uccelli, le gemme). Questo lo rende incapace di comprendere fenomeni astratti o sistemi complessi (come la scrittura, le leggi sociali, le dinamiche di potere), che gli appaiono quasi magici o incomprensibili.
- Isolamento Intellettuale: La frase “di rado aveva avuto con chi parlare e perciò non aveva fretta di scovarle e distrigarle in fondo alla testa” suggerisce un isolamento non solo sociale ma anche intellettuale. La mancanza di confronto e dialogo con altri individui istruiti ha impedito lo sviluppo di capacità di elaborazione del pensiero più sofisticate.
- Sospetto verso l’Ignoto: Ciò che non comprende genera in lui meraviglia ma anche sospetto. La scrittura di don Alfonso, ad esempio, non è vista come un’abilità appresa, ma come un “trucco” o qualcosa di misterioso e forse non del tutto onesto (“un’occhiata sospettosa”, “sorriso furbo”). Questa diffidenza è una forma di autodifesa intellettuale, l’incapacità di penetrare un mondo che gli è precluso.
- Incapacità di Autodeterminazione: La sua rassegnazione e la sua visione fatalistica gli impediscono di immaginare un futuro diverso o di agire attivamente per cambiarlo. Egli accetta la sua sorte, non ha gli strumenti per contestare l’ordine costituito o per concepire un’alternativa alla sua vita di pastore. Questo, nel prosieguo della novella, lo renderà vulnerabile all’inganno di Marta e don Alfonso.
Interpretazione
Jeli e Don Alfonso sono due coetanei, la cui esistenza è segnata fin dalla nascita dalla diversa condizione sociale e da percorsi formativi opposti. Rifletti, anche pensando a tanti romanzi dell’Ottocento e del Novecento dedicati alla scuola o alla formazione dei giovani, su come l’istruzione condizioni profondamente la vita degli individui; è un tema di grande attualità nell’Ottocento postunitario, ma è anche un argomento sempre presente nella nostra società, al centro di dibattiti, ricerche, testi letterari.
Il confronto tra Jeli e don Alfonso in “Jeli il pastore” è un esempio paradigmatico di come Giovanni Verga, e più in generale il Verismo, affronti il tema dell’istruzione e del suo impatto sulla vita degli individui. Nell’Italia postunitaria, l’istruzione era un tema di cruciale attualità: la nuova nazione doveva affrontare un’altissima percentuale di analfabetismo, soprattutto nelle regioni meridionali e nelle campagne, e la scuola era vista come uno strumento fondamentale per la modernizzazione e la coesione sociale. Tuttavia, Verga ci mostra la realtà cruda e le profonde disuguaglianze.
L’Istruzione come Determinante Sociale e Mentale:
Nel testo, l’istruzione è un confine invalicabile tra due mondi. Don Alfonso, il “signorino”, frequenta la scuola, impara a leggere e scrivere, acquisendo strumenti che gli permettono di comprendere e dominare la realtà in modo razionale. La sua cultura gli apre le porte della società “civilizzata”, gli conferisce uno status e una percezione del mondo che Jeli non può neanche immaginare. L’istruzione, per don Alfonso, è la chiave per la mobilità sociale (o per il mantenimento di uno status elevato) e per una complessità di pensiero che gli permette di agire con consapevolezza, anche se, nel caso specifico del suo comportamento con Marta e Jeli, in modo moralmente discutibile.
Jeli, al contrario, è la personificazione dell’individuo “vinto”, schiacciato dalla mancanza di istruzione. La sua mente è “primitiva”, le sue idee “non filate”, il suo modo di comprendere il mondo si limita all’analogia con la natura. Non è un caso che Verga lo descriva come se avesse una mente “naturale”, quasi “vegetale”, che elabora i pensieri lentamente, come “gemme dei ramoscelli”. Questa mancanza di strumenti concettuali gli impedisce di comprendere le dinamiche sociali complesse, le astuzie umane, le sfumature delle relazioni. Egli non può che leggere la vita attraverso le leggi semplici e brutali della natura (la vendita, la macellazione), perché non gli sono stati forniti altri “codici” interpretativi.
Le Conseguenze della Mancanza di Istruzione:
La mancanza di istruzione per Jeli non è solo assenza di sapere, ma la causa profonda della sua ingenuità esistenziale. Essa lo rende:
- Vulnerabile e Manipolabile: Non avendo gli strumenti critici per decifrare le intenzioni altrui, Jeli diventa facile preda dell’inganno di Marta e don Alfonso. La sua purezza d’animo, non mediata da una razionalità sviluppata, si trasforma in debolezza.
- Incapace di Autodeterminazione: La sua visione fatalistica è un diretto prodotto della sua ignoranza. Non potendo comprendere i meccanismi sociali ed economici che lo opprimono, accetta la sua sorte come un destino ineluttabile. Non sa immaginare alternative, non sa lottare per un cambiamento se non con una reazione istintiva e violenta (come l’omicidio finale di don Alfonso), che è l’unica forma di “giustizia” che la sua mente primitiva può concepire.
- Isolato dalla Società “Moderna”: La sua incapacità di comprendere la scrittura, di cui don Alfonso è maestro, simboleggia il suo totale isolamento da quella che è la cultura dominante, il motore della società moderna. Egli è confinato in un mondo arcaico, le cui regole sono diverse e spesso in conflitto con quelle del mondo “civile”.
Il Tema dell’Istruzione nell’Ottocento e nel Novecento:
Il tema dell’istruzione come fattore determinante nella vita degli individui ha attraversato tutta la letteratura, in particolare dall’Ottocento in poi.
- Nel XIX secolo, con la nascita degli stati nazionali e l’avvento della borghesia, la scuola diventa un veicolo di ascesa sociale e di formazione dell’identità nazionale. Romanzi come Cuore di De Amicis esaltano il valore morale e civile dell’istruzione, presentandola come uno strumento per la costruzione del “buon cittadino”. Per i realisti e i naturalisti (come Verga e i suoi contemporanei francesi, penso a Zola), l’istruzione è anche il discrimine tra chi può aspirare a una vita migliore e chi è condannato all’immobilità sociale. L’assenza di istruzione è spesso legata alla miseria e al destino di sventura dei “vinti”.
- Nel XX secolo, la riflessione sull’istruzione si fa più complessa, esplorando le sue sfide e le sue criticità. Si pensi a opere che ne denunciano le storture (la scuola come istituzione oppressiva o alienante, come in certi romanzi di formazione tedeschi o nell’antipedagogia), o che ne esplorano il ruolo nella costruzione dell’identità individuale e collettiva. La scuola diventa spesso il luogo del confronto tra tradizione e modernità, tra libertà e conformismo. Testi che affrontano la formazione dei giovani, come Il Maestro di Mario Lodi o Lettera a una professoressa di Don Milani, mettono in luce l’importanza cruciale di una scuola inclusiva e attenta alle reali esigenze degli studenti, soprattutto quelli provenienti da contesti svantaggiati, denunciando come la mancanza di una adeguata istruzione possa ancora oggi perpetuare le disuguaglianze.
In sintesi, la novella “Jeli il pastore” non è solo il tragico racconto di un amore disgraziato, ma una potente riflessione sulla funzione dell’istruzione come strumento di emancipazione o di condanna sociale. Verga, attraverso il destino di Jeli, ci mostra che la mancanza di conoscenza non è un’innocua assenza, ma una forza distruttiva che deforma la mente, impedisce il libero arbitrio e sigilla gli individui in un destino di immutabile, e spesso tragica, rassegnazione. Un messaggio che, pur radicato nell’Italia postunitaria, rimane di bruciante attualità.
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