
Lettera aperta al ministro per reintrodurre le prove scritte all’esame di ma…
11 Giugno 2025
Analisi di “La sabbia del tempo” di Gabriele D’Annunzio
11 Giugno 2025ITALIANO Traccia ufficiale della prima prova scritta dell’Esame di Stato 2023 (Tipologia C tema di attualità)
Testo integrale della traccia ufficiale per la Tipologia C2
SESSIONE ORDINARIA 2023 – PRIMA PROVA SCRITTA
Ministero dell’istruzione e del merito
TIPOLOGIA C – RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITÀ
ESAME DI STATO 2023 – PRIMA PROVA SCRITTA
Ministero dell’Istruzione e del Merito – Sessione Ordinaria
TIPOLOGIA C – RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITÀ
PROPOSTA C2
Testo tratto da: Marco Belpoliti, Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp, in la Repubblica, 30 gennaio 2018
(https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/01/31/elogio-dellattesa-nellera-whatsapp35.html)
«Non sappiamo più attendere. Tutto è diventato istantaneo, in “tempo reale”, come si è cominciato a dire da qualche anno. La parola chiave è: “Simultaneo”. Scrivo una email e attendo la risposta immediata. Se non arriva m’infastidisco: perché non risponde? Lo scambio epistolare in passato era il luogo del tempo differito. Le buste andavano e arrivavano a ritmi lenti. Per non dire poi dei sistemi di messaggi istantanei cui ricorriamo: WhatsApp. Botta e risposta.
Eppure tutto intorno a noi sembra segnato dall’attesa: la gestazione, l’adolescenza, l’età adulta. C’è un tempo per ogni cosa, e non è mai un tempo immediato. […]
Chi ha oggi tempo di attendere e di sopportare la noia? Tutto e subito. È evidente che la tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale nel ridurre i tempi d’attesa, o almeno a farci credere che sia sempre possibile farlo. Certo a partire dall’inizio del XIX secolo tutto è andato sempre più in fretta. L’efficienza compulsiva è diventato uno dei tratti della psicologia degli individui. Chi vuole aspettare o, peggio ancora, perdere tempo? […]
Eppure ci sono ancora tanti tempi morti: “Si prega di attendere” è la risposta che danno i numeri telefonici che componiamo quasi ogni giorno. Aspettiamo nelle stazioni, negli aeroporti, agli sportelli, sia quelli reali che virtuali. Attendiamo sempre, eppure non lo sappiamo più fare. Come minimo ci innervosiamo. L’attesa provoca persino rancore. Pensiamo: non si può fare più velocemente?»
Consegna
Nell’articolo di Marco Belpoliti viene messo in evidenza un atteggiamento oggi molto comune: il non sapere attendere, il volere tutto e subito. A partire dal testo proposto e traendo spunto dalle tue esperienze, dalle tue conoscenze e dalle tue letture, rifletti su quale valore possa avere l’attesa nella società del “tempo reale”.
Puoi articolare il tuo elaborato in paragrafi opportunamente titolati e presentarlo con un titolo complessivo che ne esprima sinteticamente il contenuto.
MODALITÀ DI SVOLGIMENTO
- Durata massima della prova: 6 ore
- È consentito l’uso del dizionario italiano e del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza) per i candidati di madrelingua non italiana
- Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla consegna delle tracce

📝SVOLGIMENTO
L’Elogio dell’Attesa: Riscoprire il Valore del Tempo nella Società del “Tutto e Subito”
L’articolo di Marco Belpoliti, “Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp”, colpisce nel segno, mettendo in evidenza un tratto distintivo e, a mio avviso, problematico della società contemporanea: l’incapacità di attendere, il desiderio quasi compulsivo di “volere tutto e subito”. In un mondo dominato dal “tempo reale” e dalla “simultaneità”, il valore dell’attesa si è progressivamente smarrito, lasciando spazio a una frenesia che rischia di impoverire la nostra esperienza e la nostra capacità di sopportare la “noia”. Ritengo che riscoprire il significato e la funzione dell’attesa sia fondamentale per una vita più consapevole e ricca, in contrapposizione alla bulimia della velocità che ci caratterizza.
L’Impatto della Tecnologia sulla Percezione del Tempo
Belpoliti individua correttamente nella tecnologia uno dei principali responsabili della nostra difficoltà ad attendere. Dal XIX secolo, l’accelerazione dei trasporti e delle comunicazioni ha progressivamente ridotto i tempi morti, generando l’illusione che “sia sempre possibile farlo” più velocemente. L’esempio dello “scambio epistolare” di una volta, lento e differito, contrapposto all’istantaneità di e-mail e WhatsApp, è emblematico. Oggi, se una risposta non arriva immediatamente, si prova fastidio, irritazione, persino “rancore”. Questa “efficienza compulsiva” è diventata un tratto psicologico diffuso, che ci spinge a considerare l’attesa e, peggio ancora, la “perdita di tempo”, come un male da evitare a ogni costo. Ho osservato, nella mia esperienza quotidiana, come la minima interruzione della connettività (un ritardo nella risposta a un messaggio, un buffering di un video) generi immediatamente frustrazione. Sembra che la nostra mente si sia abituata a un ritmo così accelerato da non tollerare più le pause.
Eppure, come sottolinea l’autore, l’attesa rimane una dimensione ineludibile dell’esistenza. “Si prega di attendere” è la risposta che ci accompagna negli aeroporti, nelle stazioni, agli sportelli, sia fisici che virtuali. Il paradosso è che “aspettiamo sempre, eppure non lo sappiamo più fare”. Questo indica una disconnessione tra la realtà dei fatti e la nostra capacità di affrontare emotivamente il tempo che passa.
Il Valore dell’Attesa: Una Dimensione Necessaria per la Vita
Ma quale valore può avere l’attesa nella società del “tempo reale”? A mio avviso, l’attesa è una dimensione essenziale per la maturazione, la consapevolezza e l’arricchimento dell’esperienza umana.
Innanzitutto, l’attesa è intrinseca a molti processi naturali e vitali. Belpoliti cita “la gestazione, l’adolescenza, l’età adulta”: sono tutte fasi che richiedono un tempo fisiologico per svilupparsi pienamente. Non si può accelerare la crescita di un albero, né la maturazione di un frutto, e lo stesso vale per molti processi umani. L’attesa ci insegna la pazienza, la resilienza e la fiducia nel tempo necessario affinché le cose prendano forma. In un’epoca che ci spinge a “volere tutto e subito”, riscoprire l’attesa significa riconnettersi con i ritmi naturali e imparare che non tutto è immediatamente controllabile o raggiungibile.
In secondo luogo, l’attesa è il terreno fertile per la riflessione e la creatività. La “noia”, spesso temuta e combattuta con il riempimento compulsivo di ogni istante (scrollando sui social, guardando serie TV, giocando online), può in realtà essere uno spazio prezioso. È nel “tempo morto” che la mente è libera di vagare, di elaborare pensieri, di connettere idee in modo non lineare. Molte delle mie intuizioni o delle soluzioni a problemi complessi sono arrivate non durante un’attività frenetica, ma in momenti di attesa, durante un viaggio in treno o una passeggiata. L’attesa ci costringe a confrontarci con noi stessi, a elaborare le emozioni, a coltivare la pazienza e a stimolare l’immaginazione.
Infine, l’attesa conferisce valore e significato all’obiettivo. Se ogni desiderio è immediatamente soddisfatto, la gratificazione è effimera. La preparazione per un evento, la ricerca di un risultato, il desiderio di un incontro, se preceduti da un periodo di attesa, amplificano il piacere del raggiungimento. L’attesa trasforma un mero evento in un’esperienza significativa, carica di anticipazione e di valore emotivo. Pensiamo all’attesa di un esame importante: la tensione e lo studio che la precedono rendono la soddisfazione del superamento molto più gratificante.
Riscoprire il Tempo: Un Atto di Resistenza
Nella società del “tempo reale”, riscoprire il valore dell’attesa diventa quasi un atto di resistenza. Significa non soccombere alla tirannia dell’efficienza compulsiva e alla bulimia del consumo, ma scegliere consapevolmente di decelerare. Questo può tradursi in piccoli gesti quotidiani: dedicare più tempo alla lettura di un libro, piuttosto che scorrere reel veloci; praticare la meditazione o semplicemente “non fare nulla” per qualche minuto; aspettare una risposta senza ansia ossessiva.
Il mio percorso di studi, in cui la capacità di approfondire e di elaborare i concetti richiede pazienza e attenzione, mi ha insegnato l’importanza del tempo differito. E le mie esperienze personali, come l’organizzazione di un viaggio (che richiede mesi di attesa e preparazione) o la coltivazione di un’amicizia (che si nutre di tempo e di non-immediatezza), mi confermano che i legami più profondi e le soddisfazioni più durature sono spesso il frutto di un’attesa paziente e consapevole.
In conclusione, l’articolo di Marco Belpoliti è un prezioso invito a riflettere su un aspetto apparentemente banale della nostra vita, ma in realtà profondamente legato alla nostra salute psicologica e alla qualità delle nostre esperienze. Il “non sapere attendere” è una spia di una società che rischia di perdere la capacità di vivere pienamente il presente e di proiettarsi in un futuro significativo. Riscoprire l’attesa, abbracciare la noia e la lentezza, non è un passo indietro, ma un’opportunità per riappropriarci del nostro tempo e per coltivare una vita più ricca, più autentica e, paradossalmente, più efficiente nel suo significato più profondo.