Capitolo venticinquesimo dei Promessi Sposi
28 Dicembre 2019Complemento di luogo
28 Dicembre 2019“Ardo d’amore e conviemmi cantare” è una poesia da La Nencia da Barberino, una delle opere più celebri di Lorenzo de’ Medici, in cui si manifesta in maniera chiara lo stile rustico e popolareggiante, caratteristico di questo componimento.
Il tono giocoso e affettuoso si unisce alla celebrazione di un amore semplice e contadino, lontano dai fasti della corte fiorentina.
Contestualizzazione nell’Opera
La Nencia da Barberino è un idillio di endecasillabi sotto forma di canto popolare in ottave, composta da Lorenzo de’ Medici nella seconda metà del XV secolo. Essa si inserisce nel filone del poema bucolico e, nello specifico, rappresenta una parodia dei canoni classici della poesia d’amore. Il poema narra di Vallera, un pastore, che si lamenta per il suo amore non corrisposto verso Nencia, una contadina di Barberino. La composizione gioca sulla tensione tra l’elevatezza formale tipica della poesia amorosa e la dimensione contadina e vernacolare dei protagonisti e dell’ambiente.
Brano della poesia letto in classe
1
Ardo d’amore et conviemmi cantare
per una dama che mi strugge il core,
c’ogn’otta ch’i’ la sento ricordare
el cor mi brilla et par che gli esca fore.
Ella non truova di bellezze pare,
cogli occhi gitta fiaccole d’amore;
io sono stato in ciptà et castella
et mai non vidi gnuna tanto bella.
2
Io sono stato a Empoli al mercato,
a Prato, a Monticelli, a San Casciano,
a Colle, a Poggibonzi, a San Donato,
et quindamonte insino a Decomano;
Feghine, Castelfranco ho ricercato,
San Piero, e ‘l Borgo, Mangona et Gagliano:
più bel mercato che nel mondo sia
è Barberino, dov’è la Nencia mia.
3
Non vidi mai fanciulla tanto onesta,
né tanto saviamente rilevata;
non vidi mai la più leggiadra testa,
né sì lucente, né sì ben quadrata;
con quelle ciglia che pare una festa,
quand’ella l’alza ched ella me guata;
entro quel mezzo è ‘l naso tanto bello,
che par proprio bucato col succhiello.
4
Le labbra rosse paion de corallo,
e havvi drento duo filar’ de denti
che son più bianchi che que’ del cavallo:
da ogni lato ve n’ha più de venti.
Le gote bianche paion de cristallo,
senz’altro liscio, né scorticamenti,
rosse entro ‘l mezzo, quant’è una rosa,
che non se vide mai sì bella cosa.
[…]
10
Ben se ne potrà chiamare avventurato,
chi fie marito de sì bella moglie;
ben se potrà tenere in buon dì nato,
chi arà quel fioraliso sanza foglie;
ben se potrà tener santo e bïato,
e fien guarite tutte le sue doglie,
aver quel viso e vederselo in braccio,
morbido e bianco, che pare un sugnaccio.
La poesia in esame esprime chiaramente la sofferenza amorosa del pastore Vallera. Il verso iniziale “Ardo d’amore et conviemmi cantare” presenta immediatamente l’urgenza del sentimento, che spinge l’innamorato a esprimersi in canto, come richiedeva la tradizione lirica. L’ossimoro tra il “brillare” del cuore e il “struggersi” d’amore ricorda temi tipici della poesia stilnovista e cortese, ma in un contesto volutamente più semplice e rustico.
L’Esaltazione della Bellezza di Nencia
Il tema della bellezza della donna amata è centrale. Vallera descrive Nencia come una creatura senza pari, che sprigiona bellezza e amore con il solo sguardo: “cogli occhi gitta fiaccole d’amore”. La metafora delle “fiaccole d’amore” riprende immagini classiche della tradizione lirica, ma applicate a una contadina di Barberino, creando un contrasto ironico tra la maestosità del linguaggio e l’umiltà della figura di Nencia. Questo contrasto enfatizza il carattere parodico dell’opera, in cui il sublime viene applicato a una realtà umile.
Il Tema del Viaggio e la Ricerca di Bellezza
La seconda parte del brano introduce un motivo tipico della poesia popolare: il viaggio del pastore per confrontare la bellezza della sua amata con quella delle altre donne che ha incontrato nei diversi luoghi. Vallera elenca una serie di città e borghi toscani: “Io sono stato a Empoli al mercato, / a Prato, a Monticelli, a San Casciano”, fino a giungere alla conclusione che “più bel mercato che nel mondo sia / è Barberino, dov’è la Nencia mia”. Questo elenco di luoghi assume un duplice significato: da una parte, Vallera cerca di dimostrare la superiorità di Nencia, dichiarando di non aver mai visto una donna più bella in nessun luogo visitato. Dall’altra, la precisione geografica e la ripetizione creano un effetto comico, accentuando l’ossessiva devozione del pastore verso la sua Nencia.
La Poetica del Popolare
Lorenzo de’ Medici utilizza abilmente la lingua e il metro per calare l’elevatezza della poesia d’amore in un contesto rurale, vicino al linguaggio e alla vita quotidiana del popolo. La musicalità delle ottave e l’uso di immagini tipiche della poesia d’amore cortese vengono reinterpretate in una chiave più bassa e quotidiana. La Nencia da Barberino, come altre opere di Lorenzo, riflette il suo interesse per il mondo contadino e per le sue tradizioni, ma anche il suo gusto per la mescolanza di alto e basso, di sacro e profano.
Conclusione
La poesia inserita all’interno de La Nencia da Barberino è un esempio della capacità di Lorenzo de’ Medici di giocare con i registri letterari. In essa si fondono l’eleganza della poesia amorosa e la semplicità della vita rurale, creando un effetto che è allo stesso tempo affettuoso e ironico. Nencia diventa simbolo di una bellezza popolare e autentica, elevata attraverso il linguaggio a livelli quasi mitici, ma senza mai perdere il suo legame con la terra e con la realtà quotidiana del mondo contadino.