Perch’i’ no spero di tornar giammai di Guido Cavalcanti
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28 Dicembre 2019Astolfo è uno dei personaggi principali del “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto, e il suo viaggio sulla Luna è uno degli episodi più famosi e simbolicamente ricchi del poema.
Questa sezione narra di come Astolfo, con l’aiuto di San Giovanni Evangelista, riesce a raggiungere la Luna per recuperare il senno perduto di Orlando.
Sintesi dell’Episodio
Astolfo, uno dei paladini di Carlo Magno, si trova a dover recuperare il senno di Orlando, impazzito per amore di Angelica. Con l’aiuto di San Giovanni Evangelista, Astolfo vola sulla Luna a bordo del carro di Elia, trainato da ippogrifi.
Descrizione della Luna
Sulla Luna, Astolfo scopre un mondo speculare alla Terra, dove si trovano tutte le cose perdute dagli uomini. Qui vede oggetti e situazioni che rappresentano simbolicamente le vanità e le follie umane, tra cui doni fatti con la speranza di ottenere ricompense, adulazioni, amori inutilmente assecondati, e autorità date ai cortigiani.
Struttura e contenuto
Le ottave riportate appartengono al Canto XXXIV dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. In questa sezione, Astolfo, uno dei paladini, è sulla Luna, dove ha il compito di recuperare il senno perduto di Orlando. Questo episodio è ricco di allegorie e satira, criticando le vanità e le follie umane.
Parafrasi delle ottave
Ottava 70
Testo
Tutta la sfera varcano del fuoco,
ed indi vanno al regno de la luna.
Veggon per la più parte esser quel loco
come un acciar che non ha macchia alcuna;
e lo trovano uguale, o minor poco
di ciò ch’in questo globo si raguna,
in questo ultimo globo de la terra,
mettendo il mar che la circonda e serra.
Parafrasi
Astolfo e la sua guida attraversano la sfera del fuoco e giungono alla Luna. Vedono che quel luogo è simile a un acciaio lucido e senza macchie, e lo trovano grande quanto o poco più piccolo della Terra, considerando anche i mari che la circondano.
Ottava 71
Testo
Quivi ebbe Astolfo doppia meraviglia:
che quel paese appresso era sì grande,
il quale a un picciol tondo rassimiglia
a noi che lo miriam da queste bande;
e ch’aguzzar conviengli ambe le ciglia,
s’indi la terra e ‘l mar ch’intorno spande,
discerner vuol; che non avendo luce,
l’imagin lor poco alta si conduce.
Parafrasi
Astolfo si meraviglia due volte: la Luna, vista da vicino, è grande, mentre da Terra appare piccola; e per distinguere la Terra e i mari da lì, deve sforzare la vista, poiché, senza luce propria, la loro immagine è poco visibile.
Ottava 72
Testo
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c’han le cittadi, hanno i castelli suoi,
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
e vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
Parafrasi
Sulla Luna ci sono fiumi, laghi, campagne, pianure, valli e montagne diversi da quelli sulla Terra, con città e castelli dalle case così grandi che Astolfo non ne ha mai viste di simili. Ci sono anche grandi e solitarie foreste dove le ninfe cacciano sempre le belve.
Ottava 73
Testo
Non stette il duca a ricercar il tutto;
che là non era asceso a quello effetto.
Da l’apostolo santo fu condutto
in un vallon fra due montagne istretto,
ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro diffetto,
o per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna.
Parafrasi
Astolfo non si fermò a esplorare tutto, perché non era salito per questo scopo. Fu condotto da San Giovanni in una valle tra due montagne, dove miracolosamente si raccoglie ciò che si perde sulla Terra per colpa nostra, del tempo o della Fortuna.
Ottava 74
Testo
Non pur di regni o di ricchezze parlo,
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch’in poter di tor, di darlo
non ha Fortuna, intender voglio ancora.
Molta fama è là su, che, come tarlo,
il tempo al lungo andar qua giù divora:
là su infiniti prieghi e voti stanno,
che da noi peccatori a Dio si fanno.
Parafrasi
Non parlo solo di regni o ricchezze, che sono soggetti all’instabilità della Fortuna, ma anche di ciò che la Fortuna non può togliere o dare. Lassù c’è molta fama, che il tempo consuma sulla Terra come un tarlo, e ci sono preghiere e voti fatti dai peccatori a Dio.
Ottava 75
Testo
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l’inutil tempo che si perde a giuoco,
e l’ozio lungo d’uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti qua giù,
là su salendo ritrovar potrai.
Parafrasi
Le lacrime e i sospiri degli amanti, il tempo perso nei giochi, l’ozio degli ignoranti, i progetti vani che non si realizzano e i desideri inutili sono così tanti da occupare la maggior parte di quel luogo: tutto ciò che si perde sulla Terra, salendo lassù si può ritrovare.
Ottava 76
Testo
Passando il paladin per quelle biche,
or di questo or di quel chiede alla guida.
Vide un monte di tumide vesiche,
che dentro parea aver tumulti e grida;
e seppe ch’eran le corone antiche
e degli Assiri e de la terra lida,
e de’ Persi e de’ Greci, che già furo
incliti, ed or n’è quasi il nome oscuro.
Parafrasi
Passando tra quei mucchi, Astolfo chiede alla guida informazioni su varie cose. Vede un monte di vesciche rigonfie, che sembrano contenere tumulti e grida, e scopre che rappresentano i regni antichi degli Assiri, della Lidia, dei Persiani e dei Greci, un tempo famosi ma ora quasi dimenticati.
Ottava 77
Testo
Ami d’oro e d’argento appresso vede
in una massa, ch’erano quei doni
che si fan con speranza di mercede
ai re, agli avari principi, ai patroni.
Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede,
ed ode che son tutte adulazioni.
Di cicale scoppiate imagine hanno
versi ch’in laude dei signor si fanno.
Parafrasi
Astolfo vede poi una massa di ami d’oro e d’argento, rappresentazione dei doni che si offrono ai re, ai principi avari e ai patroni nella speranza di una ricompensa. Vede inoltre trappole nascoste in ghirlande, che rappresentano tutte le adulazioni. Le poesie scritte in lode dei signori hanno l’aspetto di cicale scoppiate per il troppo cantare.
Ottava 78
Testo
Di nodi d’oro e di gemmati ceppi
vede c’han forma i mal seguiti amori.
V’eran d’aquile artigli; e che fur, seppi,
l’autorità ch’ai suoi danno i signori.
I mantici ch’intorno han pieni i greppi,
sono i fumi dei principi e i favori
che danno un tempo ai ganimedi suoi,
che se ne van col fior degli anni poi.
Parafrasi
Astolfo vede ceppi d’oro e gemmati che rappresentano gli amori mal seguiti. Vede artigli d’aquila, simbolo dell’autorità che i signori concedono ai loro uomini. I mantici intorno ai declivi rappresentano i favori e gli onori effimeri concessi dai principi ai loro giovani favoriti, che svaniscono con la giovinezza.
Ottava 79
Testo
Ruine di cittadi e di castella
stavan con gran tesor quivi sozzopra.
Domanda, e sa che son trattati, e quella
congiura che sì mal par che si cuopra.
Vide serpi con faccia di donzella,
di monetieri e di ladroni l’opra:
poi vide boccie rotte di più sorti,
ch’era il servir de le misere corti.
Parafrasi
Astolfo vede rovine di città e castelli sparse con grandi tesori. Chiede e apprende che rappresentano trattati politici e congiure mal celate. Vede serpenti con volto di fanciulla, simbolo dei falsari e dei ladroni. Poi vede ampolle rotte, che rappresentano la servitù delle misere corti.
Ottava 80
Testo
Di versate minestre una gran massa
vede, e domanda al suo dottor ch’importe.
“L’elemosina è (dice) che si lassa
alcun, che fatta sia dopo la morte.”
Di vari fiori ad un gran monte passa,
ch’ebbe già buono odore, or putia forte.
Questo era il dono (se però dir lece)
che Costantino al buon Silvestro fece.
Parafrasi
Astolfo vede una grande massa di minestre rovesciate e chiede al suo dottore cosa significhi. Gli viene risposto che rappresentano l’elemosina lasciata da qualcuno per essere fatta dopo la morte. Passa poi accanto a una montagna di fiori vari, che una volta profumavano ma ora puzzano. Questo rappresenta il dono che Costantino fece a papa Silvestro.
Ottava 81
Testo
Vide gran copia di panie con visco,
ch’erano, o donne, le bellezze vostre.
Lungo sarà, se tutte in verso ordisco
le cose che gli fur quivi dimostre;
che dopo mille e mille io non finisco,
e vi son tutte l’occurrenze nostre:
sol la pazzia non v’è poca né assai;
che sta qua giù, né se ne parte mai.
Parafrasi
Astolfo vede una gran quantità di trappole con vischio, che rappresentano le bellezze delle donne. Sarebbe lungo elencare tutte le cose mostrate a lui in versi, poiché dopo mille e mille non finirebbe mai, perché ci sono tutti i casi che riguardano l’umanità. Solo la pazzia non è né poca né molta lì, poiché rimane sempre sulla Terra e non se ne va mai.
Ottava 82
Testo
Quivi ad alcuni giorni e fatti sui,
ch’egli già avea perduti, si converse;
che se non era interprete con lui,
non discernea le forme lor diverse.
Poi giunse a quel che par sì averlo a nui,
che mai per esso a Dio voti non ferse;
io dico il senno: e n’era quivi un monte,
solo assai più che l’altre cose conte.
Parafrasi
Astolfo si sofferma su alcune giornate e azioni che aveva perduto, e senza una guida non avrebbe distinto le loro diverse forme. Poi arriva a quella cosa che sembra essere comune a tutti noi, ma per la quale mai preghiamo Dio, il senno: lì ce n’era una montagna, molto più abbondante delle altre cose descritte.
Ottava 83
Testo
Era come un liquor suttile e molle,
atto a esalar, se non si tien ben chiuso;
e si vedea raccolto in varie ampolle,
qual più, qual men capace, atte a quell’uso.
Quella è maggior di tutte, in che del folle
signor d’Anglante era il gran senno infuso;
e fu da l’altre conosciuta, quando
avea scritto di fuor: “Senno d’Orlando”.
Parafrasi
Il senno era come un liquido leggero e delicato, pronto a evaporare se non tenuto ben chiuso, raccolto in varie ampolle di diverse capacità. La più grande conteneva il senno di Orlando, riconoscibile dall’iscrizione esterna: “Senno d’Orlando”.
Ottava 84
Testo
E così tutte l’altre avean scritto anco
il nome di color di chi fu il senno.
Del suo gran parte vide il duca franco;
ma molto più maravigliar lo fenno
molti ch’egli credea che dramma manco
non dovessero averne, e quivi dénno
chiara notizia che ne tenean poco;
che molta quantità n’era in quel loco.
Parafrasi
Anche le altre ampolle avevano scritto il nome di chi possedeva il senno. Astolfo, il cavaliere francese, vide gran parte del suo senno lì, ma si meravigliò ancor di più vedendo che molti di quelli che credeva avessero tutto il senno ne avevano in realtà poco, poiché molta quantità di senno si trovava in quel luogo.
Ottava 85
Testo
Altri in amar lo perde, altri in onori,
altri in cercar, scorrendo il mar, ricchezze;
altri ne le speranze de’ signori,
altri dietro alle magiche sciocchezze;
altri in gemme, altri in opre di pittori,
ed altri in altro che più d’altro aprezze.
Di sofisti e d’astrologhi raccolto,
e di poeti ancor ve n’era molto.
Parafrasi
Alcuni perdono il senno in amore, altri nella ricerca degli onori, altri cercando ricchezze attraversando il mare; altri sperando di ottenere benefici dai signori, altri inseguendo le sciocchezze della magia; altri in gemme, altri nelle opere dei pittori, ed altri in cose che apprezzano più di ogni altra. Lì era raccolto il senno di filosofi, astrologi e anche di molti poeti.
Commento
Il viaggio di Astolfo sulla Luna è un’allegoria della ricerca del senno, perduto a causa delle follie umane. La Luna diventa un luogo dove si raccolgono tutte le vanità e le perdite della Terra, creando un contrasto con la fragilità e la futilità delle ambizioni umane.
Le descrizioni vivide e le metafore usate da Ariosto sottolineano la critica alle illusioni terrene e alla ricerca incessante di potere e ricchezza, spesso a scapito del buon senso.