Bulli e bulloni
27 Ottobre 2014Oltre la buona scuola: l’autonomia democratica – di CLAS Cambiamo LA S…
28 Ottobre 2014Un minimo di esperienza ci ha suggerito che un’analisi seria del documento del governo sulla scuola andasse fatta confrontandolo con il combinato-disposto della legge di stabilità.
Diversamente vorrebbe dire prendere per buone solo affermazioni gentiliane cioè azioni che si realizzano per il solo fatto di essere state pronunciate.
Circostanza, questa, cui il mondo della scuola è ormai abituato ad assistere ad opera dei nostri politici “dell’annuncio” ma che forse in molti, questa volta, erano convinti non si dovesse verificare più. Fatta questa doverosa premessa a cui altrettanto doverosamente va aggiunta la nostra perplessità per l’enfasi posta sulla consultazione del “Paese intero”, corredata da tour estenuanti di ministri e sottosegretari lungo tutto lo stivale, questionari on-line, dibattiti in ogni dove quando poi i contenuti della Legge di stabilità approvati dal Consiglio dei Ministri in questi giorni, che danno l’ossatura alle linee di politica scolastica del Documento, hanno già determinato inequivocabilmente cosa fare.
Tanto rumore per nulla?
Individuiamo comunque i punti qualificanti proponendo per quelli che non lo sono alcune soluzioni.
Reclutamento
Apprezziamo il fatto che il documento condanni l’istituto perverso delle graduatorie ad esaurimento considerate “un grave errore da non ripetere”. Si insiste però su errori noti e sono analizzate poco o nulla le cause (es. il ruolo del sindacato), il che è certo un buon viatico per ripeterli ancora. La grande, inevitabile, imbarcata di precari ha come naturale contropartita per il futuro, un percorso di reclutamento per concorso e percorsi specialistici universitari, dove si annuncia, opportunamente, un ritrovato valore dell’abilitazione come titolo di accesso al concorso, restituendo un minimo di rigore alla selezione iniziale degli insegnanti.
Si propone inoltre, finalmente, il cambiamento dei criteri di assunzione inserendone di nuovi come la verifica della psicoattitudinalità, le capacità pratiche, il tenere una lezione.
Auspichiamo, tuttavia, che la mega-assunzione dei 148.000 non si traduca in una sanatoria epocale indiscriminata, perché i danni che ne deriverebbero graverebbero sulla qualità della scuola almeno per i prossimi 10 anni. Andrebbero comunque stabiliti requisiti minimi, che se non posseduti,
andranno formati (livello B2 di lingua, competenze informatiche, capacità didattiche etc.) e verificati rigorosamente nell’anno di prova.
Non si dimentichi che il primo step della meritocrazia, nel resto d’Europa, si verifica all’atto dell’assunzione.
Inoltre, è un errore pensare che dall’organico funzionale, costituito da questo esercito di precari che entreranno in ruolo nel 2015, si potranno contestualmente, e senza colpo ferire, sostituire i collaboratori dei dirigenti scolastici e i fiduciari dei plessi, cui la Legge di Stabilità toglie gli esoneri. Si tratta di incarichi fiduciari che richiedono esperienza, conoscenza delle problematiche di quella scuola, oltre che competenza, in sostituzione di un dirigente magari reggente. Chi ha ipotizzato una tale soluzione non ha la minima idea di cosa sia la scuola reale.
Gli Insegnanti
Certo si fa una certa fatica ad individuare i punti qualificanti del documento nelle pieghe di una retorica ridondante e, sinceramente, anacronistica per un settore che da almeno un ventennio è stato sottoposto al bombardamento di riforme sempre “epocali” ma che sostanzialmente non hanno riformato i gangli essenziali del sistema istruzione.
Tuttavia, esprimiamo apprezzamento per il fatto che gli insegnanti siano considerati centrali e si dedichi tanto spazio al loro reclutamento, alle loro funzioni, alla carriera. Il documento sembra aver recepito finalmente che “La buona scuola la fanno i buoni insegnanti”.
Infatti, la questione docente attende almeno dal 2000, anno in cui è entrata in vigore l’Autonomia funzionale delle scuole che pure il documento rilancia come la “Riforma”. Ma, com’è avvenuto in tutti i settori del Pubblico impiego, le riforme di tipo strutturale hanno sempre portato ad una revisione dello Stato giuridico del personale, tranne che per gli insegnanti. Il documento assume invece un impegno in questo senso che non possiamo che apprezzare ma rimaniamo in attesa delle azioni concrete del Governo per realizzarlo.
Quanto alla questione, ovviamente condivisa, del riconoscimento del merito, dobbiamo dire con forza che la presunta valorizzazione del merito proposta è totalmente non condivisibile.
Nel documento infatti invece di partire da ciò che serve alla Scuola, si propone una progressione economica confondendola con una vera carriera degli insegnanti che dovrebbe essere incardinata su ruoli funzionali definiti, (articolata in tre livelli: iniziale, ordinario e senior) a cui si dovrebbe accedere per formazione certificata e crediti professionali.
Quella proposta nel documento, la premiazione a punti, i cosiddetti scatti di competenza costituiti da crediti didattici, formativi e professionali del 66% dei docenti con 60 ? ogni tre anni, è solo una mera logica premiante non basata sulle reali necessità di nuove funzioni di cui la scuola oggi ha bisogno. Non solo, viene anche ipotizzato che i docenti per conquistare il “premio” debbano pianificare la loro attività soprattutto geograficamente alla ricerca della scuola “dove la qualità dell’insegnamento è mediamente meno buona” . In questo modo con la mobilità geografica e quella professionale, si dice che miglioreranno tutte le scuole. Ancora una volta si perde di vista il fatto che il singolo docente, anche se bravo, non sarà mai in grado di cambiare il sistema, solo un lavoro collaborativo tra i docenti potrà farlo. E’ necessario rivedere l’idea di insegnamento come attività individuale e capire che le corse geografiche non possono davvero essere un incentivo per i docenti a fare meglio. Chiunque “opera” attivamente nella scuola, dirigente o docente che sia, sa benissimo che per gestire le nuove complessità, come ad esempio, la Valutazione e l’Autovalutazione d’istituto, la progettazione dei curricoli, (dato che l’Autonomia è anche didattica e prevede una flessibilità dell’offerta formativa che può arrivare fino al 40% del curricolo) occorrono competenze formate e
ruoli di coordinamento, come il citato docente mentor, a cui si associno responsabilità delle decisioni: docenti con una preparazione specifica che costituiscano una leadership professionale con funzioni di traino per tutti e attraverso cui far transitare quelle competenze che altrimenti, legate al solo individuo-insegnante, si disperderebbero non divenendo patrimonio della scuola.
Ad esempio nella condivisibile proposta di una formazione in servizio obbligatoria affinché questa sia efficace e di qualità, va definita a livello di istituto. Serve quindi un responsabile della didattica con competenze professionali per fare una ricognizione delle esigenze formative dei docenti e che programmi una formazione d’Istituto, perché va evitato il riprodursi dell’esperienza fallimentare della tessera punti del contratto ’95-99. Infine, ribadiamo che costringere degli individui che hanno l’alto compito di formare i nostri figli, al trasferimento di scuola in scuola per rientrare in un 66% disponibile, sia una cosa tanto ingenua per chi l’ha proposta (anche alla faccia della continuità didattica) quanto mortificante per gli insegnanti che, avendo una dignità, non faranno mai.
Letta attraverso i numeri della legge di stabilità, questa presunta inutile valorizzazione del merito rinviata al 2018 e che porta con sé la soppressione degli attuali scatti di anzianità, unita al blocco dei contratti pubblici (quello della Scuola è fermo dal 2009) frutterebbero alcune centinaia di milioni di euro necessari a co-finanziare l’assunzione dei 148.000 precari. Diversamente sulle carriere professionali andrebbero investite risorse fresche, come hanno sempre sostenuto i sindacati in questi anni, ad ogni rinnovo contrattuale. A pensar male, diceva qualcuno…..
Riteniamo quindi che sia divenuto indifferibile che si legifichi sul nuovo Stato giuridico degli insegnanti che, prevedendo uno sviluppo di carriera, realizzi il passaggio da una figura di docente oggi ancora appiattita a quella di un professionista con più articolati profili necessari alle Scuole, realizzando così un virtuoso intreccio tra merito e funzione, come avviene in tutte le professioni e come avviene in Europa dove, del resto, il merito equivale a una fascia professionale differenziata, legata allo svolgimento di funzioni più complesse.
I dirigenti scolastici e la governance
Anche i Dirigenti scolastici meriterebbero più valorizzazione e rispetto del loro ruolo. Non è plausibile affermare che “Sono responsabili di (quasi) tutto; ma non hanno nelle loro mani le leve di governo per assumere al meglio tali responsabilità” e non prevedere un team professionale di docenti con ruoli definiti che lo affianchi. Per giunta la prevista eliminazione degli esoneri dei fiduciari aggraverebbe immensamente questa situazione. Inoltre, con tutte le incombenze che gli si riconoscono non si può pensare di retribuirli con un compenso che vale la metà di quello del barbiere della Camera dei Deputati. Per attrarre le figure migliori bisognerebbe compensarli adeguatamente. Siamo comunque decisamente d’accordo che i Dirigenti scolastici possano gestire direttamente un 10% di risorse della scuola per remunerare i docenti.
E’ il minimo per una governace che sia realmente efficace.
Nel documento viene dato un grande risalto alla necessità di recuperare la flessibilità didattica, finora ingessata delle scuole. Ma la progettazione di un curricolo di Istituto con materie opzionali e alternative è possibile solo se vi sono competenze “alte” nei Dipartimenti, cioè docenti senior,
esperti, che costituiscano appunto quella leadership professionale che dovrebbe affiancare il DS per fare tutto ciò.
Va previsto, inoltre tra gli OOCC, un Comitato tecnico scientifico di cui fanno parte docenti senior. Anche il previsto Nucleo di Valutazione dovrebbe, a regime, essere costituito da anche docenti senior. Da chi altri sennò?
La questione CLIL
Ancora ottime e condivisibilissime intenzioni. “L’uso del CLIL, già obbligatorio per il quinto anno dei licei e degli istituti tecnici dal prossimo anno scolastico, va esteso significativamente anche nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado”. Dato il ritardo degli italiani nella conoscenza dell’Inglese il richiamo è più che mai opportuno. Tuttavia siamo nel libro dei sogni perché dato gli enormi ritardi del MIUR, dall’avvio della riforma (2010), nel formare i 18.000 insegnanti necessari, quest’anno il previsto svolgimento dell’esame di Stato con esami in lingua in una disciplina non linguistica, è stato affidato, dalla nota del MIUR del 25 luglio scorso,
semplicemente alla capacità di arrangiarsi delle Scuole…
Prove di schizofrenia
cap.2 il documento pone, tra gli altri, come obiettivo quello di “valorizzare le associazioni professionali” il cui ruolo come enti formatori per la formazione in servizio obbligatoria, viene ritenuto necessario, come pure nella partita della autovalutazione delle Scuole dove le associazioni professionali sono chiamate a sostenere le scuole nei piani di miglioramento (O.M. 11/2014).
Peccato che la legge di stabilità tagli le ultime residue 50 utilizzazioni del personale della Scuola per effettuare questi compiti. O la schizofrenia di chi ha pensato questo documento e la legge di stabilità è preoccupante, oppure bisognerebbe scegliere meglio i propri collaboratori….
cap.6 – Le risorse il documento cita:”Ridare centralità alla missione (?) formativa della scuola merita, prima di tutto risorse pubbliche più ingenti e più certe…Basta guardare cosa è successo al MOF e ai finanziamenti della Legge 440 del 1997… Se non interveniamo il MOF avrà da oggi a regime ..solamente 689 milioni di euro.”
La lettura della legge di stabilità puntualmente taglia dal 2015 di 200.000? le spese di funzionamento delle Scuole e di altri 30 milioni i fondi della legge 440, per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi, ormai ridotti al lumicino.
Perché abbiamo il dubbio che con questo documento di buone intenzioni, alcune certamente condivisibili, anche se scarsamente motivate pedagogicamente e scientificamente, e la sua ridondante enfasi mediatica che richiede una consultazione globale, inutile, in quanto i contenuti sono già decisi nella Legge di stabilità, si voglia solo mascherare una manovra economica? Va bene la revisione della spesa ma i tagli lineari per l’istruzione sono una iattura.
E ad ogni dibattito questa consapevolezza si sta estendendo a macchia d’olio….
Roma 23 Ottobre 2014
A.P.E.F. Associazione professionale del Forum presso il MIUR