Testo e parafrasi dei versi 91-151 del sesto canto del Purgatorio di Dante
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,
Ah, popolo italiano, che dovresti essere devoto e lasciare che l’imperatore governi, se capisci bene ciò che Dio ti ha indicato.
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella.
Guarda come questa bestia (l’Italia) è diventata ribelle, perché non è stata guidata e spronata correttamente, da quando hai messo le mani sul suo controllo.
O Alberto tedesco ch’abbandoni
costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
e dovresti inforcar li suoi arcioni,
Oh Alberto d’Asburgo, che abbandoni questa terra (l’Italia) diventata indomita e selvaggia, e invece dovresti cavalcarla (guidarla) con fermezza.
giusto giudicio da le stelle caggia
sovra ’l tuo sangue, e sia novo e aperto,
tal che ’l tuo successor temenza n’aggia!
Che un giusto giudizio scenda dagli astri sul tuo sangue (su di te e la tua discendenza), e sia così evidente e nuovo che il tuo successore ne sia spaventato!
Ch’avete tu e ’l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costà distretti,
che ’l giardin de lo ’mperio sia diserto.
Tu e tuo padre (Rodolfo d’Asburgo) avete tollerato, per cupidigia verso altre terre, che il giardino dell’impero (l’Italia) diventasse un deserto.
Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
color già tristi, e questi con sospetti!
Vieni a vedere i Montecchi e i Cappelletti, i Monaldi e i Filippeschi, gente senza guida: i primi sono già rovinati, e i secondi vivono nella paura!
Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
d’i tuoi gentili, e cura lor magagne;
e vedrai Santafior com’è oscura!
Vieni, crudele, vieni a vedere le sofferenze dei tuoi nobili, e curane i mali; vedrai quanto è decaduta Santafiora!
Vieni a veder la tua Roma che piagne
vedova e sola, e dì e notte chiama:
“Cesare mio, perché non m’accompagne?”.
Vieni a vedere la tua Roma che piange, vedova e sola, e che giorno e notte grida: “Mio Cesare, perché non mi accompagni?”
Vieni a veder la gente quanto s’ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien de la tua fama.
Vieni a vedere come il popolo si ama! E se nessuna pietà per noi ti commuove, almeno vergognati della tua reputazione.
E se licito m’è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
E se mi è concesso dirlo, o sommo Dio (qui chiamato Giove), che sei stato crocifisso per noi sulla Terra, hai forse distolto i tuoi giusti occhi dal nostro mondo?
O è preparazion che ne l’abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto de l’accorger nostro scisso?
Oppure è forse una preparazione, nel profondo della tua saggezza divina, per un bene che noi non riusciamo a comprendere?
Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene.
Perché tutte le città d’Italia sono piene di tiranni, e ogni contadino diventa un “Marzello” (un prepotente) appena prende parte a una fazione.
Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
mercé del popol tuo che si argomenta.
Mia Firenze, puoi ben essere felice di questa mia critica, che non ti riguarda, grazie al tuo popolo così pieno di saggezza.
Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir sanza consiglio a l’arco;
ma il popol tuo l’ ha in sommo de la bocca.
Molti hanno la giustizia nel cuore, ma tarda a manifestarsi perché non agiscono senza riflettere; il tuo popolo, invece, la giustizia ce l’ha solo in bocca (ne parla, ma non agisce).
Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: “I’ mi sobbarco!”.
Molti rifiutano di assumersi incarichi pubblici, ma il tuo popolo (di Firenze) si affretta a offrirsi senza essere chiamato, gridando: “Io mi assumo il peso!”
Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace e tu con senno!
S’io dico ’l ver, l’effetto nol nasconde.
Gioisci, dunque, perché hai buone ragioni: sei ricca, sei in pace e sei saggia! Se dico la verità, i fatti non lo nascondono.
Atene e Lacedemona, che fenno
l’antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno
Atene e Sparta, che stabilirono le antiche leggi e furono tanto civili, dettero solo un piccolo segno di come vivere bene.
verso di te, che fai tanto sottili
provedimenti, ch’a mezzo novembre
non giugne quel che tu d’ottobre fili.
In confronto a te, che fai provvedimenti così complessi, che il filo che tessi in ottobre non arriva nemmeno a novembre.
Quante volte, del tempo che rimembre,
legge, moneta, officio e costume
hai tu mutato, e rinovate membre!
Quante volte, da quando te ne ricordi, hai cambiato leggi, monete, cariche pubbliche e costumi, e hai rinnovato le tue istituzioni!
E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume,
E se ben ricordi e rifletti, ti vedrai simile a una malata che non può trovare pace nemmeno sul proprio letto.
ma con dar volta suo dolore scherma.
Ma cerca di alleviare il suo dolore solo rigirandosi da una parte all’altra.
ma con dar volta suo dolore scherma.