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28 Dicembre 2019“Cigola la carrucola del pozzo” è una poesia inclusa nella raccolta “Ossi di seppia” (1925) di Eugenio Montale, una delle opere più importanti del poeta ligure.
1) Testo della poesia “Cigola la carrucola del pozzo” di Eugenio Montale
Cigola la carrucola del pozzo,
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.
Accosto il volto ad evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro…
Ah che già stride
la ruota, ti ridona all’atro fondo,
visione, una distanza ci divide.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia (Torino, Piero Gobetti Editore 1925).
Analisi della poesia “Cigola la carrucola del pozzo” di Eugenio Montale
Questa poesia, breve e densa di significati simbolici, rappresenta perfettamente il pessimismo esistenziale e la visione della vita come qualcosa di precario e inafferrabile, che caratterizza gran parte della poetica di Montale.
Struttura e stile
La poesia è composta da nove versi, distribuiti in modo libero e senza una metrica rigida. I versi, pur liberi, mantengono una musicalità sottile, costruita attraverso il ritmo del linguaggio e l’uso di immagini concrete che si fondono in una dimensione simbolica. Il linguaggio è semplice e concreto, ma allo stesso tempo denso di significati profondi.
Temi principali
- Il ricordo e il tempoLa poesia esplora il tema del ricordo e del passato. L’immagine del pozzo e dell’acqua rappresenta il mondo della memoria: il secchio che sale dal fondo del pozzo è una metafora della memoria che riporta alla luce un ricordo nascosto, conservato nel passato. L’acqua, che emerge alla luce per poi tornare nell’oscurità, simboleggia l’inaccessibilità del passato. Il ricordo, appena riaffiora, si trasforma, si deforma e si allontana di nuovo nel profondo dell’oblio.
“Trema un ricordo nel ricolmo secchio, / nel puro cerchio un’immagine ride.”
Qui, l’acqua che sale dal pozzo diventa l’immagine del passato che si riflette nel secchio. Tuttavia, questo ricordo non è stabile o fermo: “trema” e si deforma rapidamente, così come i ricordi cambiano e si trasformano col tempo, perdendo la loro nitidezza originaria.
- La precarietà del ricordoIl poeta, quando cerca di avvicinarsi al ricordo, di accostare il volto alla memoria, scopre che il passato si deforma e si fa vecchio, diventando irraggiungibile. La distanza tra il presente e il passato si allarga, e ciò che emerge è solo una versione deformata e distante di ciò che un tempo era vivido.
“Accosto il volto ad evanescenti labbri: / si deforma il passato, si fa vecchio, / appartiene ad un altro…”
Questa trasformazione del passato in qualcosa che “appartiene ad un altro” sottolinea l’idea di alienazione e perdita: il passato non è più lo stesso, e non appartiene più a chi lo ricorda. Montale sembra suggerire che la memoria non è mai fedele alla realtà, ma piuttosto qualcosa di mutevole, inafferrabile.
- La separazione tra presente e passatoLa poesia si conclude con il ritorno dell’acqua nell’“atro fondo” del pozzo, simboleggiando la definitiva perdita del ricordo. Il tempo e la distanza tra il presente e il passato si manifestano nella stridore della carrucola, che riporta l’acqua nel buio. Montale sottolinea l’impossibilità di mantenere vivo il contatto con il passato: la memoria si allontana inesorabilmente e non può essere trattenuta.
“Ah che già stride / la ruota, ti ridona all’atro fondo, / visione, una distanza ci divide.”
Il “visione” qui è il ricordo stesso, che torna nell’oscurità dopo essere stato brevemente riportato alla luce. La distanza tra chi ricorda e ciò che è ricordato è incolmabile, e il passato, come l’acqua del pozzo, si allontana per sempre.
Simbolismo della poesia “Cigola la carrucola del pozzo” di Eugenio Montale
- Il pozzo: Il pozzo è uno dei simboli principali della poesia. Rappresenta il profondo della memoria o dell’inconscio, dove i ricordi sono sepolti. Il gesto di sollevare il secchio dal pozzo simboleggia lo sforzo di riportare alla luce ciò che è stato dimenticato o nascosto. Tuttavia, il movimento meccanico della carrucola e il cigolio della ruota suggeriscono la difficoltà e l’impossibilità di mantenere stabile il ricordo.
- L’acqua: L’acqua è l’elemento che porta con sé il passato. Essa è fluida e mutevole, così come i ricordi che si deformano e si trasformano. L’acqua che sale alla luce per poi tornare nel fondo rappresenta la natura transitoria della memoria: un ricordo che riaffiora momentaneamente per poi svanire nell’oblio.
- Il secchio e il cerchio: Il secchio che sale e il puro cerchio in cui appare il ricordo rappresentano la fragilità del passato. Il cerchio è un simbolo di perfezione, ma in questo caso la sua purezza è illusoria: il ricordo si deforma subito e si perde. L’immagine che ride all’interno del cerchio è un’apparizione fugace, destinata a svanire.
Temi della poetica montaleana
Questa poesia esemplifica perfettamente i temi centrali della poetica di Eugenio Montale, come l’impossibilità di raggiungere la felicità o la verità, la memoria come illusione e l’alienazione dell’uomo moderno. Montale usa simboli concreti e quotidiani (la carrucola, il pozzo, l’acqua) per esprimere concetti complessi legati all’esistenza, al tempo e al rapporto tra l’uomo e il suo passato.
Commento finale su“Cigola la carrucola del pozzo” di Eugenio Montale
“Cigola la carrucola del pozzo” è una poesia che riflette il pessimismo montaliano riguardo alla memoria e alla possibilità di mantenere vivo il passato. Il pozzo rappresenta il luogo oscuro e nascosto in cui sono sepolti i ricordi, e il tentativo di riportarli alla luce è destinato al fallimento. L’acqua che sale brevemente alla superficie e il ricordo che si deforma suggeriscono l’inaccessibilità del passato, che una volta riaffiorato, non può essere trattenuto e si perde nuovamente nel fondo oscuro dell’oblio.
Montale, con la sua lingua asciutta e precisa, ci offre una riflessione esistenziale sulla fugacità della vita e sull’impossibilità di riconciliarsi con il passato. La memoria, come l’acqua nel secchio, è destinata a tornare nell’oscurità, e ciò che rimane è solo un fugace riflesso di ciò che è stato.
2) “Riviere” di Eugenio Montale
“Riviere” è una delle poesie più rappresentative della raccolta “Ossi di seppia” di Eugenio Montale, pubblicata nel 1925.
Testo della poesia “Riviere” di Eugenio Montale
Riviere,
bastano pochi stocchi d’erbaspada
penduli da un ciglione
sul delirio del mare;
o due camelie pallide
nei giardini deserti,
e un eucalipto biondo che si tuffi
tra sfrusci e pazzi voli
nella luce;
ed ecco che in un attimo
invisibili fili a me si asserpano,
farfalla in una ragna
di fremiti d’olivi, di sguardi di girasoli.
Dolce cattività, oggi, riviere
di chi s’arrende per poco
come a rivivere un antico giuoco
non mai dimenticato.
Rammento l’acre filtro che porgeste
allo smarrito adolescente, o rive:
nelle chiare mattine si fondevano
dorsi di colli e cielo; sulla rena
dei lidi era un risucchio ampio, un eguale
fremer di vite,
una febbre del mondo; ed ogni cosa
in se stessa pareva consumarsi.
Oh allora sballottati
come l’osso di seppia dalle ondate
svanire a poco a poco;
diventare
un albero rugoso od una pietra
levigata dal mare; nei colori
fondersi dei tramonti; sparir carne
per spicciare sorgente ebbra di sole,
dal sole divorata…
Erano questi,
riviere, i voti del fanciullo antico
che accanto ad una rósa balaustrata
lentamente moriva sorridendo.
Quanto, marine, queste fredde luci
parlano a chi straziato vi fuggiva.
Lame d’acqua scoprentisi tra varchi
di labili ramure; rocce brune
tra spumeggi; frecciare di rondoni
vagabondi…
Ah, potevo
credervi un giorno o terre,
bellezze funerarie, auree cornici
all’agonia d’ogni essere.
Oggi torno
a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore
par sciogliersi in ricordi lieti – e atroci.
Triste anima passata
e tu volontà nuova che mi chiami,
tempo è forse d’unirvi
in un porto sereno di saggezza.
Ed un giorno sarà ancora l’invito
di voci d’oro, di lusinghe audaci,
anima mia non più divisa. Pensa:
cangiare in inno l’elegia; rifarsi;
non mancar più.
Potere
simili a questi rami
ieri scarniti e nudi ed oggi pieni
di fremiti e di linfe,
sentire
noi pur domani tra i profumi e i venti
un riaffluir di sogni, un urger folle
di voci verso un esito; e nel sole
che v’investe, riviere,
rifiorire!
Eugenio Montale, da “Ossi di seppia”, Piero Gobetti Editore, Torino, 1925
Analisi della poesia “Riviere” di Eugenio Montale
In questo componimento, Montale riflette sulla natura, il passato e l’esistenza umana, con una visione pervasa di pessimismo ma anche di speranza per una rinascita interiore.
Struttura e stile
La poesia è composta da versi liberi, tipici dello stile montaliano, che conferiscono alla composizione una certa fluidità e immediatezza. Montale utilizza un linguaggio evocativo, ricco di immagini naturali e simboliche, attraverso cui esprime il suo rapporto ambivalente con la natura e con la memoria.
Temi principali
- Il ritorno alla natura e la memoria del passatoLa poesia si apre con una descrizione vivida delle riviere (le coste liguri), che attraverso immagini naturali (l’erbaspada, le camelie, l’eucalipto) evocano ricordi di un passato lontano. Montale suggerisce che bastano pochi elementi della natura per far riaffiorare ricordi intensi e riportare l’animo a “un antico giuoco non mai dimenticato”.
“Riviere, bastano pochi stocchi d’erbaspada / penduli da un ciglione / sul delirio del mare;”
Qui la natura è rappresentata come una forza potente e selvaggia, con il “delirio del mare”, ma anche come un luogo di fuga e rifugio per l’animo umano. Montale sottolinea come la memoria sia legata a esperienze passate vissute in armonia con la natura.
- Il contrasto tra l’adolescenza e l’età adultaIl poeta rievoca il ricordo di un’adolescenza smarrita, quando la natura offriva un filtrare acre di esperienze e sensazioni intense. Questo passato viene descritto come un tempo di fusione totale con il mondo, in cui i confini tra le cose sembravano dissolversi.
“nelle chiare mattine si fondevano / dorsi di colli e cielo; sulla rena / dei lidi era un risucchio ampio, un eguale / fremer di vite,”
La fusione di cielo e terra richiama un senso di immersione esistenziale che il poeta provava da adolescente, un periodo in cui la vita era percepita con intensità e tutto sembrava consumarsi nella propria esistenza.
- L’anelito alla sparizione e la fusione con la naturaMontale riflette anche su un desiderio di sparire e dissolversi nella natura, un anelito quasi mistico di diventare un oggetto naturale come un albero rugoso o una pietra levigata. Il poeta esprime una volontà di fondersi con la natura, ma questa fusione non è mai del tutto pacificata, bensì pervasa da un sottile senso di angoscia.
“diventare / un albero rugoso od una pietra / levigata dal mare;”
Questo desiderio di annullamento nella natura è però contrastato da un sottile richiamo alla vita e alla rinascita, che emerge nelle immagini finali della poesia.
- La speranza di una rinascitaNonostante il pessimismo che pervade gran parte della poesia, nella parte finale Montale sembra aprirsi a una possibile rinascita interiore. Il poeta riflette sul ritorno alle riviere con una nuova forza, un rinnovato spirito di saggezza, cercando di unire la triste anima passata con una nuova volontà. Questa speranza si esprime nell’immagine dei rami che, dopo essere stati scarniti, sono ora pieni di fremiti e linfe, simboli di vita e vitalità.
“Potere / simili a questi rami / ieri scarniti e nudi ed oggi pieni / di fremiti e di linfe,”
Montale suggerisce che anche l’uomo potrebbe ritrovare un “riaffluir di sogni” e una nuova vitalità, una rinascita spirituale che, come le riviere investite dal sole, potrebbe portare a un rifiorire dell’anima.
Simbolismo della poesia “Riviere” di Eugenio Montale
- Le riviere: Le riviere rappresentano il luogo della memoria, il ritorno a un passato associato alla natura e all’adolescenza. Queste coste liguri simboleggiano un rifugio spirituale ma anche un luogo di sfida per l’animo, diviso tra la voglia di abbandonarsi alla natura e il bisogno di un’identità individuale.
- La natura: Montale utilizza una serie di immagini naturali (l’erbaspada, l’eucalipto, l’olivo) per rappresentare la forza vitale della natura, che però è sempre in tensione con la condizione umana, perennemente fragile e incerta. La natura è sia rifugio sia causa di angoscia.
- L’osso di seppia: Il “sballottamento come l’osso di seppia dalle ondate” richiama il titolo della raccolta stessa. L’osso di seppia, svuotato e levigato dal mare, simboleggia il desiderio di dissolversi e svanire nel mondo, ma anche la condizione di fragilità e vulnerabilità dell’uomo.
- I rami: I rami scarniti e nudi che ritrovano nuova linfa rappresentano la rinascita spirituale che il poeta auspica. È un simbolo di resurrezione, in cui Montale suggerisce la possibilità di superare il dolore e la solitudine per ritrovare una nuova vitalità.
Commento finale della poesia “Riviere” di Eugenio Montale
“Riviere” è una poesia che racchiude molti dei temi fondamentali della poetica di Eugenio Montale: il ricordo del passato, la memoria dolorosa, il rapporto con la natura e il desiderio di sparizione. Attraverso immagini naturali e simboli potenti, Montale esprime il suo pessimismo esistenziale, ma al tempo stesso lascia intravedere una possibilità di rinascita e riconciliazione.
La poesia si chiude con un invito alla speranza: la natura, con i suoi cicli di morte e rinascita, suggerisce la possibilità che anche l’anima umana possa rifiorire, trasformando l’elegia del passato in un inno alla vita.
3) “Non recidere forbice quel volto” di Eugenio Montale
“Non recidere, forbice, quel volto” è una poesia di Eugenio Montale, contenuta nella raccolta “Le occasioni” (1939).
Testo di “Non recidere, forbice, quel volto” di Eugenio Montale
Testo della poesia:
Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
Un freddo cala… duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.
Eugenio Montale, da “Le occasioni”
Analisi di “Non recidere, forbice, quel volto” di Eugenio Montale
La poesia è uno dei componimenti più emblematici di Montale, caratterizzata dalla sua riflessione sul tempo, la memoria, la perdita e la fragilità dell’esistenza. In questo testo breve e intenso, Montale usa un linguaggio simbolico e suggestivo per trattare il tema della distruzione del ricordo e del dolore legato alla perdita di una persona cara.
Struttura e stile
La poesia è composta da otto versi liberi, distribuiti in due strofe. Lo stile è tipicamente montaliano: asciutto, essenziale, ma ricco di immagini poetiche e simboli densi di significato. Il linguaggio è immediato e insieme enigmatico, poiché Montale trasmette il senso di una perdita interiore attraverso simboli naturali e quotidiani.
Temi principali di “Non recidere, forbice, quel volto” di Eugenio Montale
- Il ricordo e la minaccia della perditaIl poeta si rivolge alla forbice, chiedendo di non recidere il volto di qualcuno di caro che si trova ormai solo nella memoria. L’immagine della forbice che taglia il volto rappresenta il timore di perdere definitivamente il ricordo di una persona amata. La forbice diventa il simbolo del tempo che erosiona la memoria, cancellando pian piano i volti delle persone che abbiamo perduto.
“Non recidere, forbice, quel volto, / solo nella memoria che si sfolla,”
La memoria si sfolla, si svuota progressivamente, come una folla che si disperde. Montale teme che il volto della persona amata, forse una donna, possa essere dimenticato e che il tempo faccia il suo inevitabile corso, cancellando anche il più caro dei ricordi.
- La nebbia e la fragilità del ricordoIl volto di questa persona, con il suo “grande viso in ascolto”, è una presenza delicata nella memoria del poeta. Tuttavia, Montale teme che la forbice del tempo possa trasformarlo nella sua “nebbia di sempre”. La nebbia è uno dei simboli centrali nella poesia di Montale, rappresenta l’offuscamento della coscienza e la confusione interiore. Se il ricordo si perde, il poeta resta nuovamente intrappolato nella sua condizione di solitudine e isolamento esistenziale.
“non far del grande suo viso in ascolto / la mia nebbia di sempre.”
L’immagine della nebbia esprime la condizione di incertezza e smarrimento che caratterizza la vita umana. Senza il volto chiaro e nitido del ricordo, Montale rischia di perdersi nel vuoto della sua solitudine.
- Il passare del tempo e la morteNella seconda strofa, il poeta introduce l’immagine dell’acacia, simbolo di una natura che partecipa al processo di decadenza e morte. Il freddo cala, e il colpo della forbice colpisce duro, facendo cadere l’acacia ferita. L’acacia si scrolla di dosso il guscio di cicala, un segno che la stagione estiva, simbolo di vita e vitalità, è ormai passata. Il guscio di cicala rappresenta qualcosa di vuoto, che ha perso la sua funzione vitale, proprio come il ricordo che rischia di svuotarsi e svanire.
“E l’acacia ferita da sé scrolla / il guscio di cicala / nella prima belletta di Novembre.”
L’acacia colpita dalla forbice si scrolla via ciò che resta dell’estate, il guscio della cicala, mentre entra la prima belletta di novembre, il mese che segna l’arrivo dell’autunno inoltrato, simbolo di morte e decadenza. La belletta rappresenta il fango, lo stato in cui tutto si dissolve lentamente. Questo processo naturale riflette la paura del poeta che i ricordi, come il guscio vuoto della cicala, siano destinati a dissolversi con il tempo.
Simbolismo della poesia “Non recidere, forbice, quel volto” di Eugenio Montale
- Forbice: La forbice è l’elemento centrale e il simbolo che rappresenta il tempo e la morte, ma anche la progressiva erosione della memoria. Taglia, recide, e con quel gesto definitivo elimina la connessione tra il poeta e il suo ricordo.
- Acacia e guscio di cicala: L’acacia è una pianta che ha una simbologia ambivalente: può rappresentare la vitalità e la resistenza, ma qui appare ferita, esprimendo la caducità della vita. Il guscio della cicala rappresenta ciò che resta di una stagione finita, della vita trascorsa che non torna più. È un segno di vuoto, di abbandono e di decadenza.
- Nebbia: La nebbia è un simbolo ricorrente in Montale, spesso associata alla perdita di senso e all’incapacità di afferrare pienamente la realtà. In questa poesia, la nebbia rappresenta l’offuscamento della memoria: il ricordo, se perso, si trasforma in una nebulosa indefinita, inafferrabile.
- Novembre: Il mese di Novembre nella poesia simboleggia l’inizio dell’autunno profondo, quando la vita entra nella fase di decadenza. È il momento in cui la natura inizia a morire, e questo processo naturale si riflette nel deterioramento del ricordo e nel timore del poeta di non riuscire a preservare la memoria di chi ha amato.
Commento finale di “Non recidere, forbice, quel volto” di Eugenio Montale
“Non recidere, forbice, quel volto” è una poesia che esprime il dramma del tempo e la fragilità del ricordo. Montale ci mostra la battaglia interiore del poeta contro la forza distruttrice del tempo, che rischia di cancellare per sempre le tracce delle persone amate, trasformando i ricordi in immagini sbiadite e distanze incolmabili. La paura della perdita definitiva della memoria è legata a un senso profondo di solitudine esistenziale.
L’uso di simboli naturali, come la forbice, l’acacia, e la cicala, conferisce alla poesia una dimensione quasi universale: la caducità della vita e la lotta contro l’oblio diventano temi che toccano tutti, mentre Montale ci accompagna lungo un percorso che conduce alla consapevolezza dell’impermanenza e della finitudine umana. La poesia diventa così una riflessione sul dolore e sull’inevitabilità del passaggio del tempo.