Niccolò Machiavelli 1469-1527
28 Dicembre 2019Letteratura e cultura da Tiberio a Nerone
28 Dicembre 2019Il passaggio “dall’azione alla scrittura” in Niccolò Machiavelli rappresenta una delle transizioni intellettuali più emblematiche del Rinascimento, e soprattutto una svolta decisiva, non cercata, ma feconda nella vita dell’autore.
La stesura de Il Principe è il frutto di questo passaggio, in cui Machiavelli, dopo essere stato allontanato dalla vita politica attiva, riflette sulle esperienze vissute e le trasforma in una teoria politica destinata a durare secoli.
L’azione politica di Machiavelli
Machiavelli fu un uomo d’azione per gran parte della sua vita. Dal 1498 al 1512, servì la Repubblica Fiorentina come funzionario e diplomatico. Durante questo periodo, ebbe contatti con grandi figure politiche dell’epoca, come Cesare Borgia, il re Luigi XII di Francia e l’imperatore Massimiliano d’Asburgo. Le sue missioni diplomatiche e incarichi amministrativi gli offrirono un’opportunità unica di osservare da vicino le dinamiche del potere e le strategie di governo.
La caduta della Repubblica Fiorentina nel 1512, con il ritorno dei Medici al potere, segnò la fine della sua carriera politica. Nel 1513, sospettato di cospirazione contro i Medici, fu imprigionato e torturato. Dopo il rilascio, si ritirò nella sua residenza a Sant’Andrea in Percussina, vicino a Firenze. È in questo contesto di esilio forzato e lontananza dalla vita pubblica che Machiavelli intraprende la stesura de Il Principe.
La stesura de Il Principe
La stesura de Il Principe avvenne probabilmente tra il luglio e il dicembre del 1513. Questo momento coincide con il culmine dell’esclusione di Machiavelli dall’azione politica, ma anche con una fase di riflessione intensa. Le sue conoscenze, acquisite tramite l’esperienza diretta e lo studio degli autori classici come Livio e Tacito, trovano espressione nella sua opera.
In una famosa lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513, Machiavelli descrive il suo quotidiano, caratterizzato da lavori agricoli durante il giorno e dallo studio dei classici durante la sera. In queste righe si percepisce chiaramente la trasformazione della sua esperienza pratica in riflessione teorica: di giorno è immerso in un contesto rurale, lontano dalla politica; di sera, rientrato nella sua casa, si veste simbolicamente di abiti regali e dialoga con gli antichi filosofi e storici.
Questo processo intellettuale culmina nella composizione de Il Principe, che nasce come un’opera dedicata a un possibile “redentore” dell’Italia. Machiavelli indirizza il trattato a Lorenzo de’ Medici, sperando che quest’opera possa riabilitarlo agli occhi dei nuovi governanti di Firenze. L’intento originario del Principe non è solo teorico, ma anche pratico e personale: cercare un ritorno all’azione politica.
La trasformazione dell’esperienza in scrittura
La principale caratteristica di Il Principe è il suo radicamento nella realtà empirica. Machiavelli non scrive come un accademico che specula su principi astratti, ma come un uomo che ha vissuto e osservato direttamente il potere. La sua “virtù” intellettuale si manifesta nella capacità di trarre lezioni dall’esperienza e applicarle al contesto più ampio del governo e del comando.
Questa transizione dall’azione alla scrittura porta a una concezione disincantata della politica, in cui la morale tradizionale è spesso subordinata alle esigenze del potere. Machiavelli sviluppa una visione del mondo in cui la politica è governata dalla necessità e dalla contingenza, piuttosto che da ideali morali o religiosi. È in questo contesto che emergono concetti fondamentali come la virtù (intesa come abilità e astuzia del principe) e la fortuna (l’imprevedibilità degli eventi), che delineano le linee guida per l’azione politica.
Il Principe: Un’azione alternativa
Sebbene Il Principe sia un’opera di riflessione, può essere considerato come una nuova forma di “azione”. Scrivendo quest’opera, Machiavelli cerca di influenzare la realtà politica, offrendo consigli concreti ai futuri governanti. Non potendo più agire direttamente nella politica fiorentina, cerca di agire tramite la scrittura, proponendo soluzioni pratiche e realiste per la conservazione e l’acquisizione del potere.
Il Principe è, quindi, non solo il risultato di un’esperienza politica trasformata in teoria, ma anche uno strumento per tentare di tornare all’azione, sebbene attraverso la mediazione della parola scritta.