
Nebbia di Giovanni Pascoli
28 Dicembre 2019
Pianto antico di Giosuè Carducci
28 Dicembre 2019Giosuè Carducci è un grande poeta del tardo Ottocento italiano, la cui opera rappresenta una sintesi tra il classicismo e le emozioni personali più profonde.
Le due poesie che proponi, San Martino e Nevicata, sono rappresentative di due dimensioni diverse della sua poetica: la prima celebra la vitalità della natura e la gioia del vivere, mentre la seconda riflette su temi più malinconici, come il passare del tempo e l’avvicinarsi della morte.
Introduzione
San Martino e Nevicata sono due componimenti che mettono in evidenza l’abilità di Carducci nel descrivere paesaggi e stati d’animo attraverso immagini potenti e simboliche. San Martino è un’ode alla vitalità autunnale, al piacere della vita rurale, dove la natura e l’uomo si incontrano in un momento di celebrazione stagionale. Nevicata, al contrario, ci trasporta in un paesaggio invernale, silenzioso e malinconico, dove il poeta riflette sul trascorrere del tempo e sulla solitudine.
In entrambe le poesie, la natura è protagonista, ma rappresenta due dimensioni differenti: in San Martino essa è viva e dinamica, mentre in Nevicata è immobile e silenziosa, simbolo di un tempo sospeso e di un mondo in decadenza.
San Martino
Testo
San Martino
La nebbia a gl’irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar.
Analisi
In San Martino, Carducci celebra la vitalità della vita rurale in autunno, in un paesaggio tipicamente italiano. La descrizione si apre con un’immagine vivida: la nebbia che sale sui colli e la pioggia leggera che avvolge il paesaggio. Il maestrale, il vento impetuoso, agita il mare, che “urla e biancheggia”, creando un forte contrasto tra la calma della terra e il tumulto del mare. La natura sembra dunque divisa tra tranquillità e movimento, tra il sereno mondo contadino e la forza del vento e delle acque.
Nonostante questo clima autunnale burrascoso, nelle vie del borgo si percepisce un’atmosfera di festa e calore. Carducci descrive con precisione il ribollire del vino nei tini e l’aspro odore che si diffonde nell’aria, simbolo della vendemmia e del raccolto. Questa scena idilliaca è caratterizzata da un senso di comunità e allegria: l’odore del vino, così penetrante e pungente, sembra avere il potere di “rallegrar le anime”, evocando un senso di piacere e celebrazione.
Lo spiedo scoppiettante e il cacciatore che fischia completano il quadro di una scena domestica, familiare, e di un’attività semplice e tradizionale che contrasta con la natura selvaggia e caotica che circonda il borgo. È un momento di pausa e di riflessione, ma anche di godimento della vita semplice e genuina.
L’ultima strofa, tuttavia, introduce una nota malinconica: stormi di uccelli neri, che volano tra le “rossastre nubi”, sono paragonati a “esuli pensieri”. La loro migrazione nel crepuscolo richiama il tema del distacco e del passaggio del tempo. Gli uccelli, simbolo di libertà e migrazione, evocano pensieri erranti e lontani, portando con sé un senso di malinconia e di riflessione esistenziale.
Commento
San Martino è una poesia che riesce a catturare sia la bellezza della vita rurale che la fugacità del tempo. La natura in autunno, con i suoi contrasti tra la nebbia e il vento, tra il mare agitato e la tranquillità del borgo, rappresenta perfettamente il ciclo vitale che unisce l’uomo e il mondo naturale. Carducci ci mostra come, nonostante la durezza della natura, l’uomo riesca a trovare momenti di felicità e calore, rappresentati dal cibo, dal vino e dalla convivialità.
Il contrasto tra la vitalità del borgo e la malinconia del crepuscolo, con gli uccelli migratori, suggerisce che la gioia del presente è sempre accompagnata dalla consapevolezza della transitorietà della vita. L’immagine degli “esuli pensieri” rappresenta questa consapevolezza, che rende la poesia non solo una celebrazione della vita rurale, ma anche una riflessione sul passare del tempo e sul distacco.
Nevicata
Testo
Nevicata
Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinerëo: gridi,
suoni di vita piú non salgon da la città,
non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
non d’amor la canzon ilare e di gioventú.
Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dí.
Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.
In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore –
giú al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.
Analisi
Nevicata è una poesia di tutt’altro tono rispetto a San Martino. Qui la natura, rappresentata dalla neve, non è un simbolo di festa o vitalità, ma di silenzio, solitudine e morte. La neve che “fiocca lenta” dal cielo “cinereo” crea un’atmosfera ovattata e sospesa, in cui la vita cittadina sembra essersi fermata. Non ci sono più suoni o voci, e i rumori che normalmente animano la città, come il grido dell’erbaiola o il rumore delle carrozze, sono scomparsi. È una scena di silenzio assoluto, in cui la città appare congelata nel tempo.
Le ore che “gemon” dalla torre della piazza accentuano questa sensazione di immobilità e morte. Il suono delle campane è descritto come un lamento, un “sospiro d’un mondo lungi dal dì”, suggerendo che la vita e la vitalità sono ormai lontane. La città non è più il luogo della giovinezza e dell’amore, ma uno spazio in cui regna il silenzio e il passare del tempo.
Nella terza strofa, gli uccelli raminghi che picchiano ai vetri appannati rappresentano simbolicamente gli “spiriti reduci”, i fantasmi del passato che tornano a visitare il poeta. Questi spiriti sembrano chiamare il poeta verso un’altra dimensione, forse quella della morte, o comunque di un tempo ormai lontano.
La quarta strofa introduce un dialogo intimo tra il poeta e il proprio cuore: “tu càlmati, indomito cuore”, dice Carducci a se stesso, come a voler placare l’ansia e l’agitazione interiore. Egli si prepara al “silenzio” e all'”ombra”, simboli della morte, accettando con rassegnazione il fatto che presto si unirà a quel mondo di spiriti e di silenzio.
Commento
Nevicata è una poesia dominata da un’atmosfera di morte e di silenzio. Il paesaggio innevato, privo di suoni, diventa il simbolo di una vita sospesa e vuota, in cui il poeta si confronta con l’idea della propria fine. La città, solitamente animata e vivace, appare come un luogo desolato, dove i suoni della vita quotidiana sono stati cancellati dal manto della neve e dal passare del tempo.
Carducci, in questa poesia, abbandona il tono epico e celebrativo che lo caratterizza in altre opere per concentrarsi su una riflessione personale e intimistica. Il dialogo con il proprio cuore è una chiara manifestazione della consapevolezza del poeta di essere vicino alla morte. Gli “spiriti reduci” sono un’immagine di grande potenza, in quanto rappresentano i ricordi e le memorie che continuano a tormentare il poeta, ma che allo stesso tempo lo avvicinano alla pace del silenzio eterno.
Mentre in San Martino la natura era viva e gioiosa, in Nevicata la natura è fredda, silenziosa e immobile. La neve copre tutto, portando con sé un senso di pace ma anche di fine, di morte. La poesia è un memento mori, un invito a riflettere sulla fragilità della vita e sull’inevitabile avvicinarsi della morte.
Conclusione
Le due poesie, San Martino e Nevicata, rappresentano due lati opposti della poetica di Giosuè Carducci. San Martino celebra la vitalità, la gioia del vivere e la bellezza della natura, pur con una lieve malinconia legata al passare del tempo. Nevicata, al contrario, è una meditazione sulla solitudine, il silenzio e la morte, dove la natura diventa un riflesso della condizione interiore del poeta, ormai consapevole dell’avvicinarsi della fine. Entrambe le poesie mostrano la maestria di Carducci nel collegare il paesaggio esterno ai sentimenti più profondi dell’animo umano.
Testo di San Martino
San Martino
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar 12
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar. 16
Testo di Nevicata
Nevicata
Lenta fiocca la neve pe ‘l cielo cinerëo: gridi,
suoni di vita piú non salgon da la città,
non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
non d’amor la canzon ilare e di gioventú. 4
Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dí.
Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me. 8
In breve, o cari, in breve – tu càlmati, indomito cuore –
giú al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.