Elena madre di Costantino del prof. Luigi Gaudio
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28 Dicembre 2019Nel sesto libro dell'”Eneide” di Virgilio, il protagonista, Enea, visita il regno dei morti e incontra le anime dei suoi discendenti futuri.
Questi discendenti rappresentano una parte fondamentale della sua eredità e del suo destino.
Tra i discendenti menzionati, vi sono Silvio, Procas e Numitore, che sono re di Alba Longa, la città fondata dai troiani. Numitore è il padre di Rea Silvia, che diventa madre dei gemelli Romolo e Remo, i fondatori leggendari di Roma.
Romolo, il primo re di Roma, e Remo, il suo fratello, sono considerati i progenitori della città eterna. Inoltre, ci sono anche Silvio Procolo, un altro sovrano di Alba Longa, e Ascanio, anche conosciuto come Iulo, che è il fondatore della dinastia giulio-claudia, dalla quale discenderanno personaggi importanti come Giulio Cesare e l’imperatore Augusto.
Attraverso questa visita agli inferi, Virgilio dipinge un quadro epico della genealogia di Enea, mostrando come la sua discendenza sia destinata a plasmare il futuro glorioso di Roma.
Testo dei versi 752-797 del sesto libro dell’Eneide
Anchise così aveva detto
e trae in mezzo al convegno
e alla folla rombante il figlio con la Sibilla;
e sale su un colle onde tutti si possan di fronte
in quel lungo passaggio discernere i volti.
«Adesso ti svelo qual gloria il futuro riserba
alla prole di Dàrdano, quali dell’Itala gente nipoti
avrai, anime illustri che il nostro nome nel mondo
avranno; e a te mostrerò il tuo destino.
Quel giovane, vedi, che all’asta s’appoggia sfornita
di punta di ferro è il più vicino a tornare nel mondo,
sorgerà per il primo alla luce terrena da sangue
Italico misto col tuo: è Silvio, tuo ultimo nato,
che a te, già inoltrato negli anni, la moglie Lavinia
alleverà nelle selve eletto ad essere re e padre di re:
onde tua stirpe regnerà su Alba Longa.
Quello a lui presso è Proca, vanto alla gente Troiana,
e poi Capi e poi Numitore e poi l’altro
che avrà pure il tuo nome: Silvio Enea
egualmente egregio nell’armi e nei riti pietosi
se mai salirà per regnare sul trono di Alba.
Che giovani! osserva la forza che mostrano ai gesti!
e portan del civico serto di quercia11 ombrata la fronte.
Questi Nomento e Gabi e Fidena, questi sui colli
fonderanno Collazia e Pomezia e Castro di Fauno
e Bola e Cori: terre or senza nome e un giorno famose.
E seguirà sùbito all’avo nel regno il figlio di Marte
Romolo, che Ilia sua madre di Assaraco sangue
alleverà. Vedi che ha due creste sul capo e il Padre
lo fregia d’insegna immortale fra gli uomini.
Sotto gli auspici di lui l’inclita Roma, o fi gliuolo,
avrà quanto il mondo grande l’imperio
e pari avrà l’animo a quello dei Numi celesti
e ben sette colli da sola cingerà con un muro,
bella di prole d’eroi: così la Madre Cibele
turrita percorre sul carro le città della Frigia,
lieta di prole divina e abbraccia cento nipoti
tutti abitanti le sfere alte del cielo.
Or rivolgi quaggiù le tue pupille,
e guarda questa gente: i tuoi Romani!
Cesare è qui, la stirpe e qui di lulo
che uscirà sotto il grande arco dei cieli;
e qui l’eroe che più ti si promise,
Cesare Augusto prole del Divino,
che innovera nel Lazio il secol d’oro
sui campi un di regnati da Saturno,
che oltre gl’Indi e oltre i Garamanti
l’impero estenderà, fino alle terre
che son di la dal corso delle stelle
e di la dal cammino annuo del sole,
dove Atlante su gli omeri rivolge
l’asse del ciel trapunto d’astri ardenti.
Or trepidano già, per quest’avvento
presagito da oracoli divini,
la meotide terra e i caspii regni;