Diario clandestino di Giovannino Guareschi quarta parte
28 Dicembre 2019Il cavaliere inesistente di Italo Calvino
28 Dicembre 2019“I topi” di Dino Buzzati è un racconto che narra la trasformazione di una tranquilla villa di campagna, la Doganella, in un luogo dominato da una piaga di topi.
L’invito estivo annuale dell’autore da parte dei Corio, amici che possiedono la villa, viene interrotto senza spiegazioni convincenti. L’autore inizia a ricordare eventi passati apparentemente insignificanti, ma che ora acquistano un significato più profondo.
Gli eventi apparentemente casuali includono la presenza di topi nella villa, il cui numero e aggressività crescono con il passare degli anni. Nonostante le preoccupazioni riguardo ai topi, i Corio sembrano non prendere provvedimenti efficaci per contrastarli. La situazione peggiora quando i gatti, utilizzati come controllo naturale dei topi, vengono sconfitti dagli stessi roditori.
La situazione raggiunge l’apice quando si scopre che i topi si sono riuniti in una sorta di comunità sotterranea nella fogna della villa, mentre i Corio sembrano essere reclusi e incapaci di affrontare il problema. Le voci che circolano nella comunità locale parlano di una situazione disastrosa all’interno della villa, con i Corio ridotti in schiavitù dai topi.
Il racconto si conclude con un’atmosfera cupa e misteriosa, con l’autore che riflette sulle strane voci che circolano e sull’incapacità di fare luce sulla situazione dei Corio. La villa, un tempo luogo di pace e serenità, è ora diventata una prigione dominata dalla presenza opprimente dei topi, mentre i suoi abitanti sembrano essere caduti in una sorta di oscura fatalità.
Il giorno dopo, a tavola, domando: “Ma non prendete nessun provvedimento contro i topi? In soffitta c’era la sarabanda, questa notte”. Vedo Giovanni che si scurisce in volto: “I topi? Di che topi parli? In casa grazie a Dio non ce n’è più”. Anche i suoi vecchi genitori insorgono: “Macché topi d’Egitto. Ti sarai sognato, caro mio”. “Eppure” dico “vi garantisco che c’era il quarantotto, e non esagero. In certi momenti ho visto il soffitto che tremava.” Giovanni s’è fatto pensieroso: “Sai che cosa può essere? Non te n’ho mai parlato perché c’è chi si impressiona, ma in questa casa ci sono degli spiriti.
Anch’io li sento spesso… E certe notti hanno il demonio in corpo!”. Io rido: “Non mi prenderai mica per un ragazzetto, spero! Altro che spiriti. Quelli erano topi, garantito, topacci, ratti, pantegane!… E a proposito, dove sono andati a finire i due famosi gatti?”. “Li abbiamo dati via, se vuoi sapere… Ma coi topi hai la fissazione!
Possibile che tu non parli d’altro!… Dopo tutto, questa è una casa di campagna, non puoi mica pretendere che…” Io lo guardo sbalordito: ma perché si arrabbia tanto? Lui, di solito così gentile e mite.
Più tardi è ancora Giorgio, il primogenito, a farmi il quadro della situazione. “Non credere a papà” mi dice. “Quelli che hai sentito erano proprio topi, alle volte anche noi non riusciamo a prender sonno. Tu li vedessi, sono dei mostri, sono; neri come il carbone, con delle setole che sembran degli stecchi… E i due gatti, se vuoi sapere, sono stati loro a farli fuori… è successo di notte. Si dormiva già da un paio d’ore e dei terribili miagolii ci hanno svegliato. In salotto c’era il putiferio. Allora siamo saltati giù dal letto, ma dei gatti non si è trovata traccia… Solo dei ciuffi di pelo… delle macchie di sangue qua e là.” “Ma non provvedete? Trappole? Veleni? Non capisco come tuo papà non si preoccupi…” “Come no? Il suo assillo, è diventato. Ma anche lui adesso ha paura, dice che è meglio non provocarli, che sarebbe peggio. Dice che, tanto, non servirebbe a niente, che ormai sono diventati troppi… Dice che l’unica sarebbe dar fuoco alla casa… E poi, poi sai cosa dice? è ridicolo a pensarci. Dice che non conviene mettersi decisamente contro.” “Contro chi?” “Contro di loro, i topi. Dice che un giorno, quando saranno ancora di più, potrebbero anche vendicarsi… Alle volte mi domando se papà non stia diventando un poco matto. Lo sai che una sera l’ho sorpreso mentre buttava una salsiccia giù in cantina? Il bocconcino per i cari animaletti! Li odia ma li teme. E li vuol tenere buoni.”
Così per anni. Finché l’estate scorsa aspettai invano che sopra la mia camera si scatenasse il solito tumulto.
Silenzio, finalmente. Una gran pace. Solo la voce dei grilli dal giardino, Al mattino, sulle scale incontro Giorgio: “Complimenti” gli dico “ma mi sai dire come siete riusciti a far piazza pulita? Questa notte non c’era un topolino in tutta la soffitta”.
Giorgio mi guarda con un sorriso incerto. Poi: “Vieni vieni” risponde “vieni un po’ a vedere”.
Mi conduce in cantina, là dove c’è una botola chiusa da un portello: “Sono laggiù adesso” mi sussurra. “Da qualche mese si sono tutti riuniti qui sotto, nella fogna. Per la casa non ne girano che pochi. Sono qui sotto… ascolta…” Tacque. E attraverso il pavimento giunse un suono difficilmente descrivibile: un brusìo, un cupo fremito, un rombo sordo come di materia inquieta e viva che fermenti; e frammezzo pure delle voci, piccole grida acute, fischi, sussurri. “Ma quanti sono?” chiesi con un brivido.
“Chissà. Milioni forse… Adesso guarda, ma fa presto.” Accese un fiammifero e, sollevato il coperchio della botola, lo lasciò cadere giù nel buco. Per un attimo io vidi: in una specie di caverna, un frenetico brulichio di forme nere, accavallantisi in smaniosi vortici. E c’era in quel laido tumulto una potenza, una vitalità infernale, che nessuno avrebbe più fermato. I topi! Vidi anche un luccicare di pupille, migliaia e migliaia, rivolte in su, che mi fissavano cattive. Ma Giorgio chiuse il coperchio con un tonfo.
E adesso? Perché Giovanni ha scritto di non potere più invitarmi? Cosa è successo? Avrei la tentazione di fargli una visita, pochi minuti basterebbero, tanto per sapere. Ma confesso che non ne ho il coraggio. Da varie fonti mi sono giunte strane voci. Talmente strane che la gente le ripete come favole, e ne ride. Ma io non rido.
Dicono per esempio che i due vecchi genitori Corio siano morti. Dicono che nessuno esca più dalla villa e che i viveri glieli porti un uomo del paese, lasciando il pacco al limite del bosco. Dicono che nella villa nessuno possa entrare; che enormi topi l’abbiano occupata: e che i Corio ne siano gli schiavi.
Un contadino che si è avvicinato – ma non molto perché sulla soglia della villa stava una dozzina di bestiacce in atteggiamento minaccioso – dice di aver intravisto la signora Elena Corio, la moglie del mio amico, quella dolce e amabile creatura. Era in cucina, accanto al fuoco, vestita come una pezzente; e rimestava in un immenso calderone, mentre intorno grappoli fetidi di topi la incitavano, avidi di cibo.
Sembrava stanchissima ed afflitta. Come scorse l’uomo che guardava, gli fece con le mani un gesto sconsolato, quasi volesse dire: “Non datevi pensiero, è troppo tardi. Per noi non ci sono più speranze”.
Leggi la prima parte del racconto