Diario clandestino di Giovannino Guareschi quarta parte
28 Dicembre 2019Il cavaliere inesistente di Italo Calvino
28 Dicembre 2019“I topi” di Dino Buzzati è un racconto che mescola abilmente elementi di realismo e di atmosfera gotica per creare un’opera dai toni cupi e inquietanti.
Ecco alcuni punti chiave e osservazioni sull’analisi del racconto:
1. “Atmosfera e tono”: Buzzati crea un’atmosfera di suspense e inquietudine fin dall’inizio del racconto. L’invito estivo interrotto senza spiegazioni, le stranezze e i comportamenti evasivi dei Corio, insieme alle voci sinistre che circolano, contribuiscono a creare un senso di mistero e tensione crescente.
2. “Simbolismo dei topi”: I topi nel racconto rappresentano una forza oscura e inarrestabile che minaccia di distruggere la tranquillità e l’equilibrio della villa. Possono essere interpretati come una metafora per problemi non affrontati o pericoli crescenti che si insinuano lentamente ma inesorabilmente nella vita dei personaggi.
3. “Declino e degrado”: La trasformazione della villa, da luogo di pace e serenità a prigione dominata dai topi, riflette un tema più ampio di declino e degrado. Questo declino non riguarda solo la villa fisica, ma anche la salute mentale e l’integrità dei suoi abitanti, come evidenziato dalla presunta schiavitù dei Corio.
4. “L’impotenza umana”: Il racconto mette in luce l’impotenza umana di fronte a forze più grandi e spaventose. Nonostante i tentativi dei Corio di affrontare il problema dei topi, sembrano essere sempre più sopraffatti e impotenti di fronte alla loro invasione. Questo tema suggerisce una riflessione più ampia sull’incapacità umana di controllare completamente il proprio destino.
5. “Ambiguità e suggestione”: Buzzati usa abilmente l’ambiguità e la suggestione per mantenere il lettore coinvolto e incuriosito fino alla fine del racconto. Lascia molte domande senza risposta e fornisce solo indizi vaghi sulla vera natura degli eventi nella villa, permettendo al lettore di speculare e interpretare liberamente il significato della storia.
In sintesi, “I topi” è un racconto ricco di tensione, simbolismo e mistero, che affronta temi universali come il declino umano e l’impotenza di fronte alle forze oscure della vita. La maestria narrativa di Buzzati e la sua capacità di creare un’atmosfera coinvolgente rendono questo racconto un’opera memorabile e suggestiva.
Che ne è degli amici Corio? Che sta accadendo nella loro vecchia villa di campagna, detta la Doganella? Da tempo immemorabile ogni estate mi invitavano per qualche settimana. Quest’anno per la prima volta no. Giovanni mi ha scritto poche righe per scusarsi. Una lettera curiosa, che allude in forma vaga a difficoltà o a dispiaceri familiari; e che non spiega niente.
Quanti giorni lieti ho vissuto in casa loro, nella solitudine dei boschi. Dai vecchi ricordi oggi per la prima volta affiorano dei piccoli fatti che allora mi parvero banali o indifferenti. E all’improvviso si rivelano.
Per esempio, da un’estate lontanissima, parecchio prima della guerra – era la seconda volta che andavo ospite dei Corio – torna a mente la seguente scena: mi ero già ritirato nella camera d’angolo al secondo piano, che dava sul giardino – anche gli anni successivi ho dormito sempre là – e stavo andando a letto. Quando udii un piccolo rumore, un grattamento alla base della porta. Andai ad aprire. Un minuscolo topo sgusciò tra le mie gambe, attraversò la camera e andò a nascondersi sotto il cassettone.
Correva in modo goffo, avrei fatto in tempo benissimo a schiacciarlo. Ma era così grazioso e fragile.
Per caso, il mattino dopo, ne parlai a Giovanni. “Ah, sì” fece lui distratto “ogni tanto qualche topo gira per la casa.” “Era un sorcio4 piccolissimo… non ho avuto neanche il coraggio di…” “Sì, me lo immagino. Ma non ci fare caso…” Cambiò argomento, pareva che il mio discorso gli spiacesse.
L’anno dopo. Una sera si giocava a carte, sarà stata mezzanotte e mezzo, dalla stanza vicina – il salotto dove a quell’ora le luci erano spente – giunse un clac, suono metallico come di una molla. “Cos’è?” domando io. “Non ho sentito niente” fa Giovanni evasivo. “Tu Elena hai sentito qualche cosa?” “Io no” gli risponde la moglie, facendosi un po’ rossa. “Perché?” Io dico: “Mi sembrava che di là in salotto… un rumore metallico…”. Notai un velo di imbarazzo. “Bene, tocca a me fare le carte?” Neanche dieci minuti dopo, un altro clac, dal corridoio questa volta, e accompagnato da un sottile strido, come di bestia. “Dimmi, Giovanni” io chiedo “avete messo delle trappole per topi?” “Che io sappia, no. Vero, Elena? Sono state messe delle trappole?” Lei: “E che vi salta in mente? Per i pochi topi che ci sono!”.
Passa un anno. Appena entro nella villa, noto due gatti magnifici, dotati di straordinaria animazione: razza soriana, muscolatura atletica, pelo di seta come hanno i gatti che si nutrono di topi. Dico a Giovanni: “Ah, dunque vi siete decisi finalmente. Chissà che spaventose scorpacciate fanno.Di topi qui non ci sarà penuria”. “Anzi” fa lui “solo di quando in quando… Se dovessero vivere solo di topi…” “Però li vedo belli grassi, questi mici.” “Già, stanno bene, la faccia della salute non gli manca. Sai, in cucina trovano ogni ben di Dio.”
Passa un altro anno e come io arrivo in villa per le mie solite vacanze, ecco che ricompaiono i due gatti. Ma non sembrano più quelli, non vigorosi e alacri, bensì cascanti, smorti, magri. Non guizzano più da una stanza all’altra celermente. Al contrario, sempre tra i piedi dei padroni, sonnolenti, privi di qualsiasi iniziativa. Io chiedo: “Sono malati? Come mai così sparuti? Forse non hanno più topi da mangiare?”. “L’hai detto” risponde Giovanni Corio vivamente. “Sono i più stupidi gatti che abbia visto. Hanno messo il muso da quando in casa non esistono più topi…
Neanche il seme ci è rimasto!” E soddisfatto fa una gran risata.
Più tardi Giorgio, il figlio più grandicello, mi chiama in disparte con aria di complotto: “Sai il motivo qual è? Hanno paura!”. “Chi ha paura?” E lui: “I gatti, hanno paura. Papà non vuole mai che se ne parli, è una cosa che gli dà fastidio. Ma è positivo che i gatti hanno paura”. “Paura di chi?” “Bravo! Dei topi! In un anno, da dieci che erano, quelle bestiacce sono diventate cento… E altro che i sorcettini d’una volta! Sembrano delle tigri. Più grandi di una talpa, il pelo ispido e di colore nero. Insomma i gatti non osano attaccarli.” “E voi non fate niente?” “Mah, qualcosa si dovrà pur fare, ma il papà non si decide mai.
Non capisco il perché, ma è un argomento che è meglio non toccare, lui diventa subito nervoso…”
E l’anno dopo, fin dalla prima notte, un grande strepito sopra la mia camera come di gente che corresse.
Patatrùm, patatrùm. Eppure so benissimo che sopra non ci può essere nessuno, soltanto la inabitabile soffitta, piena di mobili vecchi, casse e simili. “Accidenti che cavalleria” mi dico “devono essere ben grossi questi topi.” Un tal rumore che stento a addormentarmi.
Leggi la seconda parte del racconto