
Perché leggiamo Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald
28 Dicembre 2019
Cerco lavoro di Mauro Sottili
28 Dicembre 2019Il terzo romanzo della trilogia degli Antenati di Calvino ci porta ancora più indietro nel tempo, rispetto al Visconte e al Barone, in questo caso fino all’VIII secolo.
Calvino utilizza alcuni personaggi dell’Orlando Furioso e ne inventa alcuni propri per questa storia ambientata durante il regno di Carlo Magno. Un personaggio che inventa è l’omonimo Agilulfo Emo Bertrandino dei Guildiverni e degli Altri di Corbentraz e Sura, cavaliere di Selimpia Citeriore e Fez. Quando Carlo Magno ispeziona le sue truppe all’inizio della storia, vediamo Agilulfo splendente nella sua armatura, cavaliere coraggioso e nobile. L’unico problema è che non esiste, perché l’armatura è vuota. Come per gli altri romanzi di questa trilogia, anche gli altri personaggi hanno i loro problemi. L’eroina, l’amazzone Bradamante, è innamorata di Agilulfo, poiché è l’unico uomo all’altezza dei suoi standard. Il giovane Rambaldo, che venera Agilulfo ed è intento a vendicare il padre morto, è innamorato di Bradamante, in uno di quei contorti triangoli amorosi che si ritrovano nei racconti medievali. Agilulfo, ovviamente, ha il suo Sancho Panza, in questo caso Gurdulù che esiste ma è molto meno sicuro della sua esistenza rispetto al suo maestro inesistente.
Come in tutte le belle storie di questo tipo, c’è una ricerca. Il giovane cavaliere Torrismondo, geloso di Agilulfo e infastidito dal fatto che Agilulfo se la prenda con lui, contesta una delle gesta di Agilulfo, dicendo che la fanciulla da lui salvata non era, in realtà, una fanciulla. Agilulfo si propone di dimostrare che lo era e si mette alla ricerca, seguito da Bradamante, che è a sua volta seguito da Rambaldo, mentre Torrismondo si propone di ritrovare le proprie radici, credendosi discendente dai Cavalieri del Santo Graal. Naturalmente, tutto diventa orribilmente contorto mentre Calvino infilza in modo malvagio e divertente le leggende arturiane e i racconti medievali di coraggio e cavalleria. Le cose si complicano quando si scopre che il narratore non è la persona che pensavamo. Calvino lo fa molto bene e chiaramente si è divertito molto a scrivere questo romanzo, ma non leggerai mai più le leggende arturiane allo stesso modo.