In principio era Dylan
28 Dicembre 2019Purgatorio XXI vv. 130-136 e XXIV vv. 1-51
28 Dicembre 2019Il proemio del Decameron di Giovanni Boccaccio costituisce una parte cruciale per comprendere non solo il contesto dell’opera, ma anche le intenzioni dell’autore e i destinatari principali del suo lavoro.
Boccaccio scrive in un momento di grande sofferenza per l’umanità, quello della peste del 1348, e nel proemio introduce l’opera ponendo l’accento sul valore della compassione e sul desiderio di alleviare i dolori di chi soffre.
Introduzione e motivazione dell’opera
Boccaccio apre il proemio riflettendo sulla natura umana, ponendo al centro la compassione per gli afflitti, soprattutto quando essi si trovano in uno stato di bisogno:
«Umana cosa è aver compassione degli afflitti, e massimamente a coloro si conviene, che conforto hanno bisogno e non possono averlo da sé medesimi.» (Proemio, Decameron).
Questa frase, una delle più famose del Decameron, stabilisce subito il tono morale dell’opera. Boccaccio suggerisce che la compassione è un atto naturale e quasi doveroso, in particolare per coloro che non hanno modo di alleviare da soli le proprie sofferenze. Il contesto di chiusura e isolamento durante la peste rende questo tema ancora più rilevante.
Dedica alle donne
L’autore dichiara poi esplicitamente a chi è rivolto il suo “lavoretto”, ossia le donne innamorate, che, secondo Boccaccio, sono particolarmente vulnerabili alle sofferenze emotive. A causa delle convenzioni sociali dell’epoca, queste donne non avevano gli stessi mezzi degli uomini per distrarsi e alleviare le proprie pene, essendo confinate in una vita di riserbo e di silenziosa sofferenza:
«A voi, graziose donne, è questo lavoretto presente diretto» (Proemio, Decameron),
«le quali rinchiuse nelle vostre camere o ne’ vostri segreti, vietate dagli amorosi piaceri o dal riguardo dei parenti o di qualunque altra persona, vi consumate talvolta dentro a’ vostri dolorosi pensieri.»
Qui Boccaccio mette in evidenza il dolore delle donne, costrette a vivere in ambienti chiusi e a reprimere le proprie passioni. Le donne del Trecento, per il rispetto delle convenzioni sociali e familiari, non potevano esprimere liberamente i loro sentimenti amorosi, e il dolore che ne derivava era spesso nascosto e, per questo, ancor più devastante.
Scopo dell’opera: alleviare i dolori d’amore
Boccaccio si propone di offrire sollievo a questo tipo di sofferenza. Le novelle del Decameron, con il loro carattere spesso leggero e divertente, hanno lo scopo di distrarre le donne dalle loro pene amorose. L’intenzione non è solo quella di intrattenere, ma anche di offrire un’alternativa alla malinconia e all’isolamento interiore:
«Io intendo di porgere alcuno sollazzo, per lo quale trapassando il tedio, il quale vi è arrecato dall’ozio, lo sconforto che ne nasce… almen per lo breve tempo ch’esse dureranno, si possa da voi trapassare» (Proemio, Decameron).
L’idea centrale è che l’ozio, in assenza di distrazioni, può peggiorare le sofferenze delle donne, inducendole a riflettere continuamente sui loro dolori. Il rimedio che Boccaccio offre è semplice: un po’ di “sollazzo”, ossia distrazione e divertimento, attraverso le novelle che verranno narrate. Così facendo, egli mira a fornire un temporaneo sollievo dalle sofferenze d’amore.
Un’opera concepita per la leggerezza, non per il giudizio
Nella parte finale del proemio, Boccaccio si sofferma sull’umiltà del suo lavoro e sul fatto che l’opera non deve essere presa come un grande trattato filosofico o morale, ma piuttosto come un’opera leggera, concepita per il piacere e l’intrattenimento. Si difende dalle possibili critiche, affermando che il suo intento è di piacere, non di insegnare o giudicare:
«Né alcuno perciò mi riprenda, dicendo che troppo alto sia il mio intendimento, a volere con parole tòrre la malinconia da’ malinconici con parole tolta da me» (Proemio, Decameron).
Boccaccio sottolinea qui l’intento modesto e umile del suo lavoro: non si pone come un predicatore o un maestro di vita, bensì come un narratore che, attraverso il racconto, cerca semplicemente di alleviare le pene degli altri. Non pretende di offrire soluzioni definitive o morali elevate; il suo contributo è circoscritto al “tempo breve” in cui le novelle possono distogliere le donne dai loro pensieri dolorosi.
Le critiche e le potenziali accuse
Infine, con un tono velatamente difensivo, Boccaccio anticipa e risponde alle critiche di coloro che potrebbero giudicare severamente la sua opera per il fatto che un uomo si rivolga così direttamente alle donne. Difende la sua scelta, dicendo che un tale gesto non deve essere mal visto, poiché nasce da compassione e da una comprensione profonda delle loro sofferenze:
«Alcuno forse dirà, che non si conviene a me, se non d’averli sentiti; e però non è a seguir gli uomini di legger valore.» (Proemio, Decameron).
Qui, l’autore riconosce che il fatto di scrivere per le donne potrebbe sembrare inappropriato agli occhi di alcuni critici del suo tempo, ma ribadisce che il suo atto di compassione non dovrebbe essere frainteso o disprezzato.
Conclusione
Il proemio del Decameron è quindi una dichiarazione programmatica che spiega il senso e la funzione dell’opera: attraverso la narrazione leggera e divertente, Boccaccio intende offrire un sollievo temporaneo dai dolori e dalle preoccupazioni, rivolgendosi principalmente alle donne che soffrono in silenzio. Attraverso questo espediente, Boccaccio propone una sorta di “terapia narrativa” per l’animo umano, una via di fuga dalle sofferenze causate dall’amore e dalle limitazioni imposte dalla società dell’epoca.
Audio Lezioni su Giovanni Boccaccio del prof. Gaudio