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1 Agosto 2015Tematiche: l’uomo e gli animali
I gringo cacciano e ammazzano cuccioli di tigrillo, unfelino, solo per il gusto di farlo, facendo ammattire la madre dei cuccioli, mentre gli shuar non uccidono mai i tigrillo, semmai uccidono altri animali, e comunque una pelle di tigrillo produce manufatti utili per gli shuar per tutta una vita, mentre i bianchi non sanno che farsene delle pelle di tigrillo.
La lotta uomo-animale
I riferimenti impliciti sono il Moby Dick di Melville e Il vecchio e il mare di Hemingway. Rispetto ai modelli, si noti, come analogia, il rispetto reciproco di uomo e animale, le tattiche e l’estrema intelligenza che mostra l’animale per ritardare lo scontro. Particolare qui il pianto di Antonio José.
Tematiche: l’uomo e la foresta
Evidente l’ambientalismo ecologico dell’autore, che non a caso nella prefazione dedica questo romanzo a Chico Mendes assassinato perché difendeva questo mondo l’unico che abbiamo.
Importante anche la dedica ad un sindaco shuar. Tutto questo si contrappone alla deforestazione selvaggia, agli stupidi cacciatori di oro, ecc…
Tematiche: la lettura
È l’antidoto contro il male peggiore della vecchiaia: la solitudine
Tecniche narrative: spazi
L’ambiente è quello della foresta amazzonica, tra il Nangaritza e i due affluenti ecuadoriani del Rio, contrapposta a quello della Sierra: sulla Sierra si lavora la terra, nella foresta si vive in un modo totalmente diverso (gli shuar ridono quando sanno da Antonio cosa si fa nella Sierra).
El Idilio è il paese dove Bolìvar decide di vivere poi da solo, in un’umile capanna, a leggere romanzi d’amore. In questo paese vivono solo avventurieri, e il sindaco.
Stile: Fabula e intreccio
Il protagonista non appare subito. Quando entra in scena, viene narrata in flashback gran parte della sua vita. In seguito, a dimostrare l’abilità e la conoscenza della foresta che Josè ha acquisito grazie all’esperienza, si aprono nuovi squarci sul passato del vecchio. Insomma c’è un continuo alternarsi dei tempi.
Stile: Ritmo narrativo
È lento perché alle sequenze narrative, si alternano quelle descrittive e riflessive, e soprattutto i racconti del passato di Antonio José. Così se l’arco di tempo degli avvenimenti è piuttosto corto (pochi giorni) in realtà il romanzo riassume quasi tutta l’esistenza di Antonio José.
Capitolo 1: Il dentista
Rubicondo Loachamín condivide con lo scrittore e con il protagonista il rispetto per le tribù che vivono nella foresta, ed esprime la sua idea vagamente anarchica spiegando ai suoi pazienti che se soffrono per il mal di denti è colpa del governo, di qualsiasi governo si tratti.
Capitolo 1: i Jíbaros
Non tutti gli indigeni continuano a vivere come vivevano da millenni. Ce ne sono alcuni che sono stati “messi al bando dal loro popolo, gli shuar perché degenerati e degradati dai costumi degli “apaches”, i bianchi” (pag. 14)
Capitolo 2: il sindaco
Compare l’istituzione, e il suo pomposo rappresentante, il sindaco, che ha una grande considerazione di se stesso, ma in realtà è un rompiscatole, esattore e “inventore di tasse (pur di spillare soldi agli altri) capitato lì per punizione per una caso di concussione, inetto, sempre sudato, tanto che viene chiamato “lumaca” e oltretutto è lì nella foresta da tanto tempo, ma ancora non ha capito niente
Capitolo 2: Il morto
La morte è sempre in agguato nella foresta, soprattutto per i gringos.
Arriva una barca, nella quale gli shuar portano un morto, un gringo. A questo punto il sindaco grassoccio di El idillio ipotizza che siano stati gli stessi shuar ad averlo ucciso con un colpo di machete alla gola, per impossessarsi dei suoi averi, ma:
- sono quattro i tagli irregolari sulla gola del morto, e nessun machete ha quattro lame
- tutti i beni e gli averi del gringo sono intatti, comprese alcune pelli di piccoli di tigrillo
- il cadavere puzza di piscia di gatto
Il vecchio Bolìvar interviene allora a spiegare che tutti questi indizi fanno capire che quell’uomo è stato ucciso da una femmina di tigrillo, impazzita per la morte dei suoi figli, e non dagli shuar.
Capitolo 3: Antonio José e le donne
Ha avuto una sola donna nella sua vita: la moglie Dolores che ha amato, e che è morta di febbri malariche. Con lei ha condiviso la povertà, i disagi nel passaggio dal paese di San Luis, alla foresta, dove viene loro dato un pezzo di foresta da coltivare, ma dove rischiavano di morire di fame.
A testimonianza del rispetto che lui prova per l’altro sesso, non gli piaceranno i romanzi con amori sensuali ed erotici, ma con storie sentimentali, strappalacrime, e con un lieto fine.
Capitolo 3: Antonio José e gli indios
Dopo la morte della moglie, e dopo la puntura di un serpente “x” il protagonista viene accolto in una tribù di shuar, popoli primitivi della foresta amazzonica ecuadoregna. Da essi impara come sopravvivere in quell’ambiente.
Quando però lui sarà costretto a uccidere l’assassino di Nushiño, il suo compagno di caccia, dal momento che lo farà usando non solo la cerbottana, ma anche un’arma da fuoco, sarà esiliato dagli shuar, e non potrà più vivere con loro.
“Era come loro, ma non era uno di loro, e non avrebbe avuto né una festa né un distacco allucinato”. (pag. 50)
Capitolo 4: Antonio José a El idilio
Costretto a lasciare gli indios, Antonio giunge a El Idilio, dove scopre, quando ci sono le elezioni, che sa leggere. Tra l’altro qui emerge la corruzione, poiché per tutti quelli che votano “Sua Eccellenza il candidato del popolo” è pronta una bottiglia dell’alcolico Frontera (tutti bevono, perché pare l’unico modo per poter andare avanti e non disperarsi).
Capitolo 4: Antonio José e la scoperta della lettura
Ruba poi a un prete di passaggio un libro su San Francesco, ma dopo un po’ di altri tentativi a vuoto (tra cui il libro “Cuore” di De Amicis), scopre poi che il genere che ama di più è quello dei romanzi d’amore, con tanti drammi, e tante sofferenze, mescolate però a una grande felicità.
Capitolo 5: la seconda vittima del felino
Terminati i due capitoli centrali retrospettivi, riprende la narrazione con quella femmina di “tigrillo” impazzita, che vede ormai tutti gli uomini come assassini, non solo i “gringos” che hanno ucciso i suoi piccoli e ferito a morte il maschio della famiglia, e così uccide Napoleòn Salinas, un cercatore d’oro, nella solita maniera, cioè squarciandogli la gola con i suoi artigli.
Capitolo 6: Antonio José legge un altro romanzo
Antonio inizia un altro romanzo che parla di baci, ma gli shuar non baciano, e lui stesso aveva baciato pochissimo sua moglie Dolores Encarnación del Santissimo Sacramento Estupiñán Otavalo.
Questo libro parla anche di Venezia, gondole, gondolieri e canali. Su questo Antonio ha le idee un po’ confuse.
Capitolo 6: terza vittima una mula
Nel frattempo la mula di Miranda, detto Alkaselzer per l’insegna che campeggiava sul suo spaccio a 5 chilometri da El Idilio, corre ferita ai fianchi e squarciata nel petto, così viene uccisa per porre fine alla sua agonia. Il sindaco ordina una spedizione verso lo spaccio di Miranda per il giorno successivo.
Capitolo 6: il ricordo di qualche anno prima
A questo punto Josè capisce che il sindaco gli sta per chiedere di partecipare alla spedizione più o meno come era avvenuto anni e anni addietro, quando erano capitati dei nordamericani nel villaggio, perché volevano fotografare gli shuar nel cuore della foresta. Il sindaco aveva chiesto ad Antonio di accompagnarli. Quando uno di quei gringos però aveva staccato dalla parete della sua capanna il ritratto suo accanto a Dolores, Antonio li aveva cacciati via, minacciando il sindaco con il fucile. Quando però uno di quei nord-americani era stato ucciso da un nugolo di scimmiette, il sindaco gli aveva detto che o andava a riprendere il suo cadavere e quello che trovava, oppure gli avrebbe tolto la capanna e terreno, dal momento che il territorio della foresta è dello Stato.
Così lui aveva recuperato il cadavere di quel gringo e la sua cintura con la fibbia argentata, e il sindaco lo lasciò in pace.
Capitolo 6: il ritorno al presente
“Ma questa pace ora era di nuovo minacciata dal sindaco, che lo avrebbe obbligato a partecipare alla spedizione [con la solita minaccia dell’esproprio], e da artigli affilati, nascosti chissà dove nel folto della foresta [il tigrillo]” (pag. 89)
Capitolo 7: scorpioni
Antonio José Bolívar Proaño così parte insieme con il sindaco e un gruppo di uomini all’alba del giorno seguente. Nel corso della marcia Antonio e gli altri uomini consigliano al sindaco di togliersi gli stivali, che affondano nella melma, e di procedere a piedi nudi, come loro. Lui non lo fa, perde uno stivale, lo cerca nella melma, e scampa a un morso di scorpione solo perché Antonio getta un ramo in mezzo a quella melma e lo tira fuori con attaccato uno di quegli scorpioni.
Capitolo 7: un altro ricordo
Antonio ricorda di quando gli shuar gli hanno insegnato come affrontare la foresta ed i pesci minacciosi, non solo i piranha, ma anche i bagre guacamayo, pesci enormi, di due metri e più di settanta chili di peso, “inoffensivi, ma mortalmente amichevoli”, perché “quando vedevano in acqua un essere umano, si avvicinavano per giocare, affibbiandogli in segno di apprezzamento dei colpi di coda tali da spezzargli facilmente la spina dorsale”.
Insomma, la formazione di Antonio è avvenuta con gli shuar, e quindi, anche se ormai da tanti anni non è più con loro, quello che ha imparato da loro non lo ha dimenticato più. Al contrario, il sindaco è proprio il simbolo dell’uomo che non si adatta all’ambiente, che non è attento alla realtà, ma applica alla foresta gli stessi schemi che potrebbero andare bene solo in altri ambienti.
Capitolo 7: la stupidità del sindaco
Lo shuar sa come affrontare la foresta, i bianchi nordamericani (gringos) o sudamericani (sindaco e cercatori d’oro) no.
Così il sindaco
- vorrebbe un falò, perché a scuola ha imparato che il fuoco allontana gli animali, ma in quella situazione il falò avrebbe attirato lì il tigrillo, avrebbe illuminato i suoi bersagli e nemici (gli uomini), che al contrario sarebbero stati solo accecati dal fuoco, e si sarebbero trovati squartati senza neanche capire come;
- il sindaco fa luce con la sua lanterna, facendo scappare i pipistrelli (che oltretutto impauriti fanno i loro bisognini solidi sugli uomini della spedizione), mentre invece i pipistrelli avrebbero fatto capire da quale parte provenivano le minacce, poiché quando avvertono sintomi di pericolo, volano dalla parte opposta;
- ammazza un orso del miele, l’ animale più inoffensivo di tutta la foresta, credendo si trattasse del tigrillo (oltretutto “porta sfortuna uccidere un orso del miele”).
Capitolo 7: terza e quarta vittima
Il tigrillo ha ucciso prima Plascencio Puñán, mentre stava facendo un suo bisognino, cercatore di smeraldi, non di oro, e poi Miranda Alkaselzer, che aveva visto che fine aveva fatto il suo compagno, che aveva portato due code di iguana da mangiare insieme. Miranda aveva impugnato il machete, ed era saltato sulla mula, ma era stato tutto inutile davanti alla furia del tigrillo.
Capitolo 8: quarta stupidata del sindaco
Mentre sono in una capanna, e il sindaco mostra la sua “cultura” spiegando ad Antonio e agli altri uomini dov’è Venezia e come è fatta, si accorgono che qualcuno (il tigrillo) si sta muovendo con cautela intorno alla capanna. Il sindaco, invece di aver pazienza e aspettare che si avvicinasse ancora di più e fosse a tiro, “scaricò il revolver all’esterno, sparando alla cieca contro il folto degli alberi”.
Capitolo 8: Antonio da solo contro il tigrillo
Definitivamente screditato da Antonio agli occhi degli uomini, il sindaco non trova di meglio che proporre ad Antonio, “visto che è così bravo” di continuare da solo la battuta di caccia, promettendogli cinquemila sucres, mentre lui con gli altri uomini si sarebbe diretto al villaggio per difenderlo dall’arrivo del felino impazzito.
Capitolo 8: Antonio è un cacciatore?
Antonio accetta, più che per i soldi, per un “atto di pietà” nei confronti del felino. “la bestia cercava l’occasione di morire faccia a faccia” in un duello che né il sindaco né gli altri uomini avrebbero potuto capire.
Inizia così una battaglia a due fra l’animale (che dimostra di esser più intelligente di tanti uomini) e Antonio, che, a dispetto di quello che dicono gli abitanti di El Idilio, non si considera un cacciatore.
Capitolo 8: altri ricordi
Nel senso che per Antonio i cacciatori veri “uccidono per vincere una paura che li fa impazzire, che li fa marcire dentro”. Praticamente i cacciatori “veri” non sono costretti ad ammazzare, lo fanno non per necessità.
Lui invece uccide solo quando è costretto ad uccidere, per un atto di giustizia, come quando ha ucciso un anaconda, oppure per un omaggio dettato dalla gratitudine, come quando ne ha ucciso un altro, o infine per dare una mano ai coloni, come quando ha ucciso un tigrillo che si accaniva sulle vacche e sulle mule.
Capitolo 8: lo scontro finale
È il momento di massima tensione (spannung): ormai rimangono solo loro due, uno contro l’altro. La femmina di tigrillo è ancora più inferocita, perché il suo compagno ferito dal gringo, dopo alcuni giorni di agonia, muore.
Capitolo 8: ultimo ricordo
Comunque, anche in un momento così intenso, Antonio ricorda che gli shuar non uccidono i tigrillo, perché, “La carne non è commestibile e basta una sola pelle per fabbricare centinaia di monili che durano generazioni” (pag. 119). Gli shuar uccidono solo tzanzas (quelli che noi chiamiamo bradipi) perché, come gli ha spiegato il suo amico Nushiño, un capo sanguinario, per sfuggire alla vendetta si è “trasformato in un pigro tzanza, ma i bradipi sono tutti uguali ed è impossibile sapere quale di loro nasconde lo shuar condannato. Per questo bisogna ucciderli tutti” (pag. 120)
Capitolo 8: l’epilogo
Bisogna però dire che Antonio José alla fine del racconto non è per niente soddisfatto della sua performance di cacciatore, e prova vergogna per la sua indegnità che non lo rende vincitore di una battaglia come effettivamente apparirebbe agli occhi degli altri abitanti di El Idilio, ma solo un inutile carnefice, come sarebbe apparso agli occhi degli shuar (i quali ritengono la doppietta uno strumento di viltà e prediligono il combattimento corpo a corpo con frecce avvelenate).
Così Antonio si mette a piangere (leggi pag. 131-132).
Capitolo 8: l’epilogo nel film
Per questo nel film Antonio uccide la bestia con una cerbottana e un dardo intinto nel curaro, come fanno gli indigeni, anche se questo finale è poco credibile. Infatti, se è vero che così ripara idealmente alla morte dell’assassino di Nushiño, che ha causato il suo allontanamento dalla tribù di shuar, d’altra parte non è verosimile che il tigrillo si accasci di lato mentre compie l’ultimo balzo su Antonio per il colpo di un dardo, per quanto letale, mentre è molto più probabile che accada per un colpo di fucile, come scritto nel libro.
Capitolo 8: le ultime parole del libro
Il romanzo termina con una professione di fede nella natura incontaminata dall’uomo, cioè con il messaggio ecologista che sta alla base del testo.
(leggi pag. 132)