
Operazione Pasqualino dai Racconti romani di Alberto Moravia
28 Dicembre 2019
Nella nebbia di Giovanni Pascoli
28 Dicembre 2019📜 Analisi e Testo di Il velo delle Grazie di Ugo Foscolo
1. 🌟 Contesto e Significato Generale
Il velo delle Grazie è un brano del terzo Inno del Poema de “Le Grazie” di Ugo Foscolo che si inserisce nella tradizione neoclassica, ispirata alla mitologia greca e romana. Il poeta descrive il tessuto di un velo mitico, simbolo di bellezza, immortalitĂ e destino umano. Attraverso immagini ricche di simbolismo, Foscolo riflette sulla condizione umana, sul dolore della vita e sulla fugacitĂ della felicitĂ .
Il velo è tessuto dalle Grazie, dee della bellezza e dell’armonia, e rappresenta un oggetto divino che trascende la realtà terrena. Tuttavia, la presenza di elementi dolorosi (come i vagiti del neonato e il pianto della madre) introduce una riflessione sulla sofferenza umana, sottolineando il contrasto tra l’eternità divina e la mortalità umana.
2. 🖼️ Immagini e Simbolismo
1. Il Velo come Simbolo di Bellezza e Destino
- “Mesci cerulee, Dea, mesci le fila” : Le Grazie tessono il velo con fili celesti, simboleggiando la purezza e l’eternitĂ .
- “Pinta il lembo estremo abbia una donna” : Il velo è ornato con immagini di figure femminili, che rappresentano la maternitĂ e l’amore, ma anche la fragilitĂ umana.
2. La Madre e il Neonato: Presagi di Vita e Morte
- “Nutre una lampa su la culla, e teme / non i vagiti del suo primo infante / sien presagi di morte” : La madre veglia sul figlio neonato, temendo che i suoi vagiti possano essere segni di una vita dolorosa o di morte precoce. Questo passaggio riflette la consapevolezza del poeta riguardo alla precarietĂ della vita umana.
- “Beata! ancor non sa quanto agl’infanti / provvido è il sonno eterno” : Il “sonno eterno” è un eufemismo per la morte, presentata come una liberazione dalla sofferenza terrena.
3. La Natura Divina e la FragilitĂ Umana
- “E fra l’altre immortali ultima venne / rugiadosa la bionda Ebe” : Ebe, dea della giovinezza, aggiunge ambrosia al velo, rendendolo eterno. Questo contrasta con la condizione umana, legata al tempo e alla morte.
- “Sol la fragranza, se vicino è un Iddio, scende alla terra” : L’immortalitĂ divina è inaccessibile agli esseri umani, che possono solo percepire la sua eco (la fragranza).
4. Le Tre Grazie e il Velo
- “Poi su le tre di Citerea Gemelle / tutte le Dive il diffondeano” : Le Grazie, associate a Venere (Citerea), completano il velo, simboleggiando la bellezza e l’armonia divine.
- “E sì velate apparian come pria vergini nude” : Il velo nasconde e allo stesso tempo rivela, simboleggiando il dualismo tra purezza e sensualitĂ , tra divino e umano.
3. 🎠Tono e Stile
1. Tono Contemplativo e Malinconico
Il tono della poesia è contemplativo e malinconico, riflettendo la visione foscoliana della vita come un insieme di bellezza e dolore. La bellezza del velo è contrapposta alla sofferenza umana, creando un senso di nostalgia per ciò che è irraggiungibile.
2. Linguaggio Ricco di Immagini Mitologiche
Foscolo utilizza un linguaggio denso di riferimenti mitologici, come le Grazie, Ebe, Flora e Aurora. Questi personaggi divini rappresentano valori universali come la bellezza, l’immortalità e l’armonia, ma sono sempre filtrati attraverso la prospettiva umana, che li rende inaccessibili.
3. Metrica e Ritmo
La poesia è scritta in endecasillabi, con un ritmo cadenzato che riflette la solennitĂ del tema. Le ripetizioni (“mesci le fila”, “presagi son di dolorosa vita”) creano un effetto ipnotico, enfatizzando l’eternitĂ del velo e la ciclicitĂ della vita umana.
4. đź’ˇ Temi Principali
1. La Bellezza e la FragilitĂ Umana
Il velo delle Grazie rappresenta la bellezza ideale, ma la sua perfezione è irraggiungibile per gli esseri umani, legati al dolore e alla morte.
2. Il Contrasto tra Divino e Umano
Gli dei vivono in un mondo di eternità e armonia, mentre gli uomini sono condannati a una vita breve e dolorosa. Questo contrasto è espresso attraverso il velo, che è divino ma indossato da figure umane.
3. La Consapevolezza della Morte
Il tema della morte è centrale nella poesia. Foscolo suggerisce che la morte sia una liberazione dal dolore terreno, ma anche una perdita irreparabile della bellezza e dell’amore.
5. 🌌 Riflessione Finale
Il velo delle Grazie è un’opera che combina bellezza e malinconia, mitologia e riflessione filosofica. Attraverso il simbolo del velo, Foscolo esplora temi universali come la fugacità della vita, la ricerca della bellezza e il desiderio di trascendenza. La poesia invita il lettore a contemplare la complessità della condizione umana, oscillando tra speranza e disillusione.
Riassumendo : 📜 Il velo delle Grazie è una meditazione poetica sul contrasto tra la bellezza divina e la fragilità umana, lasciando un messaggio di accettazione del destino e della mortalità . 🌟
6. 📜 Parte iniziale del Testo del “Velo delle Grazie” di Ugo Foscolo (vv. 1-64)
Mentre opravan le Dee, Pallade in mezzo
Con le azzurre pupille amabilmente
Signoraggiava il suo virgineo coro.
Attenuando i rai aurei dei sole,
Volgeano i fusi nitidi tre nude
Ore, e del velo distendean l’ordito.
Venner le Parche di purpurei pepli
Velate e il crin di quercia; e di piĂą trame
Raggianti, adamantine, al par de l’etra,
E fluide e pervie e intatte mai da Morte,
Trame onde filan degli Dei la vita,
Le tre presaghe riempiean la spola.
NĂ© man dell’altre innamorata, all’opra
Iri scese fra’ Zefiri; e per l’alto
Le vaganti accogliea, lucide nubi
Gareggianti di tinte, e sul telaio
Pioveale a Flora a effigiar quel velo;
E piĂą tinte assumean riso e fragranza
E mille volti dalla man di Flora.
E tu, Psiche, sedevi, e spesso in core,
Senz’aprir labbro, ridicendo: ” Ahi, quante
Gioie promette, e manda pianto Amore! “
Raddensavi col pettine la tela.
E allor feconde di Talia le corde,
E Tersicore Dea, che a te dintorno
Fea tripudio di ballo e ti guardava,
Eran conforto a’ tuoi pensieri e a l’opra.
Correa limpido insiem d’Erato il canto
Da que’ suoni guidato; e come il canto
Flora intendeva, e sì pingea con l’ago.
Mesci, odorosa Dea, rosee le fila;
E nel mezzo del velo ardita balli,
Canti fra ‘l coro delle sue speranze
Giovinezza: percote a spessi tocchi
Antico un plettro il Tempo; e la danzante
Discende un clivo onde nessun risale.
Le Grazie a’ piedi suoi destano fiori
A fiorir sue ghirlande; e quando il biondo
Crin t’abbandoni e perderai ‘1 tuo nome,
Vivran que’ fiori, o Giovinezza, e intorno
L’urna funerea spireranno odore.
Or mesci, amabil Dea, nivee le fila;
E ad un lato del volo Espero sorga
Dal lavor di tue dita; escono errando
Fra l’ombre e i raggi fuor d’un mirteo bosco
Due tortorelle mormorando ai baci;
Mirale occulto un rosignuol, e ascolta
SilenzĂŻoso, e poi canta imenei:
Fuggono quelle vereconde al bosco.
Mesci, madre dei fior, lauri alle fila;
E sul contrario lato erri co’ specchi
Dell’alba il sogno, e mandi a le pupille
Sopite del guerrier miseri i volti
De la madre e del padre allor che all’are
Recan lagrime e voti; e quei si desta,
E i prigionieri suoi guarda e sospira.
Mesci, o Flora gentile, oro alle fila;
E il destro lembo istorĂŻato esulti
D’un festoso convito: il Genio in volta
Prime coroni agli esuli le tazze.
Or libera è la gioia, ilare il biasmo,
E candida è la lode. A parte siede
Bello il Silenzio arguto in viso e accenna
Che non volino i detti oltre le soglie.
6. 📜 Altra Versione del Testo iniziale del “Velo delle Grazie” di Ugo Foscolo (vv. 180-264 del terzo Inno del Poema delle Grazie)
Corsero intorno le celesti alunne,
Come giunse, alla Diva. Ella a ciascuna
Compartì l’opre del promesso dono
(Era un velo) alle Grazie. Ognuna allegra
Agl’imperj obbedia: Pallade in mezzo
Colle azzurre pupille amabilmente            185
Signoreggiava il suo virgineo coro.
Attenuando i rai aurei del sole,
Volgeano i fusi nitidi tre nude
Ore, e del velo distendean l’ordito.
Venner le Parche di purpurei pepli            190
Avvolte e il crin di quercia, e di più trame
Raggianti, adamantine, al par dell’etra
E fluide e pervie e intatte mai da Morte,
Trame onde filan degli Dei la vita,
Le tre presaghe riempiean le spole.           195
Non men dell’altre innamorata, all’opra
Iri scese fra’ Zefiri; e per l’alto
Le vaganti accogliea lucide nubi
Gareggianti di tinte, e sul telajo
Pioveale a Flora a effigĂŻar quel velo:Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â 200
E piĂą tinte assumean, riso e fragranza,
E mille volti dalla man di Flora.
E tu, Psiche, sedevi, e spesso in core,
Senza aprir labbro, ridicendo: «Ahi, quante
Gioje promette, e manda pianto Amore!»     205
Raddensavi col pettine la tela.
E allor faconde di Talia le corde,
E Tersicore Dea, che a te dintorno
Fea tripudio di ballo e ti guardava,
Eran conforto a’ tuoi pensieri e all’opra.       210
Correa limpido insiem d’Erato il canto
Da que’ suoni guidato; e come il canto
Flora intendeva, si pingea con l’ago.
«Mesci, odorosa Dea, rosee le fila;
E per te in mezzo il sacro vel s’adorni         215
Della imago di Psiche, or che perfetta
Ha la sua tela e ti sorride in viso.
Mortale nacque, e son piĂą care in cielo
Sue belle doti; e se a noi canta o danza,
Se mesta siede o amabile sospira,           220
Se talora alle fresche onde eliconie
Gode i puri lavacri, atti e parole
D’una venusta immortal luce abbella.
Segga e carezzi il fanciulletto figlio
Del Sonno, a cui le rose Amor sacrava       225
Perchè in silenzio i furti suoi chiudesse;
E sì gli additi in aurea nube il sogno
Roseo, che sulla fresca alba di maggio
Sovra dormente giovinetta aleggia,
E le ripete susurrando i primi                230
Detti d’amor che da un garzone udia.
Or mesci, industre Dea, varie le fila;
E danzi a un lato dell’etereo velo
Giovinezza. Suo coro, abbia le ardite
Speranze ombrate d’amaranto eterno;      235
E al suon d’un plettro che percote il Tempo
La menin giĂą pel clivo della vita.
A lei decenti occorrano le Grazie,
E la cingan di fiori: e quando il biondo
Crin t’abbandoni e perderai ’l tuo nome,     240
Vivran que’ fiori, o Giovinezza, e intorno
L’urna funerea spireranno odore.
Mesci, o madre dei fior, lauri alle fila;
Ed il contrario lato orna, ideando
Levissima l’imagine del sogno              245
Ch’a un dormente guerrier mandan le Grazie
A rammentargli il suo padre canuto,
Che solitario nella vota casa
Spande lacrime e preci; e quei si desta,
E i prigionieri suoi guarda e sospira.         250
Mesci, o Flora gentile, oro alle fila;
E il terzo lembo istorĂŻato esulti
D’un festante convito: il Genio amici
Ode gli augurj, e largamente in volta
Pirme corona agli esuli le tazze.             255
E faconda è la Gioja, e co’ Lepori
Libera scherza, e amabile è il Decoro.
Qui l’Ironia che i motti ama conditi
Di riso, e il ver dissimulando accenna:
E qui la liberal candida Lode                260
Va con lor favellando. A parte siede
Bello il Silenzio, delle Grazie alunno,
Col dito al labbro, e l’altra mano accenna
Che non volino i detti oltre le soglie.