La Divina Commedia Paradiso, canto 6, vv. 1-66

Versi 1-3

Dante inizia con un riferimento alla decisione di Costantino, imperatore romano, che trasferì la capitale dell’Impero da Roma a Costantinopoli. Questo gesto, che “volse l’aquila” (l’emblema dell’Impero romano) in direzione contraria rispetto a Roma, fu percepito da Dante come un momento di svolta nella storia dell’Impero. L’aquila, simbolo del potere romano, segue una traiettoria diversa da quella tracciata da Enea, il leggendario progenitore di Roma.

Versi 4-9

Giustiniano prosegue ricordando come l’aquila abbia dominato per oltre quattrocento anni nei territori dell’Europa, governando “di mano in mano” i popoli sotto la sua ombra. L’aquila simboleggia il potere imperiale che, pur attraversando trasformazioni, giunge fino all’epoca di Giustiniano stesso.

Versi 10-15

Giustiniano si presenta: egli fu imperatore e riformatore delle leggi romane, compiendo un’opera di revisione legislativa che eliminò ciò che era inutile o superfluo. Questo riferimento alla Codificazione Giustinianea evidenzia il ruolo di Giustiniano come promotore di giustizia e ordine.

Versi 16-21

Giustiniano confessa che prima di dedicarsi alla sua opera giuridica, era stato un seguace della dottrina monofisita, credendo che Cristo avesse una sola natura, quella divina. Fu solo grazie all’intervento di Papa Agapito che Giustiniano fu convertito alla fede ortodossa, che afferma la duplice natura di Cristo, sia umana che divina.

Versi 22-33

Dopo aver abbracciato la fede corretta, Giustiniano fu ispirato da Dio a compiere il grande lavoro di riforma legislativa. Affidò la conduzione militare del suo impero a Belisario, un generale straordinario, sostenuto dalla “destra del cielo” (la protezione divina). Questo gesto segnò per Giustiniano il momento di dedicarsi completamente alla sua missione civile e religiosa.

Giustiniano poi spiega che, per rispondere pienamente alla domanda di Dante riguardante il significato dell’aquila, deve proseguire con ulteriori chiarimenti. Questa aquila, simbolo del potere imperiale, è stata il mezzo attraverso cui Dio ha governato il mondo, e chiunque si opponga a essa o la usi in modo improprio si schiera contro la volontà divina.

Versi 34-45

Giustiniano richiama la grandezza storica dell’aquila, ricordando la sua legittimità e il motivo per cui è degna di reverenza. L’aquila ottenne il potere con il sacrificio di Pallante, ucciso da Turno, e da quel momento iniziò la sua missione provvidenziale di governare il mondo. Giustiniano passa in rassegna gli eventi storici in cui l’aquila consolidò il suo dominio, citando i tre secoli in cui regnò su Alba Longa e la sua espansione sotto i sette re di Roma, affrontando le guerre contro i Sabini e il dramma della morte di Lucrezia.

Versi 46-51

La narrazione continua con l’elenco delle imprese compiute dai Romani sotto l’aquila, come le vittorie contro i barbari (i Sabini, i Brenni, e i Pirri), che permisero la crescita dell’Impero. Grazie ai loro eroi, come Torquato, Quinzio, i Deci e i Fabi, l’aquila e il suo regno furono onorati.

Versi 52-63

Giustiniano ricorda le vittorie contro i nemici esterni, come gli Arabi e gli Anibalici, che minacciarono Roma attraversando le Alpi. L’aquila portò trionfo ai giovani condottieri romani, come Scipione e Pompeo, che difesero l’Impero e ne garantirono la sopravvivenza.

Giustiniano menziona poi come, nel momento in cui il cielo decise di riportare ordine e serenità nel mondo, l’aquila venne nelle mani di Cesare. Sotto il suo comando, l’aquila attraversò i fiumi Varo, Reno, e si estese nelle regioni della Gallia, conquistando tutte le valli attraversate dal Rodano.

Versi 64-69

Infine, Giustiniano celebra il volo dell’aquila che, sotto Cesare, attraversò il Rubicone e, con impeto inarrestabile, conquistò Spagna e altre regioni fino a Farsalo e al Nilo.

Commento

Il Canto VI del Paradiso è una delle sezioni più politiche e storiche della Divina Commedia. Attraverso il discorso di Giustiniano, Dante riflette sulla funzione provvidenziale dell’Impero romano, che, guidato dall’aquila, agisce come strumento di Dio per portare ordine e giustizia nel mondo. Tuttavia, Dante non esita a criticare coloro che oggi abusano del potere imperiale o si oppongono al suo legittimo ruolo, un tema che rispecchia le preoccupazioni di Dante riguardo alla politica contemporanea del suo tempo, specialmente per la rivalità tra il Papato e l’Impero.

La figura di Giustiniano è centrale: da un lato come imperatore e legislatore che purificò le leggi romane, dall’altro come uomo che, attraverso l’intervento di un pontefice, si convertì alla fede corretta. Questa doppia funzione – civile e spirituale – rende Giustiniano un simbolo perfetto dell’unione tra autorità temporale e divina, tema chiave nel pensiero politico di Dante.

Parafrasi

Testo e parafrasi dei primi 66 versi del Canto sesto del Paradiso di Dante