Testo originale (paragrafi 10-11):
- “Servi sunt.” Immo humiles amici. Conservi enim sunt, si cogitaveris tantundem in utrosque licere fortunae. Itaque riserim istos, qui turpe existimant cum servo suo cenare, aliud nomen, aliud servitium!
- Quid ergo? Non ad eosdem perveniamus? Non vivamus pariter? Non loquatur servo suo quasi muto? Non liceat a convictores? Vivamus in amicis humanitatem simul tractandis.
Traduzione in italiano:
- “Sono schiavi.” No, sono amici umili. Sono compagni di sventura, se pensi che la fortuna ha lo stesso potere su di loro e su di noi. Perciò rido di coloro che considerano vergognoso cenare con il proprio schiavo, come se cambiasse il nome ma non la schiavitù.
- Che cosa ne consegue allora? Non arriveremo tutti alla stessa destinazione? Non vivremo tutti allo stesso modo? E perché un padrone non dovrebbe parlare al proprio schiavo come se fosse una persona? Non dovremmo avere la libertà di trattare con umanità coloro che ci stanno vicino?
Analisi e commento
Paragrafo 10: Il legame comune nella fortuna
Nel paragrafo 10, Seneca continua a ribaltare l’idea tradizionale di schiavitù e padrone. Il filosofo sottolinea che schiavi e padroni sono “conservi”, cioè compagni di sventura, entrambi sotto il dominio della fortuna, che ha il potere di capovolgere le vite di chiunque. L’idea è profondamente stoica: ciò che differenzia gli uomini non è la loro posizione sociale o il ruolo, ma la loro virtù e il controllo delle passioni. Seneca ridicolizza chi si sente superiore per il solo fatto di non essere schiavo, ricordando che tali differenze possono essere temporanee e superficiali.
Paragrafo 11: Trattare gli schiavi con umanità
Nel paragrafo 11, Seneca porta il ragionamento alla sua conclusione logica. Se schiavi e padroni condividono la stessa condizione umana, perché non trattare gli schiavi con la stessa umanità con cui si trattano gli amici? Seneca insiste sul fatto che un padrone dovrebbe parlare con il proprio schiavo come con una persona degna di rispetto, non come con un oggetto o un individuo insignificante. Qui emerge l’invito a vivere insieme (vivamus pariter), a condividere una comune umanità, riconoscendo che tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione sociale, meritano dignità e rispetto.
Conclusione
Con questi paragrafi, Seneca propone una visione profondamente umanista per la sua epoca. Trattare gli schiavi con rispetto e umanità non è solo un atto di giustizia, ma un riconoscimento della comune fragilità di tutti gli uomini di fronte alla fortuna. La sua riflessione supera le barriere sociali e invita a considerare gli schiavi non come strumenti, ma come compagni che condividono la stessa condizione umana.
Audio Lezioni su Seneca del prof. Gaudio
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