Tu m’ài sì piena di dolor la mente di Guido Cavalcanti
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28 Dicembre 2019“La morte di Adelchi” è una scena potente tratta da Adelchi (1822), una tragedia scritta da Alessandro Manzoni, uno dei più famosi letterati italiani.
La morte di Adelchi, il personaggio principale, non è solo un momento di tragedia personale, ma anche una meditazione sui temi più ampi del potere, della sconfitta e della futilità delle ambizioni umane.
Adelchi è il figlio di Desiderio, l’ultimo re dei Longobardi, e la tragedia si concentra sugli eventi storici legati all’invasione del Regno Longobardo in Italia da parte di Carlo Magno. Adelchi è ritratto come un eroe tragico, profondamente combattuto tra la lealtà verso suo padre e la consapevolezza della corruzione morale della corte longobarda.
Nei suoi ultimi momenti, ferito a morte, Adelchi pronuncia un monologo che riflette le preoccupazioni filosofiche più ampie di Manzoni. La sua morte non è glorificata; al contrario, rivela la futilità delle lotte mondane. Adelchi parla dell’”illusione fatale” che lo aveva portato a credere nella possibilità di trionfo e felicità in un mondo corrotto. Le sue ultime parole, rivolte a sua sorella Ermengarda, la esortano a trovare conforto nella morte, poiché solo nella morte si può sfuggire alle miserie della vita.
Questa rassegnazione fatalistica riflette la visione cattolica di Manzoni, sottolineando che la vera pace e giustizia sono irraggiungibili nel mondo terreno. La grandezza di questa scena di morte risiede nella sua gravità morale, dove Adelchi, con il suo ultimo respiro, riconosce la vanità degli sforzi umani.
Il soliloquio di Adelchi
Nell’Atto V, Scena V, Adelchi pronuncia il suo famoso monologo. Il linguaggio di Manzoni, che fonde la tragedia classica con un quadro morale cristiano, è tanto toccante quanto intellettualmente stimolante.
L’atto quinto, scena quinta di Adelchi è uno dei momenti più alti della tragedia di Alessandro Manzoni, sia per la profondità morale che per l’intensità drammatica.
Testo originale (Atto V, Scena V)
In questo punto, Adelchi è morente e pronuncia le sue ultime parole, rivolgendosi al padre Desiderio e riflettendo sull’esistenza umana:
Adelchi:
Sì… nel diletto, nel rigor, felice
sol quello al mondo che a sé stesso è nulla,
che tutte cose obblia, che si confida
nel sen della ragione, e di ciò solo
che non ha nome e forma si colora.
Ahi! su la terra non trovo pace:
solo chi muore, al fin la troverà.
— Oh padre mio!
O caro, in me rapita
ogni speme di gloria: ecco, de’ nostri
falli è già la nemica alzata; e colto
dal giusto ferro, io muoio.
Troppo è il male
che su questo mio capo ognora grava;
pur più m’aggrava il tuo duol… Padre, addio.
Parafrasi dei versi
Adelchi, ormai ferito a morte, esprime il suo ultimo pensiero:
“Sì… nell’affetto e nel rigore (cioè nella gioia e nella sofferenza), felice è solo chi è nulla per sé stesso, chi riesce a dimenticare tutto e si affida alla ragione, trovando conforto solo in ciò che non ha nome o forma (cioè nelle astrazioni, come le idee o la fede). Ahimè! Non trovo pace sulla terra: solo chi muore, alla fine, troverà la pace. Oh, padre mio! Tutte le speranze di gloria sono morte con me. Ecco, i nostri errori hanno innalzato i nemici, e io sono stato colpito dal giusto ferro, e muoio. Troppo male grava sempre sulla mia testa; ma ciò che mi pesa di più è il tuo dolore… Padre, addio.”
Analisi e commento
Il monologo di Adelchi è un momento centrale della tragedia e riflette le principali tematiche manzoniane: l’ineluttabilità della sofferenza umana, l’inutilità della gloria terrena e la ricerca di una pace che può essere trovata solo nella morte, in un contesto cristiano di redenzione e fede.
- L’illusione della felicità terrena
Adelchi afferma che la felicità è un’illusione, riservata solo a chi riesce a dimenticare sé stesso e a vivere senza aspirazioni materiali. Questa concezione esprime una profonda delusione verso il mondo, che Manzoni condivide attraverso il suo personaggio. La vita è dominata dal dolore e dalla caducità delle ambizioni umane. - La pace nella morte
Adelchi, ferito mortalmente, riconosce che solo chi muore può finalmente trovare la pace. Questo riflette la visione cristiana di Manzoni: la vera pace non è accessibile in vita, ma solo nell’aldilà, quando l’anima si distacca dalle preoccupazioni e sofferenze del mondo. - La colpa e la giustizia
Adelchi riconosce la “giustezza” del colpo che lo uccide. Manzoni qui introduce l’idea che la sofferenza e la morte di Adelchi siano una conseguenza giusta, in quanto frutto dei “falli” (errori) del suo popolo, i Longobardi. Non c’è spazio per l’eroismo romantico: la morte è vista come una conseguenza del peccato originale e delle colpe storiche. - L’addio al padre
L’addio a Desiderio è uno dei momenti più toccanti della scena. Nonostante il rapporto conflittuale con il padre, Adelchi lo ama profondamente, e la sua morte è segnata dal dolore di lasciare il genitore in preda alla sconfitta e al rimorso. Il figlio non cerca di consolare il padre con false speranze di vittoria o riscatto, ma con la verità: la morte è una liberazione dai mali del mondo.
Significato complessivo
La morte di Adelchi non è glorificata, come spesso accade nelle tragedie classiche, ma è un momento di profonda riflessione sul senso della vita e della sofferenza. Adelchi incarna l’eroe cristiano che comprende l’inutilità della gloria terrena e accetta con rassegnazione il destino umano. Manzoni, con questa tragedia, abbandona i toni epici della tragedia neoclassica per immergersi in una visione del mondo in cui la redenzione può venire solo attraverso la fede e la rinuncia.
Questo momento sancisce la fine del conflitto interiore di Adelchi, che accetta la propria sconfitta come un inevitabile esito della sua esistenza, illuminato dalla consapevolezza della vanità delle ambizioni terrene.
Se vuoi approfondire ulteriormente, il monologo di Adelchi può essere comparato alla concezione manzoniana della storia, come espressa anche nei Promessi Sposi, dove la Provvidenza gioca un ruolo centrale nel determinare il destino umano.