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28 Dicembre 2019La morte di Priamo è un episodio drammatico e significativo narrato nel libro II dell’Eneide di Virgilio (versi 486-566).
Si tratta di uno dei momenti più tragici dell’intera opera, ambientato durante la caduta di Troia.
Contesto
Durante l’assalto finale dei Greci alla città di Troia, il re Priamo, ormai anziano, si trova nel suo palazzo. Quando la città è invasa e i nemici si riversano all’interno delle mura, Priamo assiste impotente al saccheggio e alla distruzione della sua città.
Narrazione
Priamo, nonostante la sua età avanzata, decide di affrontare la morte con onore. Indossa l’armatura, che però è ormai inutile contro un destino segnato. La scena si fa ancora più tragica quando Priamo vede Polite, uno dei suoi figli, inseguito e ferito a morte da Pirro (o Neottolemo), figlio di Achille. Polite, già gravemente ferito, riesce a raggiungere il padre, ma crolla morto ai suoi piedi.
Priamo, preso dalla disperazione e dalla rabbia, si scaglia verbalmente contro Pirro, ricordandogli le virtù di suo padre Achille, che pur avendo ucciso Ettore, aveva rispettato il corpo del nemico e l’aveva restituito a Priamo per i riti funebri. Ma le suppliche del vecchio re non smuovono Pirro, che con brutale crudeltà afferra Priamo e lo trascina verso l’altare del palazzo, dove lo uccide senza pietà, trafiggendolo con la spada.
Significato
La morte di Priamo rappresenta la fine di un’epoca e la caduta definitiva di Troia. Il gesto di Pirro è simbolico della violenza cieca e senza scrupoli che caratterizza la guerra. Priamo, che aveva visto Troia prosperare e poi cadere, muore davanti all’altare domestico, luogo di pace e sicurezza, che viene così profanato.
Questo episodio è spesso interpretato come un momento di passaggio tra la vecchia e la nuova generazione, ma anche come una riflessione sulla crudeltà della guerra e sulla distruzione dei valori e della pietà.