
Pessimismo eroico e opere scritte a Firenze e Napoli da Leopardi
28 Dicembre 2019
Lettura e commento di due poesie di Leopardi: La quiete dopo la tempesta e Il saba…
28 Dicembre 2019“La quiete dopo la tempesta” è una delle più celebri poesie di Giacomo Leopardi, inclusa nei “Canti” e scritta nel 1829 durante il soggiorno a Recanati.
Questa poesia rappresenta uno dei suoi componimenti più noti per la capacità di unire riflessione filosofica e osservazione della realtà quotidiana. Vediamone una sintesi tematica e strutturale.
Testo e parafrasi
Testo della canzone Passata è la tempesta: odo augelli far festa, e la gallina, tornata in su la via, che ripete il suo verso. Ecco il sereno rompe lá da ponente, alla montagna: 5 sgombrasi la campagna, e chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato risorge il romorio, torna il lavoro usato. 10 L’artigiano a mirar l’umido cielo, con l’opra in man, cantando, fassi in su l’uscio; a prova vien fuor la femminetta a côr dell’acqua della novella piova; 15 e l’erbaiuol rinnova di sentiero in sentiero il grido giornaliero. Ecco il sol che ritorna, ecco sorride per li poggi e le ville. Apre i balconi, 20 apre terrazzi e logge la famiglia: e, dalla via corrente, odi lontano tintinnio di sonagli; il carro stride del passeggier che il suo cammin ripiglia. Si rallegra ogni core. 25 Sí dolce, sí gradita quand’è, com’or, la vita? Quando con tanto amore l’uomo a’ suoi studi intende? o torna all’opre? o cosa nova imprende? 30 quando de’ mali suoi men si ricorda? Piacer figlio d’affanno; gioia vana, ch’è frutto del passato timore, onde si scosse e paventò la morte 35 chi la vita abborria; onde in lungo tormento, fredde, tacite, smorte, sudâr le genti e palpitâr, vedendo mossi alle nostre offese 40 folgori, nembi e vento. O natura cortese, son questi i doni tuoi, questi i diletti sono che tu porgi ai mortali. Uscir di pena 45 è diletto fra noi. Pene tu spargi a larga mano; il duolo spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto che per mostro e miracolo talvolta nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana 50 prole cara agli eterni! assai felice se respirar ti lice d’alcun dolor; beata se te d’ogni dolor morte risana. |
La tempesta è finita: sento gli uccelli festeggiare e la gallina, tornata sulla strada, che ripete il suo verso. Il cielo sereno riappare da ovest verso la montagna; la campagna si libera dalle nuvole e il fiume si mostra chiaramente nella valle. Tutti i cuori si rallegrano, ovunque riprende il rumore delle attività, ritorna il lavoro abituale. L’artigiano, con il suo strumento di lavoro in mano, si affaccia cantando sulla porta per guardare il cielo umido; la donna esce per raccogliere l’acqua della pioggia appena caduta; il venditore di erbe riprende a gridare la sua merce di strada in strada. Ecco il sole che ritorna, che illumina colline e paesi. La famiglia apre finestre, terrazze e logge; dalla strada si sente in lontananza il suono dei campanelli, si ode il carro del viaggiatore che riprende il suo cammino. Ogni cuore si rallegra. Quando mai la vita è così dolce e gradita come in questo momento? Quando l’uomo si dedica con tanto amore alle sue occupazioni? O ritorna al lavoro? O intraprende nuove attività? Quando dimentica meglio i suoi mali? Il piacere è figlio dell’affanno; è una gioia vana, frutto della paura passata, per la quale tremò e temette la morte chi detestava la vita; a causa della quale le persone sudarone e palpitarono a lungo, fredde, silenziose e pallide, vedendo fulmini, nuvole e vento scatenarsi contro di noi. O natura generosa, sono questi i tuoi doni? Questi sono i piaceri che offri ai mortali? Tra noi, uscire dalla sofferenza è considerato un piacere. Tu spargi pene abbondantemente; il dolore sorge spontaneamente, e quella piccola quantità di piacere che talvolta nasce dalla sofferenza, come un prodigio e un miracolo, è considerato un grande guadagno. O genere umano caro agli dei! Sei abbastanza felice se ti è concesso di respirare dopo qualche dolore; sei beato se la morte ti guarisce da ogni dolore. |
Analisi del testo
Struttura e contenuto
La poesia è composta da 54 versi, in prevalenza endecasillabi con qualche settenario, e segue lo schema tipico delle canzoni leopardiane. È articolata in tre momenti principali:
- La descrizione del ritorno alla calma: Leopardi descrive con immagini vivide e realistiche il paesaggio e le attività umane che seguono una tempesta. La scena, tipicamente agreste, raffigura la ripresa della vita quotidiana: il cielo si rischiara, la natura si quieta, e gli uomini tornano alle loro occupazioni.
- Esempio: “Ecco il sereno rompe là da ponente, alla montagna.”
- La gioia effimera dell’uomo: L’autore sottolinea come gli esseri umani trovino un piacere fugace nel ritorno della tranquillità dopo il disordine, una gioia che nasce dal confronto con la sofferenza appena superata. Questo piacere, tuttavia, non è positivo in sé, ma è solo assenza di dolore.
- Esempio: “Piacer figlio d’affanno; / gioia vana, ch’è frutto / del passato timore.”
- La riflessione filosofica: Nel terzo momento, Leopardi amplia il discorso dalla dimensione individuale a quella universale. Egli evidenzia come la natura sia indifferente ai dolori e alle gioie dell’uomo, e che ogni momento di serenità è solo una pausa temporanea in una condizione esistenziale inevitabilmente dolorosa.
- Esempio: “Questo è diletto d’ogni / umana vicenda. Ahi, qual dalla natura / è dato all’uom! nulla.”
Temi principali
- Piacere e dolore: Il piacere umano è definito da Leopardi come “figlio d’affanno”: esso non esiste in maniera autonoma, ma è sempre il risultato del superamento di un dolore o di una privazione.
- Indifferenza della natura: La natura è descritta come indifferente al destino umano. La tempesta e la sua quiete non rispondono ad alcun disegno o finalità, ma sono fenomeni naturali che si susseguono senza alcuna attenzione per l’uomo.
- La condizione umana: Leopardi mette in luce la fragilità e l’insoddisfazione dell’uomo, che cerca invano la felicità. Ogni gioia è breve, relativa e destinata a svanire.
- Ciclicità della vita: La vita è vista come una successione di sofferenze e brevi tregue. L’uomo, benché consapevole di questa ciclicità, continua a cercare significati e consolazioni.
Stile e linguaggio
Leopardi utilizza un linguaggio semplice ma profondamente evocativo, con immagini concrete tratte dall’osservazione della realtà quotidiana. L’uso sapiente della metrica italiana e delle figure retoriche, come l’antitesi (tra tempesta e quiete, dolore e piacere), conferisce alla poesia una musicalità e una profondità che catturano il lettore.
Significato universale
“La quiete dopo la tempesta” rappresenta una delle riflessioni più emblematiche del pensiero leopardiano. La poesia mostra come la gioia non sia mai una condizione stabile, ma un intervallo momentaneo tra due stati di dolore. Tuttavia, Leopardi non si limita al pessimismo: nella bellezza del linguaggio e nella forza della poesia stessa si può intravedere una forma di resistenza all’ineluttabilità del dolore.
La capacità di trasformare la sofferenza in arte e di offrire al lettore una riflessione profonda sulla condizione umana è ciò che rende questa poesia un capolavoro senza tempo.