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Cos’è l’agricoltura industriale?
L’agricoltura industriale è la produzione su larga scala e intensiva di raccolti e animali, che spesso comporta fertilizzanti chimici sui raccolti o l’uso di routine e dannoso di antibiotici negli animali (come un modo per compensare le condizioni sporche, anche quando gli animali non sono malati). Può anche comportare colture geneticamente modificate, uso massiccio di pesticidi e altre pratiche che impoveriscono la terra, maltrattano gli animali e aumentano varie forme di inquinamento. Negli ultimi decenni, il consolidamento nel settore si è intensificato poiché l’agricoltura ha subito quella che è nota come “integrazione verticale”, una transizione da piccole aziende agricole diversificate che producono una varietà di colture e bestiame a un sistema industrializzato dominato da grandi multinazionali. Queste società raccolgono i frutti mentre gli agricoltori, i coltivatori e i loro lavoratori vedono evaporare i loro profitti, anche se aumentano gli oneri sanitari delle pratiche industriali.
Cos’è una fattoria industriale?
Il termine “fattoria industriale” è comunemente usato per riferirsi a grandi strutture industrializzate che allevano animali per il cibo. Il termine si riferisce a una struttura che tiene confinato un numero molto elevato di animali vivi per più di 45 giorni all’anno e porta il cibo nei loro recinti invece di consentire loro di pascolare. Una “grande fattoria industriale” ha in genere almeno 1.000 bovini da carne, 700 mucche da latte, 2.500 grandi maiali o 82.000 galline ovaiole. Esistono differenze sostanziali, però, tra fattorie industriali di grandi, medie e piccole dimensioni.
I politici sanno da tempo che le grandi fattorie industriali possono significare un grande inquinamento. Nell’originale Clean Water Act del 1972 degli USA, i legislatori hanno riconosciuto che le fattorie industriali sono inquinanti industriali proprio come le fabbriche, e hanno richiesto all’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti di regolarli allo stesso modo. Tuttavia, tali regolamenti sono caduti nel dimenticatoio.
Oltre all’inquinamento, queste operazioni sollevano serie preoccupazioni per il benessere degli animali. Sfortunatamente, la legislazione federale americana, come l’Animal Welfare Act e l’Humane Slaughter Act, non ha fatto abbastanza per rendere le fattorie industriali più umane. Fino ad oggi, molte strutture usano pratiche come il taglio della coda senza farmaci antidolorifici o chiudono le galline ovaiole in gabbie di batteria per tutta la vita, gabbie così piccole e affollate che gli uccelli non possono nemmeno alzarsi o girarsi.
Nonostante la maggiore consapevolezza pubblica sui pericoli delle grandi fattorie industriali, il numero di animali in queste strutture in tutto il mondo ha continuato a crescere, così come le dimensioni delle strutture stesse. L’azienda lattiero-casearia media è passata da appena 19 mucche nel 1970 a 120 nel 2006, e le aziende agricole più grandi di oggi hanno più di 15.000 bovini. L’allevamento medio di suini è passato da 945 animali nel 1992 a 4.646 nel 2004, con gli animali spesso confinati in spazi solo leggermente più grandi del loro corpo.
Le fattorie industriali rimangono dunque dannosi per l’ambiente, per la salute delle comunità vicine, e sono terribili per il benessere degli animali.