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27 Gennaio 2019delle scuole per Influenza A
Influenza A, niente allarmismi ma sale il numero di studenti a casa
Tecnica della Scuola – 3 novembre 2009
di Alessandro Giuliani
Il viceministro alla Salute, Fazio, sostiene che il virus non dovrebbe preoccupare: le vittime sono la metà di quelle provocate da una normale influenza. Al Nord però le classi sono decimate. Mentre al Centro-Sud pesa la mancanza di igiene: scarseggiano carta per le mani e saponi liquidi. Un preside di Roma: altro che Topo Gigio
“Il numero delle vittime è molto più basso di quello dell’influenza stagionale. Nel nostro Paese i decessi sono molto meno che nel resto d’Europa: in Francia 44 vittime, 137 in Gran Bretagna, 63 in Spagna. In Europa sono 317 su 500 milioni di abitanti, un’incidenza di 0,062 per 100.000, mentre in Italia la media è 0,027 per centomila, quindi la metà”. A sentire il viceministro alla Salute, Ferruccio Fazio, l’influenza A non dovrebbe preoccupare gli italiani: niente “allarmismi perché questo virus è lieve”. Le diciassette vittime italiane sinora accertate “eccetto forse la donna di Messina”, ha sottolineato Fazio, soffrivano di malattie croniche e l’emergenza vaccinazione riguarderebbe quindi solo “queste categorie a rischio”. Tra cui rientrano pure i giovani. E’ stato appurato, infatti, che sono quelli più sensibili, con meno anticorpi, nei confronti del virus. Tanto è vero che nelle scuole in questi giorni figurano assenti molti più ragazzi che nello stesso periodo degli scorsi anni: in diversi istituti, sembra soprattutto del Nord, il numero di alunni presenti in aula sarebbe addirittura più che dimezzato. Il dato preoccupa: se no altro perché l’influenza deve ancora raggiungere il massimo della penetrazione. Cosa accadrà quando arriverà il picco, quindi per la fine di dicembre e l’inizio del mese di gennaio?
Nelle scorse settimane i Ministeri di competenza, al termine di un confronto con gli esperti virologi, avevano stabilito che sarebbero occorsi almeno tre casi accertati per sospendere le lezioni in un istituto. Ed in ogni caso non cera una regola fissa. Questo però si era detto prima della successione delle vittime di questi giorni. Può essere allora più indicativo quanto detto dagli esperti dellOms: In alcune circostanze – hanno spiegato – la chiusura può avere un effetto positivo nel ridurre la velocità di trasmissione del virus della nuova influenza”.
Insomma, è chiaro che la linea di tendenza è quella di prendere delle decisioni in base alla gravità del contagio. E l’ultima parola spetta comunque alle istituzioni locali. A Napoli, per esempio, dove anche a seguito dell’influenza A sono morte da settembre otto persone e ad oggi sono concentrati la metà dei casi accertati, per il momento non si parla di istituti da chiudere. “Per ora sono numeri – ha detto l’assessore con deleghe alla sanità del comune di Napoli Gennaro Nasti – che statisticamente non inducono i nostri sanitari a porsi problemi supplementari rispetto al resto d’Italia. Per ora l’unità di crisi non ci ha segnalato nulla di particolarmente negativo. Le scuole non sono chiuse, vedo fenomeni spontanei di mamme che non stanno mandando i bambini a scuola, ma per il momento non è previsto nulla. So che domani mattina si riunisce l’unità di crisi della regione Campania e vedremo cosa deciderà”. E se rimangono aperte a Napoli figuriamoci altrove.
La situazione delle scuole non sembra, tuttavia, particolarmente rosea. Ne è convinto Mario Rusconi, vice presidente dell’Anp e dirigente scolastico del liceo scientifico ‘Newton’ di Roma, divenuto famoso in tutta Italia per aver invitato, all’inizio di quest’anno scolastico, i suoi studenti a non baciarsi durante le ore di scuola per evitare possibili contagi: soprattutto perché gli istituti scolastici italiani non osserverebbero quasi mai le norme di igiene più elementari per prevenire i rischi di contagio. “La situazione è quella che conosciamo tutti. I soldi non ci sono e nel nostro liceo, come avviene in tante altre scuole del Centro-Sud si fanno collette per comprare le cose più elementari. Ad esempio, la carta per le mani, dispenser e i saponi liquidi. Altro che Topo Gigio… Topo Gigio siamo noi e sarebbe stato meglio se i soldi di quella campagna li avessero destinati alle scuole”. Secondo il preside dell’Associazione nazionale presidi il 30-40% degli istituti scolastici non solo è fuori norma per quanto riguarda i requisiti di sicurezza ma lo è anche per le norme igieniche. Meglio non illudersi. Questo per carenze che conosciamo bene. Ci si affida alla buona volontà e alla iniziativa dei singoli presidi, del corpo insegnante e spesso alla collaborazione dei genitori. Ci sono scuole con classi senza finestre in strutture fatiscenti – prosegue Rusconi – come si è può far cambiare l’aria e tenere un minimo di condizioni igieniche in queste situazioni? Quando si parla stanziare risorse per migliorare la condizione delle edilizia scolastica – conclude – tutti sembrano diventare un po sordi”. Ed anche Rusconi conferma l’alto numero di studenti assenti. “Ci sono numerose assenze tra gli studenti: ho una quarta questa mattina con soli tre studenti presenti su 26 per influenza stagionale”.
Il Nord delle classi svuotate
La Stampa – 31 ottobre 2009
Piemonte, assenze fino al 50%. La Lombardia: chiudere le scuole è inutile
INCHIESTA di Sara Ricotta Voza
Milano
Dati nazionali sull’ondata di influenza A che ha colpito le scuole italiane non ce ne sono. «Non ce ne sono perché non ci sono state rilevazioni», spiegano dal Ministero dell’Istruzione, «e non sono in corso monitoraggi perché la situazione è sotto controllo». Però il fatto che la scorsa settimana si siano registrate assenze di massa, con classi dimezzate e casi estremi di lezioni «individuali» a un solo alunno (alla primaria Daneo di Genova) è stato confermato dai dati pubblicati ieri dall’Istituto Superiore di Sanità. Per la prima volta in 10 anni a restare a casa non sono solo i bambini di asili e materne, ma quelli di elementari, medie e superiori. Dati confermati dalle notizie che arrivano da provveditori e scuole. A Torino e provincia il 50% dei bambini è assente in un numero sempre maggiore di primarie. E la percentuale tende a rimanere costante perché i malati che rientrano guariti vengono prontamente rimpiazzati dai nuovi che si ammalano. Ci sono aule dimezzate ma anche anche classi quasi al completo e altre ridotte a 3-4 bambini. La Regione informa che il picco è atteso in Piemonte a fine novembre e che gli ammalati nella fascia 0-18 anni sono oggi il 20 per mille della popolazione, mentre il dato generale parla di 6 casi ogni mille piemontesi.
A Milano la situazione è un po diversa. «La media delle assenze va dal 30 al 35%», dice Giuliana Pupazzoni, provveditore di Milano. «La prevalenza è come sempre nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie, mentre nelle superiori l’incidenza è minore». Il picco, però, si è registrato anche qui la scorsa settimana, nei giorni di venerdì e sabato. «In alcune scuole era assente il 40% degli alunni».
Rispetto allo scorso anno, poi «i virus influenzali hanno colpito prima, ma si tratta di impressioni, perché dati scientifici non ce ne sono».
La situazione, insomma, è sotto controllo e non richiede provvedimenti particolari. Come sempre in Lombardia, per la riammissione in classe non è richiesto il certificato medico e in casi sospetti si consiglia la famiglia di rivolgersi alle Asl che poi valuteranno se fare il tampone o no. In ogni caso non solo non si registrano chiusure di scuole ma questa pratica viene sconsigliata dall’ultima nota di aggiornamento della Regione Lombardia diramata in settimana: «Interventi quali chiusura della scuola o disinfestazioni di locali non hanno evidenza scientifica per il contenimento del contagio influenzale e quindi non devono essere effettuati anche in presenza di più casi».
A Genova, nelle scuole in cui vengono segnalati casi positivi, l’unità Operativa dellAsl provvede, attraverso medici scolastici e assistenti sanitari, a effettuare interventi di informazione e sorveglianza nelle classi interessate. Decisione saggia visto che anche qui si sono registrate assenze del 50% in alcuni istituti superiori e si è toccato il record di un solo bimbo presente in una classe della primaria Daneo. Un picco di assenze – il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – che era invece previsto per il periodo natalizio.
In Valle d’Aosta, dove i casi di «nuova influenza» aumentano, il monitoraggio delle scuole si fa più difficile perché già da due giorni un buon numero di scuole era già chiuso per il «ponte» dei Santi. E poi perché, rispetto a qualche mese fa, è cambiato l’approccio al «sospetto paziente» che si presenta al medico: «Prima si praticavano tamponi per fare la ricerca del virus, oggi non più» dice Massimo Pesenti, primario del Pronto Soccorso. In ogni caso, a ieri, al provveditorato non sono arrivate segnalazioni di classi falcidiate dai virus. ««Non ho ricevuto comunicazioni scritte o informali a questo proposito», assicura il sovrintendente agli studi Patrizia Bongiovanni.
Picco dell’epidemia invece nellEmilia Romagna in molte scuole del bolognese in questi giorni il numero di studenti sta calando vistosamente. Molti bambini sono stati contagiati dal virus H1N1, altri hanno contratto la normale influenza stagionale e altri ancora sono rimasti a casa in via precauzionale. In rapida crescita anche gli studenti malati nelle scuole delle Marche. Mente nessuna emergenza nelle scuole napoletane.
Restano stazionarie invece le condizioni della bambina di Bolzano, undici anni, ricoverata la scorsa settimana. In Sicilia situazione sotto controllo: «come confermano le statistiche, e con ogni probabilità non si verificheranno emergenze» lo ha detto l’assessore regionale alla Sanità, Massimo Russo, che ha presieduto una conferenza interistituzionale dedicata ai temi della pandemia influenzale. Secondo le statistiche regionali sono state 575 le segnalazioni per casi sospetti di influenza in Sicilia dal 27 luglio.
Sul contagio nelle scuole si sono espressi gli esperti Oms: «In alcune circostanze la chiusura può avere un effetto positivo nel ridurre la velocità di trasmissione del virus della nuova influenza. Ma spetta ai singoli Stati decidere se sia appropriato chiudere le scuole, come è già stato fatto da alcuni Paesi».