Dialogo della Natura e di un islandese di Leopardi
28 Dicembre 2019Il tesoro perduto dall’Aulularia di Plauto
28 Dicembre 2019Il paragrafo 10 del libro sesto del De re publica di Cicerone appartiene al celebre “Sogno di Scipione” (Somnium Scipionis), una sezione che esplora la visione cosmica e filosofica della vita e dell’aldilà attraverso un sogno fatto dal giovane Scipione Emiliano.
Nel sogno, Scipione è guidato dal suo avo adottivo, Scipione Africano, e riflette su temi come il destino, la virtù, l’anima e il cosmo. Questa parte è particolarmente significativa perché introduce il sogno stesso, in cui Scipione Africano appare al giovane.
Analisi del testo
“Post autem apparatu regio accepti sermonem in multam noctem produximus”
Cicerone inizia il paragrafo descrivendo il contesto in cui il sogno si svolge. Scipione Emiliano è stato accolto con grande fasto e lusso alla corte di Massinissa, il re della Numidia. Questo dettaglio sottolinea l’importanza del luogo e della compagnia, preparandoci a un evento eccezionale: il sogno.
“Cum senex nihil nisi de Africano loqueretur omniaque eius non facta solum, sed etiam dicta meminisset”
Massinissa, descritto come un vecchio re (senex), passa la serata parlando di Scipione Africano, il celebre generale che aveva sconfitto Annibale e con cui aveva condiviso molte battaglie. Questo rafforza l’idea che il sogno di Scipione Emiliano sarà incentrato sulla figura del suo avo. Il re non solo ricorda le gesta di Africano, ma anche le sue parole, sottolineando l’importanza della memoria delle virtù.
“Deinde, ut cubitum discessimus, me et de via [fessum] et qui ad multam noctem vigilassem, artior quam solebat somnus complexus est”
Dopo la conversazione, Scipione va a dormire, stanco dal viaggio e dalla lunga veglia. Il suo sonno è profondo e più stretto (“artior”) del solito, suggerendo che ciò che seguirà sarà un sogno particolare, non un semplice riflesso della stanchezza.
“Hic mihi (credo equidem ex hoc quod eramus locuti; fit enim fere ut cogitationes sermonesque nostri pariant aliquid in somno tale, quale de Homero scribit Ennius, de quo videlicet saepissime vigilans solebat cogitare et loqui)”
Cicerone qui introduce un’osservazione psicologica: il sogno che Scipione farà è influenzato dalla conversazione della sera. È comune, dice Cicerone, che i nostri pensieri e discorsi influenzino ciò che sogniamo. Fa un parallelo con il poeta Ennio, che affermava di sognare spesso Omero perché lo pensava e ne parlava frequentemente. Questo passaggio riflette la consapevolezza dell’effetto che le riflessioni coscienti possono avere sull’inconscio.
“Africanus se ostendit ea forma quae mihi ex imagine eius quam ex ipso erat notior”
In questo punto centrale, Scipione Africano appare nel sogno. La sua forma è più familiare a Scipione Emiliano non dall’aspetto reale (non l’ha mai conosciuto di persona), ma dall’immagine che ha visto di lui. Questa distinzione è significativa perché mette in evidenza la distanza temporale tra i due e la trasmissione della memoria storica attraverso immagini e racconti, piuttosto che attraverso l’esperienza diretta.
“Quem ubi agnovi, equidem cohorrui”
Scipione Emiliano, vedendo l’apparizione del suo grande avo, è colto da timore e rispetto. La reazione di “cohorrui” (rabbrividire) riflette l’intensa emozione di trovarsi davanti a una figura tanto importante, quasi come fosse una divinità.
“Sed ille: ‘Ades’, inquit, ‘animo et omitte timorem, Scipio, et quae dicam trade memoriae'”
Scipione Africano rassicura il giovane Emiliano, invitandolo a non avere paura e a concentrarsi su ciò che gli verrà detto. Il tono è solenne e autoritario, come se Africano stesse per rivelare verità importanti. Il comando di “trade memoriae” (affida alla memoria) preannuncia un insegnamento di valore duraturo, che sarà fondamentale per la vita e la carriera di Scipione Emiliano.
Commento
Questo paragrafo introduce il Sogno di Scipione, una delle parti più mistiche e filosofiche del De re publica. La figura di Scipione Africano non è solo quella di un generale leggendario, ma di un simbolo della virtù romana e di una saggezza che trascende la vita terrena. Il sogno diventa un veicolo attraverso il quale Cicerone esplora concetti come la natura dell’anima, il destino dell’uomo e il senso del dovere pubblico.
L’apparizione di Africano e la sua rassicurazione al giovane Emiliano (“ometti timorem”) rivelano un tono quasi religioso. Scipione Emiliano è chiamato a una sorta di iniziazione: gli verranno trasmesse conoscenze che vanno oltre la semplice realtà materiale. Il sogno non è quindi solo un elemento narrativo, ma un mezzo per introdurre la filosofia cosmica e morale che Cicerone vuole esprimere in questo dialogo.
La connessione tra pensieri coscienti e sogni (come l’esempio di Ennio e Omero) aggiunge anche una dimensione psicologica al testo, evidenziando come le esperienze quotidiane possano influenzare la nostra vita onirica. Cicerone mostra una comprensione avanzata della natura del sogno, collegandolo alla riflessione filosofica.
Testo e Traduzione
Testo di Cicerone [10] Post autem apparatu regio accepti sermonem in multam noctem produximus, cum senex nihil nisi de Africano loqueretur omniaque eius non facta solum, sed etiam dicta meminisset. Deinde, ut cubitum discessimus, me et de via [fessum] et qui ad multam noctem vigilassem, artior quam solebat somnus complexus est. Hic mihi (credo equidem ex hoc quod eramus locuti; fit enim fere ut cogitationes sermonesque nostri pariant aliquid in somno tale, quale de Homero scribit Ennius, de quo videlicet saepissime vigilans solebat cogitare et loqui Africanus se ostendit ea forma quae mihi ex imagine eius quam ex ipso erat notior; quem ubi agnovi, equidem cohorrui, sed ille: “Ades”,’ inquit, “animo et omitte timorem, Scipio, et quae dicam trade memoriae”. |
Traduzione in italiano:
Dopo essere stati accolti con fasto regale, prolungammo la conversazione fino a notte fonda, poiché il vecchio non parlava d’altro che di Africano e ricordava non solo tutte le sue imprese, ma anche le sue parole. Poi, quando ci separammo per andare a dormire, il sonno, più profondo del solito, mi avvolse, stanco com’ero sia per il viaggio che per la lunga veglia. E lì (credo, per quanto avevamo discusso; infatti, accade spesso che i nostri pensieri e discorsi generino nel sonno qualcosa di simile, come scrive Ennio riguardo Omero, di cui evidentemente era solito pensare e parlare frequentemente da sveglio), Africano mi apparve nella forma che mi era più familiare attraverso il suo ritratto piuttosto che dal ricordo diretto. Quando lo riconobbi, ebbi un brivido, ma lui disse: “Sii presente con l’animo, Scipione, e lascia da parte la paura, e memorizza bene ciò che ti dirò.” |