Come finisce il romanzo 1984 di George Orwell
28 Dicembre 2019Introduzione alla Divina commedia
28 Dicembre 2019Il Canto VIII del Paradiso di Dante introduce il terzo cielo, quello di Venere, dove risiedono le anime che in vita furono caratterizzate dall’amore, un amore terreno, sì, ma che non li allontanò da Dio.
Analizziamo i primi 66 versi:
Parafrasi:
vv. 1-6
Il mondo antico credeva erroneamente che fosse la bella Venere (Ciprigna) a diffondere l’amore folle (carnale), poiché si pensava che il pianeta Venere, nel suo terzo epiciclo (l’orbita), fosse sotto il suo dominio. Per questo motivo, i popoli antichi le rendevano onore con sacrifici e invocazioni votive, pur in quell’errore pagano.
vv. 7-12
Non solo Venere veniva venerata, ma anche Dione (che si riteneva sua madre) e Cupido (suo figlio), credendo che Cupido si fosse seduto in grembo a Didone (la regina di Cartagine, che s’innamorò di Enea). Da Venere, da cui prendo le mosse, derivava il nome della stella (il pianeta Venere) che a volte si trova davanti e altre volte dietro al Sole.
vv. 13-18
Dante non si accorge di essere salito nel cielo di Venere, ma la sua donna (Beatrice) che lo rende più bello e radioso ne è la conferma. Così come una scintilla si vede nel fuoco e come una voce si distingue da un’altra, così Dante vide in quella luce altre anime che si muovevano più o meno velocemente, secondo quanto percepivano con le loro visioni interiori.
vv. 19-27
Non scendono dalla nube venti, visibili o invisibili, così rapidi da non sembrare lenti e ostacolati in confronto alla velocità con cui quelle anime beate si dirigevano verso Dante, dopo aver lasciato la danza iniziata con i Serafini nei cieli più alti. Mentre si avvicinavano, cantavano un ‘Osanna’ così bello che Dante non cessò mai di desiderare di risentirlo.
vv. 28-33
Una di queste anime si avvicinò più di tutte e, parlando a Dante, lo rassicurò che erano tutti pronti a compiacerlo, affinché potesse gioire della loro compagnia. L’anima spiegò che si muovono nel loro giro insieme ai principi celesti, con una stessa sete e desiderio, che Dante aveva già descritto in precedenza nel verso “Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete”.
vv. 34-42
L’anima continuò spiegando che erano così pieni d’amore che anche una breve pausa nel loro movimento non sarebbe stata meno dolce. Dante, dopo aver guardato Beatrice per avere conferma, rivolse il suo sguardo all’anima e, con grande affetto, gli chiese chi fosse.
vv. 43-54
L’anima, illuminandosi ancora di più per la gioia della domanda di Dante, rispose che fu nel mondo solo per poco tempo, e se fosse rimasta più a lungo, molti mali sarebbero stati evitati. La sua gioia e beatitudine lo avvolgeva e lo nascondeva a Dante come un bozzolo nasconde l’animale al suo interno. L’anima confessò che Dante l’amò molto in vita e che avrebbe mostrato ancor più del suo affetto se fosse vissuto più a lungo.
vv. 55-66
L’anima raccontò che la riva sinistra del Rodano, dopo la confluenza con il fiume Sorga, lo attendeva come suo signore, così come le regioni d’Italia tra Bari, Gaeta e Catona, dove sfociano i fiumi Tronto e Verde. Sul suo capo brillava già la corona di quella terra (Ungheria) che il Danubio attraversa, lasciando le rive tedesche.
Commento:
In questi versi Dante presenta il cielo di Venere, associato al concetto di amore, ma riformulato in una visione cristiana: l’amore che anima questi spiriti è rivolto a Dio e non è più un amor carnale e mondano. La tradizione pagana, rappresentata da Venere, Dione e Cupido, viene citata e superata: il canto sottolinea il passaggio da una concezione errata dell’amore a una spirituale, incentrata sulla luce divina.
La struttura dei primi versi è dominata da una riflessione sull’errore antico e la rappresentazione del movimento delle anime nel cielo, descritto con una metafora di luce e suono. L’anima che si avvicina a Dante è Carlo Martello, principe di Ungheria e Napoli, che si rivela con grande affetto e amicizia verso Dante. Il tono della conversazione è intimo, e Carlo esprime il suo rammarico per non essere vissuto abbastanza a lungo da impedire i mali che affliggeranno le terre che lo avrebbero visto regnare.
Analisi stilistica:
Dante utilizza un linguaggio ricco di immagini luminose e di dinamismo. Le anime beate appaiono come luci in movimento, un’immagine che sottolinea la loro perfezione e la loro capacità di percezione spirituale. Inoltre, il ricorso alla metafora della fiamma e delle scintille (vv. 16-18) evidenzia la natura trascendente delle anime, che si muovono a una velocità superiore a quella dei venti terreni.
Interessante è anche il richiamo a Dante stesso, nel verso «Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete», una citazione dal Convivio, in cui l’autore riflette sulla complessità e perfezione dei moti celesti, che solo la mente divina può comprendere.
In sintesi, questi primi versi del canto VIII introducono un tema centrale del Paradiso: l’amore come forza universale e divina che muove il cosmo, e che, pur partendo da esperienze terrene, deve trascendere verso una dimensione spirituale per avvicinarsi a Dio.
Testo e parafrasi dei primi 66 versi dell’ottavo canto del Paradiso di Dante
Testo:
Solea creder lo mondo in suo periclo per che non pur a lei faceano onore ma Dïone onoravano e Cupido, e da costei ond’ io principio piglio Io non m’accorsi del salire in ella; E come in fiamma favilla si vede, vid’ io in essa luce altre lucerne Di fredda nube non disceser venti, a chi avesse quei lumi divini e dentro a quei che più innanzi appariro Indi si fece l’un più presso a noi Noi ci volgiam coi principi celesti ’Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete’; Poscia che li occhi miei si fuoro offerti rivolsersi a la luce che promessa E quanta e quale vid’ io lei far piùe Così fatta, mi disse: «Il mondo m’ebbe La mia letizia mi ti tien celato Assai m’amasti, e avesti ben onde; Quella sinistra riva che si lava e quel corno d’Ausonia che s’imborga Fulgeami già in fronte la corona |
Parafrasi:
vv. 1-6 poiché si pensava che il pianeta Venere, nel suo terzo epiciclo (l’orbita), fosse sotto il suo dominio. Per questo motivo, i popoli antichi le rendevano onore con sacrifici e invocazioni votive, pur in quell’errore pagano. vv. 7-12 Da Venere, da cui prendo le mosse, derivava il nome della stella (il pianeta Venere) che a volte si trova davanti e altre volte dietro al Sole. vv. 13-18 Così come una scintilla si vede nel fuoco e come una voce si distingue da un’altra, così Dante vide in quella luce altre anime che si muovevano più o meno velocemente, secondo quanto percepivano con le loro visioni interiori. vv. 19-30 in confronto alla velocità con cui quelle anime beate si dirigevano verso Dante, dopo aver lasciato la danza iniziata con i Serafini nei cieli più alti. Mentre si avvicinavano, cantavano un ‘Osanna’ così bello che Dante non cessò mai di desiderare di risentirlo. vv. 31-37 L’anima spiegò che si muovono nel loro giro insieme ai principi celesti, con una stessa sete e desiderio, che Dante aveva già descritto in precedenza nel verso “Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete”. vv. 38-42 Dante, dopo aver guardato Beatrice per avere conferma, rivolse il suo sguardo all’anima e, con grande affetto, gli chiese chi fosse. vv. 43-57 e se fosse rimasta più a lungo, molti mali sarebbero stati evitati. La sua gioia e beatitudine lo avvolgeva e lo nascondeva a Dante come un bozzolo nasconde l’animale al suo interno. L’anima confessò che Dante l’amò molto in vita e che avrebbe mostrato ancor più del suo affetto se fosse vissuto più a lungo. vv. 58-66 così come le regioni d’Italia tra Bari, Gaeta e Catona, dove sfociano i fiumi Tronto e Verde. Sul suo capo brillava già la corona di quella terra (Ungheria) che il Danubio attraversa, lasciando le rive tedesche.
|