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28 Dicembre 2019La canzone “Ora parrà s’eo saverò cantare” è un testo poetico didascalico ed edificante di Fra Guittone d’Arezzo, un poeta del XIII secolo noto per le sue opere moralistiche e dottrinali.
In questo componimento, Guittone esprime un profondo distacco dall’amore terreno e carnale, esaltando invece valori spirituali e morali.
La canzone segue un rigoroso schema metrico e rappresenta un perfetto esempio della poesia dottrinale del tempo, dove il tema amoroso, che era centrale nei poeti stilnovisti, viene rifiutato a favore di un insegnamento etico e religioso.
Analisi
Il testo è diviso in strofe regolari con suddivisioni interne che riflettono un’alternanza tra espressioni di rifiuto dell’amore e affermazioni morali. La struttura metrica è complessa e articolata, con una serie di rime interne e consonanze che conferiscono musicalità e potenza retorica al componimento. Nelle prime strofe, Guittone critica l’amore terreno, associandolo alla follia e alla mancanza di saggezza:
“Ch’ad om tenuto saggio odo contare che trovare — non sa, né valer punto, omo d’Amor non punto.”
Qui afferma che, contrariamente a quanto si possa credere, l’uomo saggio non trova valore nell’amore, poiché l’amore terreno porta solo alla perdita di ragione e all’errore. Si nota un distacco netto dalla tradizione cortese, in cui l’amore è elevato a virtù nobilitante.
Nelle strofe successive, il poeta propone una guida morale e religiosa per chi desidera vivere rettamente, esortando a seguire la via della virtù e della ragione, piuttosto che lasciarsi travolgere dalla passione amorosa:
“Ma chi cantare vole e valer bene, in suo legno nochier diritto pone, ed orrato saver mette al timone, Dio fa sua stella e ver lausor sua spene;”
In questa parte, Guittone usa la metafora del nocchiero (il navigante) che, se desidera guidare la sua nave verso la giusta direzione (la vita virtuosa), deve fare di Dio la sua “stella”, il suo punto di riferimento.
L’autore contrappone la nobiltà spirituale e l’onore alla “cupidigia” e ai piaceri carnali, sottolineando che solo attraverso il distacco dai beni materiali e dai desideri terreni si può raggiungere la vera ricchezza spirituale.
Commento
Fra Guittone si inserisce in una tradizione moralizzante tipica della Scuola Siciliana e della poesia toscana delle origini, ma si distingue per l’intensità della sua visione religiosa e la sua critica radicale dell’amore cortese. Mentre Dante, suo contemporaneo, riconosce il valore spirituale dell’amore, Guittone lo disprezza, associandolo alla perdita di ragione e alla debolezza morale.
La sua critica non è diretta solo all’amore in senso carnale, ma più in generale alla debolezza umana che porta l’uomo a inseguire passioni terrene invece di rivolgersi a Dio e alla virtù. Le tematiche della lotta contro il peccato, della centralità di Dio come guida, e del rigetto della vanità mondana sono chiaramente presenti in tutto il componimento.
Sintesi delle strofe
Prima strofa:
“Adesso si vedrà se so cantare bene e se valgo quanto valevo in passato, dato che ora fuggo del tutto l’Amore e lo disprezzo, e mi sembra più forte di qualsiasi cosa! Ho sentito dire che non si può trovare saggezza né valore in chi non ha nulla a che fare con l’Amore, ma mi sembra lontano dalla verità, se si riflette su ciò che si dice. Ovunque regna l’Amore, c’è follia al posto della saggezza. Come può dunque avere valore o dare piacere qualcosa che è lontano dal creatore di ogni valore e sembra l’opposto di tutto?”
Seconda strofa:
“Ma chi vuole cantare e valere veramente, deve mettere un timoniere giusto sulla sua barca, e affidare la conoscenza a Dio come guida, sperando nella vera lode. Nessun grande onore è stato mai conquistato seguendo i desideri carnali, ma piuttosto con la prudenza e allontanandosi dai vizi e dal peccato. Perciò l’uomo saggio deve essere sempre pronto, con tutto il cuore e la forza, a migliorare il suo stato e raggiungere l’onore, senza temere la fatica.”
Terza strofa:
“Ognuno desideri per gli altri ciò che desidera per sé, e non creda che il proprio guadagno possa derivare dal danno altrui. Non c’è guadagno in ciò che toglie onore, e nessuna cosa dà onore se la grazia e l’amore vengono meno. È grave ciò che viene preso con disonore, poiché potrebbe essere disprezzato da chi cerca la lode.”
Quarta strofa:
“L’uomo malvagio, che è nemico della ragione, vive in vita come se fosse già morto, e pensa di diventare ricco ma finisce povero. Nessun uomo avido può diventare veramente ricco, perché più accumula tesori, più cresce il suo desiderio e il suo peso.”
Testo e Parafrasi
Ora parrá s’eo saverò cantare Ma chi cantare vole e valer bene, Voglia ’n altrui ciascun ciò che ’n sé chere, En vita more e sempre in morte vive Onne cosa fue solo all’om creata, Ahi, come valemi poco mostranza! |
Parafrasi:Prima Strofa:“Adesso si vedrà se saprò cantare bene e se varrò ancora quanto valevo una volta, dato che ora fuggo completamente l’Amore e lo rifiuto, e mi sembra qualcosa di estremamente potente. Ho sentito dire che nessun uomo può essere considerato saggio se non ha mai provato amore, ma mi sembra un’idea lontana dalla verità, se si mette a confronto il pensiero con la parola. Infatti, ovunque Amore tenga in pugno qualcuno, regna la follia al posto della saggezza. Come può quindi l’amore avere valore o dare piacere, se è lontano dal creatore di ogni valore e appare contrario a tutto ciò che è giusto?” Seconda Strofa:“Ma chi vuole cantare bene e avere valore, deve mettere al timone della sua vita un nocchiero giusto, e affidare la sua conoscenza alla guida onorata, facendo di Dio la sua stella e della vera lode la sua speranza. Nessun grande onore o bene è mai stato conquistato seguendo i desideri carnali, ma piuttosto con la prudenza e astenendosi dai vizi e dai peccati. Perciò l’uomo saggio deve sempre essere pronto, con tutto il cuore e la forza, a migliorare il suo stato e a raggiungere l’onore, senza fuggire la fatica; infatti, chi si riposa troppo non avanza, ma si allontana dalla meta, mentre chi combatte bene viene onorato, purché lo faccia con moderazione.” Terza Strofa:“Ognuno dovrebbe desiderare per gli altri ciò che desidera per sé, e non credere che il proprio guadagno possa derivare dal danno altrui. Non c’è guadagno in ciò che toglie onore, e nessuna cosa può dare onore se grazia e amore vengono meno. Ciò che è ottenuto con disonore è pesante, perché potrebbe essere disprezzato da chi cerca la lode. Ma l’uomo malvagio non crederebbe di poter vivere senza falsità; tuttavia, sarebbe meglio essere una persona giusta di cuore. È più vergognoso che mortale portare disonore, e più grave che un danno, poiché un uomo saggio dovrebbe amare una morte gloriosa più che una vita priva di valore. Ogni uomo deve credere di essere stato creato non per restare in vita, ma per passare in maniera onorata.” Quarta Strofa:“L’uomo malvagio, che è nemico della ragione, muore mentre è in vita e vive sempre in morte. Credendo di diventare ricco, finisce mendicante, poiché l’uomo avido non può essere veramente ricco. Più accumula tesori, più aumenta il suo desiderio e il suo peso. Non sono molti quelli che possiedono l’oro, ma è l’oro che possiede loro. E più aumenta la loro ricchezza, più danneggiano la loro nobiltà e bellezza. Ma chi disprezza la ricchezza è durevole, e chi è nobile sa sostenere sia il danno che il guadagno, vivendo tra dubbio e speranza, e gestendo umilmente ciò che possiede, accettando saggiamente la sofferenza secondo ciò che la ragione e i tempi richiedono.” Quinta Strofa:“Tutto è stato creato solo per l’uomo, ma l’uomo non è stato creato per dormire o per mangiare, bensì per agire rettamente. A lui è stata data la capacità di discernimento. La natura e Dio ci impongono la ragione (è scritto chiaramente), ci comandano di fuggire la riprovazione e di cercare la lode; ci impongono di evitare i vizi e di praticare la via della virtù, rimuovendo ogni ostacolo e condizione contraria. Ma, anche se né la legge né Dio lo imponessero, e anche se qui non ci fosse alcuna ricompensa, né l’anima fosse separata dopo la morte, mi sembra comunque che ciascuno dovrebbe, per quanto possibile, fare in modo che tutte le cose seguano la ragione.” Sesta Strofa:“Ah, quanto poco mi aiuta l’apparenza! Non è l’ignoranza a impedirci di fare il bene, ma il desiderio folle e la cattiva abitudine che ci spinge verso il male. È più frequente il fallimento che la lealtà. Non è che il male sia più facile da compiere rispetto al bene, ma il bene ci sembra così difficile solo perché non siamo abituati a praticarlo, e perché portiamo dentro di noi desideri contrari. Dove un’anima piena di energia e volontà trova piacere, l’abitudine al bene porta una gioia onorata.”
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Commento finale:
Attraverso questo testo, Fra Guittone richiama costantemente alla virtù e alla rinuncia dei piaceri terreni, enfatizzando il contrasto tra la vita spirituale e quella materiale.
Guittone costruisce un discorso morale articolato e complesso, condannando i piaceri carnali e l’amore terreno, in favore di una vita dedicata alla virtù e alla rettitudine. Ogni strofa si ricollega all’idea centrale del distacco dai piaceri mondani e della necessità di vivere in accordo con la ragione e la volontà divina.
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