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28 Dicembre 2019Testo, metrica, tematiche e analisi di Tre sonetti di Giacomo da Lentini
1) Testo del sonetto “Chi non avesse mai veduto foco” di Jacopo da Lentini
Chi non avesse mai veduto foco
di Giacomo (Jacopo) da Lentini
[C]hi non avesse mai veduto foco
no crederia che cocere potesse,
anti li sembraria solazzo e gioco
lo so isprendor[e], quando lo vedesse. 5
Ma s’ello lo tocasse in alcun loco,
be·lli se[m]brara che forte cocesse:
quello d’Amore m’à tocato un poco,
molto me coce – Deo, che s’aprendesse!
Che s’aprendesse in voi, [ma]donna mia, 10
che mi mostrate dar solazzo amando,
e voi mi date pur pen’e tormento.
Certo l’Amor[e] fa gran vilania,
che no distringe te che vai gabando,
a me che servo non dà isbaldimento.
Analisi del sonetto “Chi non avesse mai veduto foco” di Jacopo da Lentini
1. Introduzione
Jacopo da Lentini, noto anche come Giacomo da Lentini, fu il principale esponente della Scuola Siciliana, attiva nella prima metà del XIII secolo alla corte di Federico II di Svevia. È considerato l’inventore del sonetto, una forma metrica che ebbe enorme successo nella letteratura italiana.
Questo sonetto sviluppa una metafora centrale: l’amore paragonato al fuoco. Il poeta descrive la duplice natura dell’amore, che appare piacevole a chi lo osserva dall’esterno ma che si rivela doloroso per chi lo sperimenta.
2. Struttura e metrica
Il sonetto segue la struttura tipica:
- Due quartine a rima alternata (ABAB ABAB)
- Due terzine a rima incrociata e ripetuta (CDE CDE)
- I versi sono endecasillabi, come d’uso nella lirica siciliana.
La regolarità metrica e il ritmo scorrevole rendono la poesia armoniosa e musicale.
3. Temi principali
✅ L’amore come fuoco
- L’immagine del fuoco è una delle metafore più ricorrenti nella poesia amorosa medievale e successiva. Qui, il poeta spiega che chi non ha mai provato l’amore lo immagina come qualcosa di piacevole e luminoso, ma chi lo ha toccato ne sente il dolore.
- Questa concezione riprende la tradizione stilnovista e cortese, in cui l’amore è spesso visto come un’esperienza che può portare sofferenza e tormento.
✅ L’amore non corrisposto
- Il poeta soffre perché la donna che ama sembra offrirgli un’illusione di felicità, ma in realtà gli causa solo pena e tormento.
- C’è un senso di ingiustizia: l’amore colpisce chi è fedele e devoto (il poeta), mentre risparmia chi lo tratta con leggerezza (la donna).
- Questa tematica è tipica della lirica cortese, in cui l’uomo è il servitore d’amore e la donna è spesso irraggiungibile.
✅ L’amore come vilania
- Nel finale, l’amore viene descritto come ingiusto e crudele, perché non punisce la donna insensibile (“che vai gabando”, v. 13), mentre fa soffrire chi è sinceramente devoto.
- Il poeta invoca una sorta di giustizia amorosa, ma senza speranza.
4. Analisi dei versi
🔹 Quartine (vv. 1-8): La metafora del fuoco
Chi non avesse mai veduto foco,
no crederia che cocere potesse,
anti li sembraria solazzo e gioco
lo so isprendor[e], quando lo vedesse.
- Il poeta introduce il paragone tra il fuoco e l’amore.
- Chi non ha mai visto il fuoco non può credere che bruci, anzi, ne apprezza la bellezza.
- Così è l’amore per chi non lo ha mai provato: appare come un piacere, un divertimento.
Ma s’ello lo tocasse in alcun loco,
be·lli se[m]brara che forte cocesse:
quello d’Amore m’à tocato un poco,
molto me coce – Deo, che s’aprendesse!
- Chi tocca il fuoco scopre che brucia, proprio come chi si innamora scopre il dolore.
- Il poeta confessa che l’amore lo ha solo sfiorato, eppure già lo fa soffrire intensamente.
- L’esclamazione “Deo, che s’aprendesse!” è una richiesta d’aiuto a Dio, un lamento tipico della poesia medievale amorosa.
🔹 Terzine (vv. 9-14): Il rimprovero alla donna e all’amore
Che s’aprendesse in voi, [ma]donna mia,
che mi mostrate dar solazzo amando,
e voi mi date pur pen’e tormento.
- Il poeta si rivolge direttamente alla donna: vorrebbe che anche lei provasse l’amore, perché lui soffre mentre lei sembra divertirsi.
- L’accusa implicita è che la donna si mostri gentile e affettuosa, ma in realtà non ricambia il suo amore.
Certo l’Amor[e] fa gran vilania,
che no distringe te che vai gabando,
a me che servo non dà isbaldimento.
- Il poeta conclude con un’amara riflessione sull’ingiustizia dell’amore.
- L’amore è ingiusto (“fa gran vilania”) perché non costringe alla sofferenza la donna indifferente, mentre fa soffrire il poeta che lo serve con fedeltà.
- Il verbo “gabare” (da cui “gabando”) significa prendere in giro, ingannare, quindi il poeta accusa la donna di giocare con i suoi sentimenti.
- “Isbaldimento” significa consolazione, sollievo, che l’amore nega a chi lo serve sinceramente.
5. Stile e linguaggio
🔹 Linguaggio semplice ma efficace
- Lo stile di Jacopo da Lentini è meno artificioso di quello degli Stilnovisti, ma conserva una grande musicalità e immediatezza.
- L’uso della terza persona impersonale (“chi non avesse mai veduto foco”) rende il discorso universale.
🔹 Musicalità e armonia
- La scelta della rima alternata nelle quartine e incrociata nelle terzine crea un effetto sonoro molto fluido.
- La presenza di esclamazioni e ripetizioni (“Deo, che s’aprendesse!”) enfatizza il pathos.
🔹 Figure retoriche principali
- Metafora → Il fuoco rappresenta l’amore e il suo doppio volto: bellezza esterna, dolore interno.
- Antitesi → Il contrasto tra l’apparente piacere dell’amore e la sua vera sofferenza.
- Personificazione → L’amore è descritto come un’entità che agisce e commette ingiustizie.
6. Conclusione e significato complessivo
🔹 Il sonetto esprime una visione amara e disillusa dell’amore.
- L’amore appare affascinante ma, una volta sperimentato, si rivela doloroso e ingiusto.
- Il poeta soffre perché la donna non ricambia i suoi sentimenti e vive l’amore come un gioco.
🔹 L’eredità della poesia cortese e l’anticipo dello Stilnovo
- La concezione dell’amore come sofferenza è tipica della Scuola Siciliana e influenzerà Dante e gli Stilnovisti.
- Tuttavia, mentre nello Stilnovo l’amore è un’esperienza nobilitante, qui è vissuto come una forza crudele e ingiusta.
🔹 Un tema universale
- La metafora del fuoco è ancora oggi attuale: l’idea che l’amore sembri meraviglioso da fuori, ma che possa essere doloroso quando vissuto, è un’esperienza che attraversa tutte le epoche.
2) Testo del sonetto “Io m’aggio posto in core a Dio servire” di Jacopo da Lentini
Io m’aggio posto in core a Dio servire di Giacomo (Jacopo) da Lentini
Io m’ag[g]io posto in core a Dio servire,
com’io potesse gire in paradiso,
al santo loco ch’ag[g]io audito dire,
u’ si manten sollazzo, gioco e riso.
Sanza mia donna non vi vorria gire, 5
quella c’ha blonda testa e claro viso,
ché sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.
Ma non lo dico a tale intendimento,
perch’io pec[c]ato ci volesse fare; 10
se non veder lo suo bel portamento
e lo bel viso e ’l morbido sguardare:
ché lo mi teria in gran consolamento,
veg[g]endo la mia donna in ghiora stare.
Analisi del sonetto “Io m’aggio posto in core a Dio servire” di Jacopo da Lentini
1. Introduzione
Jacopo da Lentini, esponente della Scuola Siciliana, è considerato l’inventore del sonetto e uno dei primi poeti a trattare il tema dell’amore con una sensibilità raffinata e cortese.
In questo sonetto, egli esprime il desiderio di servire Dio e di raggiungere il Paradiso, ma subito dopo aggiunge un elemento sorprendente: senza la sua amata, anche il Paradiso gli sembrerebbe privo di gioia. Il poeta, tuttavia, si affretta a chiarire che il suo desiderio non è peccaminoso, ma nasce dal semplice desiderio di contemplare la bellezza della donna.
2. Struttura e metrica
- Sonetto con schema di rime ABAB ABAB CDE CDE
- Versi endecasillabi
La forma è quella tipica del sonetto siciliano, con quartine a rima alternata e terzine a rima incrociata.
3. Temi principali
✅ Il desiderio di servire Dio e raggiungere il Paradiso
- Il poeta afferma che il suo obiettivo è servire Dio per ottenere la ricompensa eterna (“Io m’aggio posto in core a Dio servire, / com’io potesse gire in paradiso”, vv. 1-2).
- Il Paradiso è descritto come un luogo di gioia, sollazzo e riso, riprendendo la tradizione cristiana della beatitudine eterna.
✅ L’amore terreno e la donna come figura essenziale alla felicità
- Il poeta introduce un’idea audace: senza la donna amata, il Paradiso non sarebbe perfetto per lui (“Sanza mia donna non vi vorria gire”, v. 5).
- L’amata è caratterizzata da biondi capelli e volto luminoso, segno della sua bellezza ideale.
✅ L’equilibrio tra amore sacro e amore profano
- Jacopo si affretta a precisare che il suo amore non è peccaminoso (“Ma non lo dico a tale intendimento, / perch’io peccato ci volesse fare”, vv. 9-10).
- Il suo desiderio è puro e contemplativo, limitandosi alla visione della donna e alla sua grazia (“se non veder lo suo bel portamento / e lo bel viso e ’l morbido sguardare”, vv. 11-12).
- Questo concetto anticipa il Dolce Stil Novo, in cui l’amata è vista come un tramite tra l’uomo e il divino.
4. Analisi dei versi
🔹 Quartine (vv. 1-8): Il desiderio del Paradiso e della presenza della donna
Io m’ag[g]io posto in core a Dio servire,
com’io potesse gire in paradiso,
al santo loco ch’ag[g]io audito dire,
u’ si manten sollazzo, gioco e riso.
- Il poeta esprime il suo intento religioso: vuole servire Dio per raggiungere il Paradiso.
- Il Paradiso è descritto come un luogo di gioia e divertimento, riprendendo una concezione tipicamente medievale.
Sanza mia donna non vi vorria gire,
quella c’ha blonda testa e claro viso,
ché sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.
- Qui arriva il colpo di scena: il poeta ammette che non vorrebbe entrare in Paradiso senza la sua amata.
- La bellezza della donna è descritta con tratti stilizzati (“blonda testa e claro viso”), tipici della lirica cortese.
- L’idea di una felicità incompleta senza l’amata è innovativa e anticipa il concetto di donna-angelo dello Stilnovo.
🔹 Terzine (vv. 9-14): La giustificazione del desiderio amoroso
Ma non lo dico a tale intendimento,
perch’io pec[c]ato ci volesse fare;
se non veder lo suo bel portamento
- Per evitare accuse di blasfemia, il poeta specifica che non desidera la donna per peccare, ma solo per ammirarne la bellezza.
- Qui emerge la concezione cortese e spirituale dell’amore.
e lo bel viso e ’l morbido sguardare:
ché lo mi teria in gran consolamento,
veg[g]endo la mia donna in ghiora stare.
- L’amore è visto come contemplazione e fonte di consolazione spirituale.
- Il termine “in ghiora stare” suggerisce uno stato di gloria, come se la donna fosse già angelicata.
5. Stile e figure retoriche
✅ Metafora del Paradiso
- Il Paradiso rappresenta sia la ricompensa divina sia il luogo di perfetta felicità, che però risulta incompleto senza l’amata.
✅ Antitesi tra sacro e profano
- Il poeta gioca sul contrasto tra aspirazione religiosa e desiderio amoroso, cercando un equilibrio tra i due.
✅ Parallelismi e ripetizioni
- Il ripetersi dell’idea di gioia e contemplazione crea un effetto armonico e musicale.
✅ Prefigurazione dello Stilnovo
- L’idea di un amore puro e contemplativo, che non si esaurisce nel desiderio fisico, anticipa le concezioni di Guinizzelli e Dante.
6. Significato complessivo
🔹 Un sonetto innovativo e audace
- Il poeta propone una visione dell’amore che sfida la rigida separazione tra sacro e profano.
- L’idea che il Paradiso non sia perfetto senza l’amata è una novità rispetto alla tradizione religiosa medievale.
🔹 Un ponte tra la lirica siciliana e lo Stilnovo
- Jacopo da Lentini è ancora legato alla lirica cortese, ma inizia a sviluppare l’idea della donna come figura spirituale e non solo terrena.
🔹 Un amore puro e contemplativo
- L’amore del poeta non è passionale, ma intellettuale e visivo.
- La donna diventa fonte di consolazione e armonia, concetto che sarà centrale nello Stilnovo.
3) Testo del sonetto “Madonna à ’n sé vertute con valore” di Jacopo da Lentini.
Madonna à ’n sé vertute con valore
di Giacomo (Jacopo) da Lentini
Madonna à ’n sé vertute con valore
più che nul’altra gemma prezïosa:
che isguardando mi tolse lo core,
cotant’è di natura vertudiosa. 4
Più luce sua beltate e dà sprendore
che non fa ’l sole né null’autra cosa;
de tut[t]e l’autre ell’è sovran’e frore,
che nulla apareggiare a lei non osa. 8
Di nulla cosa non à mancamento,
né fu ned è né non serà sua pare,
né ’n cui si trovi tanto complimento; 11
e credo ben, se Dio l’avesse a fare,
non vi metrebbe sì su’ ’ntendimento
che la potesse simile formare. 14
Analis del sonetto “Madonna à ’n sé vertute con valore” di Jacopo da Lentini.
1. Introduzione
Jacopo da Lentini, esponente della Scuola Siciliana, è considerato l’inventore del sonetto e uno dei primi poeti italiani a sviluppare la tematica amorosa in forma raffinata. In questo componimento, il poeta celebra la donna amata in modo iperbolico e idealizzato, attribuendole qualità superiori a qualsiasi altra creatura. La descrizione della sua bellezza e della sua virtù raggiunge livelli così elevati che neppure Dio, se dovesse ricrearla, potrebbe farla più perfetta.
2. Struttura e metrica
- Sonetto con schema di rime: ABAB ABAB CDE CDE.
- Endecasillabi regolari, tipici della lirica siciliana.
- Quartine a rima alternata, terzine a rima incrociata.
La forma metrica è quella tipica della Scuola Siciliana, che verrà ripresa e perfezionata dal Dolce Stil Novo.
3. Temi principali
✅ L’iperbolica esaltazione della donna
- La donna viene descritta come unica e ineguagliabile, dotata di una bellezza e una virtù che nessun’altra possiede.
- La sua superiorità è tale che neppure Dio potrebbe crearne un’altra uguale.
✅ La bellezza come fonte di potere
- Il solo sguardo della donna è così potente da “togliere il cuore” all’amante (“isguardando mi tolse lo core”, v. 3).
- La sua bellezza irradia luce, più del sole stesso.
✅ L’amore come esperienza assoluta e totalizzante
- L’amata è l’unica vera perfezione possibile e non esiste nessuna che possa eguagliarla.
- L’amore è qui concepito in modo quasi mistico, con la donna che diventa un ideale assoluto.
4. Analisi dei versi
🔹 Quartine (vv. 1-8): L’esaltazione della donna
Madonna à ’n sé vertute con valore
più che nul’altra gemma prezïosa:
che isguardando mi tolse lo core,
cotant’è di natura vertudiosa.
- Il poeta apre il sonetto con un’affermazione netta: la sua donna possiede virtù e valore superiori a qualsiasi gemma preziosa.
- Il suo solo sguardo è sufficiente a privarlo del cuore, segno del suo potere assoluto sull’amante.
- Il termine “vertudiosa” (v. 4) suggerisce che la donna non è solo bella, ma possiede un’energia naturale e divina.
Più luce sua beltate e dà sprendore
che non fa ’l sole né null’autra cosa;
de tut[t]e l’autre ell’è sovran’e frore,
che nulla apareggiare a lei non osa.
- La bellezza della donna è più luminosa del sole.
- Il poeta esprime una visione iperbolica della bellezza femminile, che supera qualsiasi altra esistenza terrena.
- La donna è sovrana e fiore supremo, mentre le altre non osano nemmeno paragonarsi a lei.
🔹 Terzine (vv. 9-14): L’unicità assoluta della donna
Di nulla cosa non à mancamento,
né fu ned è né non serà sua pare,
né ’n cui si trovi tanto complimento;
- La donna è assolutamente perfetta (“Di nulla cosa non à mancamento”, v. 9).
- Non è mai esistita, non esiste e non esisterà mai un’altra donna simile a lei.
- Nessun’altra potrà mai raggiungere un tale livello di compimento e armonia.
e credo ben, se Dio l’avesse a fare,
non vi metrebbe sì su’ ’ntendimento
che la potesse simile formare.
- L’iperbole raggiunge il culmine: neppure Dio potrebbe creare una donna così perfetta.
- Questo pensiero non è blasfemo, ma rappresenta il punto estremo dell’idealizzazione cortese: la donna è così perfetta che persino la potenza divina non potrebbe superarla.
5. Stile e figure retoriche
✅ Iperbole
- L’intero sonetto è costruito su esagerazioni volte a esaltare la superiorità della donna (“più che nul’altra gemma prezïosa”, “Più luce sua beltate e dà sprendore / che non fa ’l sole”, “né fu ned è né non serà sua pare”).
✅ Metafore
- La bellezza della donna è paragonata alla luce del sole, simbolo di splendore assoluto e divino.
- La donna è definita “frore”, cioè fiore supremo, segno della sua delicatezza e perfezione.
✅ Anafora e parallelismi
- “né fu ned è né non serà sua pare” (v. 10) enfatizza l’unicità eterna della donna.
✅ Tono encomiastico
- Il poeta usa un linguaggio solenne e celebrativo per esaltare la donna come un essere straordinario e divino.
6. Significato complessivo
📌 Un modello di perfezione assoluta
- La donna amata è rappresentata come un essere irripetibile e perfetto, che non ha e non avrà mai eguali.
- Questa visione anticipa l’idealizzazione della donna tipica del Dolce Stil Novo, ma con una connotazione ancora più estrema e cortese.
📌 Una bellezza quasi divina
- La donna è descritta con immagini luminose e potenti, al punto che la sua perfezione supera ogni cosa creata.
- Questa concezione dell’amore è completamente spiritualizzata, non vi è alcun riferimento a desideri terreni.
📌 Un ponte tra la lirica cortese e lo Stilnovo
- Jacopo da Lentini riprende la tradizione cortese (l’amore come culto della bellezza e della virtù), ma ne fa una rappresentazione quasi mistica.
- Il tema della donna come essere divino, che Dante svilupperà con Beatrice, è già presente in forma embrionale.
7. Confronto con la tradizione
- Influenza della poesia trobadorica → L’idea della donna superiore a ogni altra creatura deriva dalla lirica dei trovatori provenzali.
- Anticipazione dello Stilnovo → L’idea della donna come figura spirituale e fonte di luce verrà ripresa da Guinizzelli e Dante.
8. Conclusione
“Madonna à ’n sé vertute con valore” è un sonetto che esalta l’assoluta superiorità della donna amata, descrivendola con iperboli e metafore luminose. La sua bellezza e virtù sono tali che neppure Dio potrebbe crearne un’altra simile.
Questa visione sublimata e spiritualizzata dell’amore fa di Jacopo da Lentini un precursore dello Stilnovo, ponendo le basi per la successiva concezione della donna-angelo.
Audio Lezioni di Letteratura delle origini, duecento e trecento del prof. Gaudio
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