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ESAMI DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE PRIMA PROVA SCRITTA – PROVA DI ITALIANO – Sessione Ordinaria 2019
TRACCIA
TIPOLOGIA C – RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITÀ
PROPOSTA C1
Testo tratto dal discorso del Prefetto Dottor Luigi Viana, in occasione delle celebrazioni del trentennale dell’uccisione del Prefetto Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della signora Emanuela Setti Carraro e dell’Agente della Polizia di Stato Domenico Russo.
CIMITERO DELLA VILLETTA PARMA, 3 SETTEMBRE 2012
Quando trascorre un periodo così lungo da un fatto che, insieme a tanti altri, ha segnato la storia di un Paese, è opportuno e a volte necessario indicare a chi ci seguirà il profilo della persona di cui ricordiamo la figura e l’opera, il contributo che egli ha dato alla società ed alle istituzioni anche, se possibile, in una visione non meramente retrospettiva ma storica ed evolutiva, per stabilire il bilancio delle cose fatte e per mettere in campo le iniziative nuove, le cose che ancora restano da fare. […]
A questo proposito, ho fissa nella memoria una frase drammatica e che ancora oggi sconvolge per efficacia e simbolismo: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti“. Tutti ricordiamo queste parole che sono apparse nella mattinata del 4 settembre 1982 su di un cartello apposto nei pressi del luogo dove furono uccisi Carlo Alberto Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo. […]
Ricordare la figura del Prefetto Dalla Chiesa è relativamente semplice. Integerrimo Ufficiale dei Carabinieri, dal carattere sicuro e determinato, eccelso professionista, investigatore di prim’ordine, autorevole guida per gli uomini, straordinario comandante. Un grande Servitore dello Stato, come Lui stesso amava definirsi. Tra le tante qualità che il Generale Dalla Chiesa possedeva, mi vorrei soffermare brevemente su una Sua dote speciale, che ho in qualche modo riscoperto grazie ad alcune letture della Sua biografia e che egli condivide con altri personaggi di grande spessore come, solo per citare i più noti, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (naturalmente non dimenticando i tanti altri che, purtroppo, si sono immolati nella lotta alle mafie). Mi riferisco alle Sue intuizioni operative.
Il Generale Dalla Chiesa nel corso della Sua prestigiosa ed articolata carriera ha avuto idee brillanti e avveniristiche, illuminazioni concretizzate poi in progetti e strutture investigative che, in alcuni casi, ha fortemente voluto tanto da insistere, talora anche energicamente, con le stesse organizzazioni statuali centrali affinché venissero prontamente realizzati. […]
Come diremmo oggi, è stato un uomo che ha saputo e voluto guardare avanti, ha valicato i confini della ritualità, ha oltrepassato il territorio della sterile prassi, ha immaginato nuovi scenari ed impieghi operativi ed ha innovato realizzando, anche grazie al Suo carisma ed alla Sua autorevolezza, modelli virtuosi e vincenti soprattutto nell’investigazione e nella repressione.
Giunse a Palermo, nominato Prefetto di quella Provincia, il 30 aprile del 1982, lo stesso giorno, ci dicono le cronache, dell’uccisione di Pio La Torre¹. Arriva in una città la cui comunità appare spaventata e ferita […]. Carlo Alberto Dalla Chiesa non si scoraggia e comincia a immaginare un nuovo modo di fare il Prefetto: scende sul territorio, dialoga con la gente, visita fabbriche, incontra gli studenti e gli operai. Parla di legalità, di socialità, di coesione, di fronte comune verso la criminalità e le prevaricazioni piccole e grandi. E parla di speranza nel futuro. Mostra la vicinanza dello Stato, e delle sue Istituzioni. Desidera che la Prefettura sia vista come un terminale di legalità, a sostegno della comunità e delle istituzioni sane che tale comunità rappresentano democraticamente.
Ma non dimentica di essere un investigatore, ed accanto a questa attività comincia ad immaginare una figura innovativa di Prefetto che sia funzionario di governo ma che sia anche un coordinatore delle iniziative antimafia, uno stratega intelligente ed attento alle dinamiche criminali, anticipando di fatto le metodologie di ricerca dei flussi finanziari utilizzati dalla mafia. […]
Concludo rievocando la speranza. Credo che la speranza, sia pure nella declinazione dello sdegno, dello sconforto e nella dissociazione vera, già riappaia sul volto piangente dell’anonima donna palermitana che, il 5 settembre 1982, al termine della pubblica cerimonia funebre officiata dal Cardinale Pappalardo, si rivolse a Rita e Simona Dalla Chiesa, come da esse stesse riportato, per chiedere il loro perdono dicendo, “… non siamo stati noi.”
Carlo Alberto Dalla Chiesa, quindi, si inserisce a pieno titolo tra i Martiri dello Stato […] ovvero tra coloro che sono stati barbaramente uccisi da bieche menti e mani assassine ma il cui sacrificio è valso a dare un fulgido esempio di vita intensa, di fedeltà certa ed incrollabile nello Stato e nelle sue strutture democratiche e che rappresentano oggi, come ieri e come domani, il modello da emulare e da seguire, senza incertezze e senza indecisioni, nella lotta contro tutte le mafie e contro tutte le illegalità.
¹ Politico e sindacalista siciliano impegnato nella lotta alla mafia.
Consegna
Sono trascorsi quasi quaranta anni dall’uccisione del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ma i valori richiamati nel discorso di commemorazione sopra riportato rimangono di straordinaria attualità.
Rifletti sulle tematiche che si evincono dal brano, traendo spunto dalle vicende narrate, dalle considerazioni in esso contenute e dalle tue letture, dalle tue conoscenze, dalle tue esperienze personali.
Puoi articolare il tuo elaborato in paragrafi opportunamente titolati e presentarlo con un titolo complessivo che ne esprima sinteticamente il contenuto.
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Durata massima della prova: 6 ore.
È consentito l’uso del dizionario italiano e del dizionario bilingue (italiano-lingua del paese di provenienza) per i candidati di madrelingua non italiana.
SVOLGIMENTO
L’Eredità di Dalla Chiesa: Tra Memoria, Impegno e Speranza
Il discorso del Prefetto Dottor Luigi Viana, tenuto in occasione del trentennale dell’uccisione del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della consorte Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo, ci invita a una riflessione profonda sull’eredità di figure che, con il loro sacrificio, hanno segnato la storia del nostro Paese. A distanza di quasi quarant’anni da quel tragico 3 settembre 1982, i valori di integrità, dedizione allo Stato e intuizione investigativa incarnati da Dalla Chiesa, e richiamati nel brano, conservano una straordinaria attualità, fungendo da bussola in una società complessa che ancora combatte contro le diverse forme di illegalità.
Il Profilo di un Servitore dello Stato Innovativo
La figura del Generale Dalla Chiesa emerge dal discorso come quella di un “integerrimo Ufficiale dei Carabinieri”, un “eccelso professionista” e “straordinario comandante”, che amava definirsi un “grande Servitore dello Stato”. Al di là di queste qualità morali e professionali, ciò che lo ha reso un precursore è stata la sua capacità di guardare “oltre i confini della ritualità”, “oltrepassando il territorio della sterile prassi”. Le sue “intuizioni operative”, condivise con altri martiri come Falcone e Borsellino, gli permisero di immaginare e di concretizzare progetti e strutture investigative avveniristiche. In un’epoca in cui la mafia era ancora spesso sottovalutata o minimizzata, Dalla Chiesa comprese la necessità di un approccio innovativo, capace di anticipare le dinamiche criminali e di investigare i “flussi finanziari” illeciti, una metodologia che oggi consideriamo imprescindibile nella lotta contro le organizzazioni criminali. La sua visione del Prefetto non era quella di un burocrate distaccato, ma di un “funzionario di governo” che “scende sul territorio, dialoga con la gente, visita fabbriche, incontra gli studenti e gli operai”, parlando di legalità, coesione e speranza. Questa capacità di innovare le strategie e il modo di essere Istituzione è, ancora oggi, un modello da emulare per affrontare sfide sempre nuove.
L’Omertà e la Battaglia per la Verità
Giunto a Palermo in un momento di profonda ferita e paura, Dalla Chiesa si scontrò con il muro dell’omertà, quel “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti” apparso sul cartello dopo la sua uccisione, simbolo di una rassegnazione profonda. L’omertà, infatti, non è solo silenzio imposto, ma una patologia sociale che mina le fondamenta della convivenza civile, impedendo la reazione e favorendo l’illegalità. Dalla Chiesa comprese che per combattere la criminalità organizzata non bastavano solo le indagini repressive, ma era necessaria una strategia più ampia, volta a ripristinare la fiducia nello Stato e a rafforzare il tessuto sociale. La sua scelta di dialogare con la gente, di mostrare la “vicinanza dello Stato” e di promuovere un “fronte comune verso la criminalità” fu un tentativo di scardinare questa cultura del silenzio, infondendo speranza e coraggio. Questo aspetto della sua missione, la capacità di essere presente sul territorio e di “normalizzare” il rapporto tra cittadini e Istituzioni, rimane di vitale importanza. Nelle zone a forte presenza mafiosa, ma anche in contesti di criminalità diffusa, la costruzione di una rete di legalità passa imprescindibilmente dalla vicinanza dello Stato e dalla capacità di generare fiducia.
I Martiri dello Stato e il Modello da Emulare
Carlo Alberto Dalla Chiesa si inserisce a pieno titolo nel novero dei “Martiri dello Stato”, accanto a figure come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il loro sacrificio, per quanto barbaro e doloroso, è valso a dare un “fulgido esempio di vita intensa, di fedeltà certa ed incrollabile nello Stato e nelle sue strutture democratiche”. Essi rappresentano un modello di riferimento non solo per chi opera nelle forze dell’ordine e nella magistratura, ma per ogni cittadino chiamato a difendere i principi di legalità e giustizia. La loro memoria è un monito costante a non abbassare la guardia e a non cedere alla rassegnazione. Negli anni, l’Italia ha visto la nascita e il consolidamento di strumenti e iniziative nati anche dal loro sacrificio, come il pool antimafia, la legislazione sui beni confiscati alla criminalità organizzata, e una diffusa consapevolezza civile che si manifesta in numerose associazioni e movimenti antimafia. Questi esempi concreti dimostrano che il loro “sacrificio è valso a dare un fulgido esempio” e che la lotta contro le mafie è una battaglia che si combatte quotidianamente su più fronti.
L’Attualità della Sfida: Nuove Mafie e Consapevolezza Civile
A quasi quarant’anni di distanza, le tematiche sollevate dal discorso di Viana rimangono di straordinaria attualità, sebbene le forme e le manifestazioni della criminalità organizzata si siano evolute. Le mafie contemporanee sono spesso meno visibili, meno “spettacolari” nelle loro manifestazioni violente, ma più insidiose, capaci di infiltrarsi nel tessuto economico e politico, di operare a livello transnazionale, e di sfruttare le nuove tecnologie. La lotta contro di esse richiede oggi più che mai quelle “intuizioni operative” di cui parlava Stajano, in particolare l’analisi dei flussi finanziari e la capacità di comprendere le reti globali. La consapevolezza che “la mafia è cambiata” non deve farci pensare che sia meno pericolosa, ma deve spingerci a un impegno costante e all’aggiornamento delle strategie di contrasto.
L’eredità di Dalla Chiesa ci ricorda che la difesa della legalità non è un compito esclusivo delle forze dell’ordine, ma una responsabilità collettiva. L’educazione alla legalità, la promozione di una cittadinanza attiva e il sostegno alle iniziative di contrasto alle illegalità sono gli strumenti fondamentali per rafforzare quella “speranza” che, pur potendo declinarsi in “sdegno, sconforto e dissociazione vera”, deve costantemente riapparire. Solo mantenendo viva la memoria dei “Martiri dello Stato” e traducendo i loro valori in azioni concrete quotidiane, potremo continuare a costruire una società più giusta e libera da ogni forma di prevaricazione e illegalità. Il loro esempio rimane un faro “senza incertezze e senza indecisioni” nella lotta continua per l’affermazione della democrazia e della giustizia.
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