XLIX.
Sola esclusa ne fu, perché in quell’ora
Ch’altri serrò le porte, ella si mosse:
E corse, ardente e incrudelita, fuora
A punir Arimon che la percosse.
Punillo; e ‘l fero Argante avvisto ancora
Non s’era ch’ella sì trascorsa fosse:
Chè la pugna e la calca e l’aer denso
Ai cor togliea la cura, agli occhj il senso.
L.
Ma poi che intepidì la mente irata
Nel sangue del nemico, e in se rivenne,
Vide chiuse le porte, e intorniata
Sè da’ nemici: e morta allor si tenne.
Pur veggendo ch’alcuno in lei non guata,
Nov’arte di salvarsi le sovvenne.
Di lor gente s’infinge, e fra gl’ignoti
Cheta s’avvolge; e non è chi la noti.
LI.
Poi, come lupo tacito s’imbosca
Dopo occulto misfatto, e si desvia:
Dalla confusion, dall’aura fosca
Favorita e nascosa ella sen gía.
Solo Tancredi avvien che lei conosca.
Egli quivi è sorgiunto alquanto pria;
Vi giunse allor ch’essa Arimone uccise:
Vide, e segnolla, e dietro a lei si mise.
LII.
Vuol nell’armi provarla: un uom la stima
Degno, a cui sua virtù si paragone.
Va girando colei l’alpestre cima
Verso altra porta, ove d’entrar dispone.
Segue egli impetuoso; onde assai prima
Che giunga, in guisa avvien che d’armi suone
Ch’ella si volge, e grida: o tu, chè porte,
Chè corri sì? Risponde: guerra, e morte.
LIII.
Guerra e morte avrai, disse, io non rifiuto
Darlati, se la cerchi: e ferma attende.
Non vuol Tancredi, che pedon veduto
Ha il suo nemico, usar cavallo, e scende.
E impugna l’uno e l’altro il ferro acuto,
Ed aguzza l’orgoglio, e l’ire accende.
E vansi a ritrovar non altrimenti
Che due tori gelosi, e d’ira ardenti.