Il treno ha fischiato di Luigi Pirandello
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28 Dicembre 2019Luigi Pirandello, noto come il “figlio del Caos”, è uno dei più grandi scrittori, drammaturghi e poeti italiani del Novecento.
Nato il 28 giugno 1867 in Contrada Caos, una località rurale nei pressi di Agrigento (all’epoca Girgenti), e morto il 10 dicembre 1936 a Roma, Pirandello ha lasciato un’eredità culturale di straordinario valore, caratterizzata da una profonda indagine sulla psiche umana, sull’identità e sull’illusorietà della realtà.
Le origini e l’infanzia: figlio del “Caos”
La denominazione di “figlio del Caos” deriva dal nome della località in cui nacque: Contrada Caos, un’area situata vicino alla Valle dei Templi, tra Agrigento e Porto Empedocle. Pirandello giocò su questa coincidenza, interpretando la parola “Caos” non solo in senso geografico, ma anche in senso simbolico, quasi fosse una predestinazione a una vita intrisa di disordine esistenziale e frammentazione interiore, temi centrali nelle sue opere.
Pirandello proveniva da una famiglia benestante: il padre, Stefano Pirandello, era un imprenditore che gestiva miniere di zolfo, mentre la madre, Caterina Ricci Gramitto, apparteneva a una famiglia progressista e di idee garibaldine. Fin da giovane, Pirandello mostrò un grande interesse per la letteratura e la poesia, scrivendo le sue prime composizioni già durante l’adolescenza.
Gli studi e l’inizio della carriera letteraria
Pirandello studiò a Palermo e successivamente si iscrisse all’Università di Roma, ma i suoi rapporti con l’ambiente accademico romano furono problematici e si trasferì a Bonn, in Germania, dove completò i suoi studi laureandosi nel 1891 con una tesi sulla lingua siciliana. Gli anni trascorsi in Germania furono cruciali per la sua formazione, poiché venne a contatto con la filosofia tedesca, in particolare con il pensiero di Schopenhauer e Nietzsche, che influenzarono profondamente la sua visione del mondo.
Rientrato in Italia, si stabilì a Roma e iniziò a dedicarsi alla scrittura, pubblicando poesie e racconti. Nel 1894 sposò Antonietta Portulano, figlia di un socio del padre. Tuttavia, il matrimonio si rivelò presto problematico: Antonietta, negli anni, sviluppò una grave malattia mentale, che influenzò profondamente la vita e l’opera di Pirandello, segnando un punto di svolta nel suo modo di vedere le relazioni umane e la condizione dell’individuo.
La crisi familiare ed economica
Nel 1903 la famiglia Pirandello attraversò una grave crisi economica: una frana distrusse la miniera di zolfo gestita dal padre di Pirandello, mettendo in ginocchio la famiglia. Questo evento ebbe ripercussioni drammatiche sulla sua vita personale, poiché oltre alla rovina finanziaria, l’evento contribuì a peggiorare la salute mentale della moglie Antonietta, già affetta da deliri di gelosia.
Questa situazione familiare disperata, unita alla sua esigenza di sopravvivenza economica, spinse Pirandello a dedicarsi con maggiore intensità alla scrittura. Le sue opere, a partire da questo periodo, iniziarono a riflettere in modo sempre più acuto la crisi dell’identità, la follia e la frammentazione dell’io.
Le prime opere e la svolta letteraria
Nel 1904, Pirandello pubblicò uno dei suoi romanzi più famosi, “Il fu Mattia Pascal”, che ottenne un immediato successo. Il romanzo racconta la storia di un uomo che, creduto morto, decide di cambiare identità, ma scopre che non esiste una vera libertà dall’identità sociale. Il tema del conflitto tra l’essere e il sembrare, centrale in questa opera, diventerà il fulcro della riflessione pirandelliana nei successivi romanzi e drammi.
Tra il 1910 e il 1920, Pirandello scrisse diverse novelle, poi raccolte nella serie “Novelle per un anno”, e si dedicò sempre più al teatro, che diventerà il campo principale della sua attività. In questo periodo, maturò la sua poetica dell’umorismo, espressa nel saggio “L’umorismo” (1908), dove distinse tra il comico e l’umoristico, quest’ultimo inteso come un modo di vedere oltre la superficie della realtà, cogliendo le contraddizioni e le sofferenze che si nascondono dietro la facciata del vivere quotidiano.
Il teatro: i drammi dell’identità
La produzione teatrale di Pirandello è fondamentale per capire la sua visione del mondo. Tra le sue opere più celebri ci sono:
- “Sei personaggi in cerca d’autore” (1921), che rivoluzionò il teatro tradizionale mettendo in scena l’idea della relatività della verità e del ruolo che ogni individuo è costretto a interpretare nella vita. I personaggi, creati da un autore incompiuto, si presentano sul palco in cerca di un autore che dia loro una forma definitiva, un’identità, in un gioco meta-teatrale che riflette la crisi dell’io.
- “Enrico IV” (1922), che tratta della follia e della difficoltà di distinguere tra realtà e finzione, temi centrali per Pirandello. Il protagonista, un uomo che finge di essere l’imperatore Enrico IV, diventa prigioniero della sua stessa finzione, in un dramma che esplora il conflitto tra verità soggettiva e oggettiva.
- “Ciascuno a suo modo” (1924) e “Questa sera si recita a soggetto” (1930) proseguono il discorso pirandelliano sulla frammentazione dell’identità e la teatralità della vita.
Il riconoscimento internazionale e il Premio Nobel
Negli anni Venti, Pirandello ottenne un crescente successo in Italia e all’estero, soprattutto in Francia e negli Stati Uniti. Le sue opere furono tradotte e rappresentate in tutto il mondo, facendolo diventare una delle figure più importanti del teatro contemporaneo. Nel 1934, fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura “per il suo coraggio e l’ingegnosa ripresentazione dell’arte drammatica e teatrale”.
Gli ultimi anni e la morte
Negli ultimi anni della sua vita, Pirandello continuò a scrivere e a lavorare intensamente, ma il suo rapporto con il fascismo divenne sempre più ambiguo. Pur non essendo un convinto sostenitore del regime, accettò la nomina a direttore del Teatro d’Arte di Roma nel 1925, che fu finanziato dal governo fascista. Tuttavia, Pirandello rimase sempre una figura indipendente, distante dalle ideologie politiche, concentrandosi piuttosto sui temi esistenziali e universali che caratterizzano la sua opera.
Pirandello morì il 10 dicembre 1936 a Roma, a causa di una polmonite. Le sue ultime volontà, espresse nel testamento, furono semplici: nessun funerale e una morte “solitaria”, senza celebrazioni pubbliche.
Conclusione
Luigi Pirandello, figlio del “Caos”, è stato uno scrittore e drammaturgo che ha esplorato in profondità la condizione dell’uomo moderno, intrappolato in una realtà complessa e frammentata. La sua opera affronta i temi dell’identità, della maschera sociale e dell’alienazione, gettando luce su quanto la vita sia spesso una rappresentazione teatrale in cui siamo costretti a recitare ruoli imposti dagli altri. Con il suo umorismo amaro e la sua lucida analisi della psiche umana, Pirandello ha lasciato un segno indelebile nella letteratura e nel teatro mondiale, diventando una delle voci più autorevoli del Novecento.