Il canto di Dante
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Nel 1970 esce a Milano e Roma il Manifesto di Rivolta femminile, insieme a uno scritto di Carla Lonzi Sputiamo su Hegel. Il linguaggio e il contenuto dei due testi mostrano che anche il primo fu scritto da lei.
Per il linguaggio, e non soltanto, il suo manifesto è ben diverso da quello del Demau, ma c’è convergenza fra i due sulla questione fondamentale.
La rivoluzione simbolica che la donna opera mettendosi in posizione di soggetto è considerata un cominciare da capo anche da Carla Lonzi che così si esprime in Sputiamo su Hegel:
Il destino imprevisto del mondo sta nel ricominciare il cammino per percorrerlo con la donna come soggetto”
Con il rivoluzionamento, nei testi di Rivolta femminile si dice anche chiaramente il suo risultato logico che è il concetto di differenza sessuale. La differenza tra donna e uomo viene infatti presentata come qualcosa da cui non si può prescindere. Non c’è libertà né pensiero per la donna senza pensiero della differenza. Il Manifesto si apre con questa idea:
La donna non va definita in rapporto all’uomo. Su questa coscienza si fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra libertà. L ‘uomo non è il modello a cui adeguare il processo della scoperta di sé da parte della donna. La donna è l’altro rispetto all’uomo. L’uomo è l’altro rispetto alla donna.”
Viene perciò duramente respinto il programma di uguaglianza tra i sessi con cui si pretenderebbe di assicurare alle donne piena dignità umana.
In Sputiamo su Hegel si sostiene che lo stato sociale assegnato al sesso femminile sia tale che
un uomo preferirebbe non essere mai nato se dovesse considerarlo per se stesso”
Le donne lo hanno sopportato, lo sopportano aiutandosi per una parte, una parte difficilmente misurabile, con l’aiuto delle fantasie. E difficile sapere al momento quanta parte di fantasie ci aiuta a sostenere la nostra differenza trovandoci esposte alle esibizioni del sesso maschile. Di solito si viene a saperlo quando è troppo tardi, quando cioè viene meno la forza di fantasticare. Allora la mente femminile si arrende e cade in quello stato che gli psicologi chiamano depressione. Carla Lonzi chiamò autocoscienza la pratica secondo la quale le donne parlavano della propria esperienza esponendosi alle altre. Era una via per sottrarre la coscienza di sé alle interpretazioni che ne dava la cultura maschile. Con questa pratica la propria soggettività femminile trovava modo di emergere nel confronto con altre donne.