Dalla porta dove s’era fermato, fino alla cappella del mezzo, e di là all’altra porta in faccia, c’era come un viale sgombro di capanne e d’ogni altro impedimento stabile; e alla seconda occhiata, Renzo vide in quello un tramenìo di carri, un portar via roba, per far luogo; vide cappuccini e secolari che dirigevano quell’operazione, e insieme mandavan via chi non ci avesse che fare. E temendo d’essere anche lui messo fuori in quella maniera, si cacciò addirittura tra le capanne, dalla parte a cui si trovava casualmente voltato, alla diritta.
Già aveva il giovine girato un bel pezzo, e senza frutto, per quell’andirivieni di capanne, quando, nella varietà de’ lamenti e nella confusione del mormorìo, cominciò a distinguere un misto singolare di vagiti e di belati; fin che arrivò a un assito scheggiato e sconnesso, di dentro il quale veniva quel suono straordinario. Mise un occhio a un largo spiraglio, tra due asse, e vide un recinto con dentro capanne sparse, e, così in quelle, come nel piccol campo, non la solita infermeria, ma bambinelli a giacere sopra materassine, o guanciali, o lenzoli distesi, o topponi; e balie e altre donne in faccende; e, ciò che più di tutto attraeva e fermava lo sguardo, capre mescolate con quelle, e fatte loro aiutanti: uno spedale d’innocenti, quale il luogo e il tempo potevan darlo. Era, dico, una cosa singolare a vedere alcune di quelle bestie, ritte e quiete sopra questo e quel bambino, dargli la poppa; e qualche altra accorrere a un vagito, come con senso materno, e fermarsi presso il piccolo allievo, e procurar d’accomodarcisi sopra, e belare, e dimenarsi, quasi chiamando chi venisse in aiuto a tutt’e due.
Più d’una volta il giovine, spinto da quello ch’era il primo, e il più forte de’ suoi pensieri, s’era staccato dallo spiraglio per andarsene; e poi ci aveva rimesso l’occhio, per guardare ancora un momento.
Levatosi di lì finalmente, andò costeggiando l’assito, fin che un mucchietto di capanne appoggiate a quello, lo costrinse a voltare. Andò allora lungo le capanne, con la mira di riguadagnar l’assito, d’andar fino alla fine di quello, e scoprir paese nuovo. Ora, mentre guardava innanzi, per studiar la strada, un’apparizione repentina, passeggiera, istantanea, gli ferì lo sguardo, e gli mise l’animo sottosopra. Vide, a un cento passi di distanza, passare e perdersi subito tra le baracche un cappuccino, un cappuccino che, anche così da lontano e così di fuga, aveva tutto l’andare, tutto il fare, tutta la forma del padre Cristoforo. Con la smania che potete pensare, corse verso quella parte; e lì, a girare, a cercare, innanzi, indietro, dentro e fuori, per quegli andirivieni, tanto che rivide, con altrettanta gioia, quella forma, quel frate medesimo; lo vide poco lontano, che, scostandosi da una caldaia, andava, con una scodella in mano, verso una capanna; poi lo vide sedersi sull’uscio di quella, fare un segno di croce sulla scodella che teneva dinanzi; e, guardando intorno, come uno che stia sempre all’erta, mettersi a mangiare. Era proprio il padre Cristoforo.
Ma la consolazione di Renzo nel ritrovare il suo buon frate, non fu intera neppure un momento: nell’atto stesso d’accertarsi ch’era lui, dovette vedere quant’era mutato. Il portamento curvo e stentato; il viso scarno e smorto; e in tutto si vedeva una natura esausta, una carne rotta e cadente, che s’aiutava e si sorreggeva, ogni momento, con uno sforzo dell’animo.
Andava anche lui fissando lo sguardo nel giovine che veniva verso di lui, e che, col gesto, non osando con la voce, cercava di farsi distinguere e riconoscere. – Oh padre Cristoforo! – disse poi, quando gli fu vicino da poter esser sentito senza alzar la voce.
– Tu qui! – disse il frate, posando in terra la scodella, e alzandosi da sedere.
– Come sta, padre? come sta?
– Meglio di tanti poverini che tu vedi qui, – rispose il frate: e la sua voce era fioca, cupa, mutata come tutto il resto. L’occhio soltanto era quello di prima, e un non so che più vivo e più splendido; quasi la carità , sublimata nell’estremo dell’opera, ed esultante di sentirsi vicina al suo principio, ci rimettesse un fuoco più ardente e più puro di quello che l’infermità ci andava a poco a poco spegnendo.
– L’ho avuta, grazie al cielo. Vengo… a cercar di… Lucia.
– Lucia! è qui Lucia?
– E’ qui: almeno spero in Dio che ci sia ancora.
– E’ tua moglie?
– Oh caro padre! no che non è mia moglie. Non sa nulla di tutto quello che è accaduto?
– No, figliuolo: da che Dio m’ha allontanato da voi altri, io non n’ho saputo più nulla; ma ora ch’Egli mi ti manda, dico la verità che desidero molto di saperne. Ma… e il bando?
– Le sa dunque, le cose che m’hanno fatto ?
– Ma tu, che avevi fatto?
– Senta, se volessi dire d’aver avuto giudizio, quel giorno in Milano, direi una bugia; ma cattive azioni non n’ho fatte punto.
– Non dubitate, – rispose il giovine; e il vecchio, tornato verso Renzo, – entriamo qui, – gli disse. – Ma… – soggiunse subito, fermandosi, – tu mi pari ben rifinito: devi aver bisogno di mangiare.
– E’ vero, – disse Renzo: – ora che lei mi ci fa pensare, mi ricordo che sono ancora digiuno.
– Aspetta, – disse il frate; e, presa un’altra scodella, l’andò a empire alla caldaia: tornato, la diede, con un cucchiaio, a Renzo; lo fece sedere sur un saccone che gli serviva di letto; poi andò a una botte ch’era in un canto, e ne spillò un bicchier di vino, che mise sur un tavolino, davanti al suo convitato; riprese quindi la sua scodella, e si mise a sedere accanto a lui.
– Oh padre Cristoforo! – disse Renzo: – tocca a lei a far codeste cose? Ma già lei è sempre quel medesimo. La ringrazio proprio di cuore.
Renzo principiò, tra una cucchiaiata e l’altra, la storia di Lucia: com’era stata ricoverata nel monastero di Monza, come rapita… All’immagine di tali patimenti e di tali pericoli, al pensiero d’essere stato lui quello che aveva indirizzata in quel luogo la povera innocente, il buon frate rimase senza fiato; ma lo riprese subito, sentendo com’era stata mirabilmente liberata, resa alla madre, e allogata da questa presso a donna Prassede.
– Ma, – domandò il frate, – hai qualche indizio dove sia stata messa, quando ci sia venuta?
– Niente, caro padre; niente se non che è qui, se pur la c’è, che Dio voglia!
– Oh poverino! ma che ricerche hai tu finora fatte qui?
– Ho girato e rigirato; ma, tra l’altre cose, non ho mai visto quasi altro che uomini. Ho ben pensato che le donne devono essere in un luogo a parte, ma non ci sono mai potuto arrivare: se è così, ora lei me l’insegnerà .
– Non sai, figliuolo, che è proibito d’entrarci agli uomini che non abbiano qualche incombenza?
– Ma, padre Cristoforo! – disse Renzo: – Lucia doveva esser mia moglie; lei sa come siamo stati separati; son venti mesi che patisco, e ho pazienza; son venuto fin qui, a rischio di tante cose, l’una peggio dell’altra, e ora…
Tiratolo sull’uscio della capanna, ch’era a settentrione, il frate riprese: – Senti; il nostro padre Felice, che è il presidente qui del lazzeretto, conduce oggi a far la quarantina altrove i pochi guariti che ci sono. Tu vedi quella chiesa lì nel mezzo… – e, alzando la mano scarna e tremolante, indicava a sinistra nell’aria torbida la cupola della cappella, che torreggiava sopra le miserabili tende; e proseguì: – là intorno si vanno ora radunando, per uscire in processione dalla porta per la quale tu devi essere entrato.
– Ah! era per questo dunque, che lavoravano a sbrattare la strada.
– Per l’appunto: e tu devi anche aver sentito qualche tocco di quella campana.
– Già ; intendo anch’io, – interruppe Renzo stravolgendo gli occhi, e cambiandosi tutto in viso; – intendo! Vo: guarderò, cercherò, in un luogo, nell’altro, e poi ancora, per tutto il lazzeretto, in lungo e in largo… e se non la trovo!…
– Se non la trovi? – disse il frate, con un’aria di serietà e d’aspettativa, e con uno sguardo che ammoniva.
– Renzo! – disse il frate, afferrandolo per un braccio, e guardandolo ancor più severamente.
– E se lo trovo, – continuò Renzo, cieco affatto dalla collera, – se la peste non ha già fatto giustizia… Non è più il tempo che un poltrone, co’ suoi bravi d’intorno, possa metter la gente alla disperazione, e ridersene: è venuto un tempo che gli uomini s’incontrino a viso a viso: e… la farò io la giustizia!
– Sciagurato! – gridò il padre Cristoforo, con una voce che aveva ripresa tutta l’antica pienezza e sonorità : – sciagurato! – e la sua testa cadente sul petto s’era sollevata; le gote si colorivano dell’antica vita; e il fuoco degli occhi aveva un non so che di terribile.
– Ah padre! – disse Renzo, andandogli dietro in atto supplichevole: – mi vuol mandar via in questa maniera?
– Come! – riprese, con voce non meno severa, il cappuccino. – Ardiresti tu di pretendere ch’io rubassi il tempo a questi afflitti, i quali aspettano ch’io parli loro del perdono di Dio, per ascoltar le tue voci di rabbia, i tuoi proponimenti di vendetta? T’ho ascoltato quando chiedevi consolazione e aiuto; ho lasciata la carità per la carità ; ma ora tu hai la tua vendetta in cuore: che vuoi da me? vattene. Ne ho visti morire qui degli offesi che perdonavano; degli offensori che gemevano di non potersi umiliare davanti all’offeso: ho pianto con gli uni e con gli altri; ma con te che ho da fare?
– Ah gli perdono! gli perdono davvero, gli perdono per sempre! – esclamò il giovine.
– Renzo! – disse, con una serietà più tranquilla, il frate: pensaci; e dimmi un poco quante volte gli hai perdonato.
– Sì, sì, – disse Renzo, tutto commosso, e tutto confuso: capisco che non gli avevo mai perdonato davvero; capisco che ho parlato da bestia, e non da cristiano: e ora, con la grazia del Signore, sì, gli perdono proprio di cuore.
– E se tu lo vedessi?
– Pregherei il Signore di dar pazienza a me, e di toccare il cuore a lui.
– Ti ricorderesti che il Signore non ci ha detto di perdonare a’ nostri nemici, ci ha detto d’amarli? Ti ricorderesti ch’Egli lo ha amato a segno di morir per lui ?
– Sì, col suo aiuto.
– Ebbene, vieni con me. Hai detto: lo troverò; lo troverai. Vieni, e vedrai con chi tu potevi tener odio, a chi potevi desiderar del male, volergliene fare, sopra che vita tu volevi far da padrone.
E, presa la mano di Renzo, e strettala come avrebbe potuto fare un giovine sano, si mosse. Quello, senza osar di domandar altro, gli andò dietro.
Dopo pochi passi, il frate si fermò vicino all’apertura d’una capanna, fissò gli occhi in viso a Renzo, con un misto di gravità e di tenerezza; e lo condusse dentro.
La prima cosa che si vedeva, nell’entrare, era un infermo seduto sulla paglia nel fondo; un infermo però non aggravato, e che anzi poteva parer vicino alla convalescenza; il quale, visto il padre, tentennò la testa, come accennando di no: il padre abbassò la sua, con un atto di tristezza e di rassegnazione. Renzo intanto, girando, con una curiosità inquieta, lo sguardo sugli altri oggetti, vide tre o quattro infermi, ne distinse uno da una parte sur una materassa, involtato in un lenzolo, con una cappa signorile indosso, a guisa di coperta: lo fissò, riconobbe don Rodrigo, e fece un passo indietro; ma il frate, facendogli di nuovo sentir fortemente la mano con cui lo teneva, lo tirò appiè del covile, e, stesavi sopra l’altra mano, accennava col dito l’uomo che vi giaceva.
Stava l’infelice, immoto; spalancati gli occhi, ma senza sguardo; pallido il viso e sparso di macchie nere; nere ed enfiate le labbra: l’avreste detto il viso d’un cadavere, se una contrazione violenta non avesse reso testimonio d’una vita tenace. Il petto si sollevava di quando in quando, con un respiro affannoso; la destra, fuor della cappa, lo premeva vicino al cuore, con uno stringere adunco delle dita, livide tutte, e sulla punta nere.
– Tu vedi! – disse il frate, con voce bassa e grave. – Può esser gastigo, può esser misericordia. Il sentimento che tu proverai ora per quest’uomo che t’ha offeso, sì; lo stesso sentimento, il Dio, che tu pure hai offeso, avrà per te in quel giorno. Benedicilo, e sei benedetto. Da quattro giorni è qui come tu lo vedi, senza dar segno di sentimento. Forse il Signore è pronto a concedergli un’ora di ravvedimento; ma voleva esserne pregato da te: forse vuole che tu ne lo preghi con quella innocente; forse serba la grazia alla tua sola preghiera, alla preghiera d’un cuore afflitto e rassegnato. Forse la salvezza di quest’uomo e la tua dipende ora da te, da un tuo sentimento di perdono, di compassione… d’amore!
Tacque; e, giunte le mani, chinò il viso sopra di esse, e pregò: Renzo fece lo stesso.
– Va’ ora, – riprese il frate, – va’ preparato, sia a ricevere una grazia, sia a fare un sacrifizio; a lodar Dio, qualunque sia l’esito delle tue ricerche. E qualunque sia, vieni a darmene notizia; noi lo loderemo insieme.
Qui, senza dir altro, si separarono; uno tornò dond’era venuto; l’altro s’avviò alla cappella, che non era lontana più d’un cento passi.
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