Free Tesine: percorsi di approfondimento
27 Gennaio 2019Tesine con il titolo che inizia con la A
27 Gennaio 2019La Divina Commedia, Inferno, Canto 34, vv. 1-69
E quindi uscimmo a riveder le stelle. Come termina l’Inferno di Dante, XXXIV, 70-139
A.S. 2001-2002
TESINA PER L’ESAME DI STATO DI LAURA BOSONI
– Les dieux s’en vont –
LE SETTE SATANICHE NELLA FILMOGRAFIA
Molti film nel corso degli anni si sono concentrati sul problema del Diavolo (da Profondo rosso a Rosemary’s baby), e tuttavia ho deciso prima di parlare di L’avvocato del Diavolo di Taylor Hackford (1997) perché, a mio parere, bene si lega al discorso fatto per Milton e il suo Paradise Lost.
Sintesi della vicenda:
- Il giovane avvocato Kevin Lomax consegue una serie di brillanti successi, come penalista, a Jacksonville in Florida. Viene ingaggiato da un prestigioso ufficio legale di New York, dove conosce il suo capo, John Milton (già il nome del personaggio dovrebbe farci riflettere!!).
Prima di partire verso la grande città, sua madre, figlia di un predicatore ed appartenente ad una chiesa pentecostale (pratica, cioè, di sovente degli esorcismi), gli ricorda un versetto dell’Apocalisse:” Caduta, caduta è Babilonia la grande ed è diventata albergo del demonio !!” . La qualità della vita del giovane cambia in modo rapidissimo: alloggio lussuoso, vita brillante, cause sempre più prestigiose, successo assicurato. Kevin si getta con avidità nella mischia, ma lascia sempre più sola sua moglie. Il mondo che ora conosce è pieno di affaristi opportunisti, di spietati avvoltoi, che si contendono le prede fino all’ultimo sangue: sempre più si adatta alla legge del più forte, del più scaltro, del più spregiudicato e in Milton scopre “a poco a poco” un’intelligenza e una strategia d’azione che trascende da quella umana, si configura, invece, come una di tipo luciferino. Dopo aver assistito alla rovina di parecchi dei suoi collaboratori nello studio e dopo aver subito il crollo psicofisico della moglie, Kevin decide di voler affrontare faccia a faccia il misterioso Signor Milton. Questi gli rivela di essere suo padre e d’incarnare lo spirito delle tenebre, che fin dall’inizio della creazione si è ribellato alla sovranità di Dio e ho trovato il modo di regnare nel mondo degli uomini attraverso lo strumento veramente “diabolico” della legge.
Riporto ora, per proporlo a tutti voi, il monologo che pronuncia Milton proprio alla fine del film. Spero possa essere frutto di riflessioni e di collegamenti con quanto già detto per Milton, lo scrittore del 1600.
Milton: Quel giorno sulla metropolitana, cosa ti dissi? Forse devi cominciare a perdere, ma tu non sei stato d’accordo! […]
Kevin: Perdere? Io non perdo, io vinco. Io sono un avvocato e questo è il mio lavoro: vincere!
Milton: La vanità è decisamente il mio peccato preferito: la vanità è l’oppiaceo più universale (si ricordi la descrizione del Diavolo fatta per lo scrittore)
Kevin: Che cosa vuoi da me?
Milton: Voglio che tu sia te stesso. Lasciatelo dire: il senso di colpa è come un sacco pieno di mattoni, non devi fare altro che scaricarlo! Perché ti accolli tutti quei mattoni? Dio non è così! Ti voglio dare una piccola informazione confidenziale a proposito di Dio. A lui piace guardare: è un guardone giocherellone! Lui dà all’uomo gli istinti, concede questo straordinario dono, poi che fa? Ti assicuro che lo fa per il suo puro divertimento, può parsi il suo cosmico spot pubblicitario. Fissa tre regole in contraddizione: guarda, ma non toccare! Tocca, ma non gustare! Gusta, ma non inghiottire! E mentre tu saltelli da un piede all’altro, lui che fa? Se ne sta lì a sbellicarsi dalle matte risate, perché è un moralista, è un gran sadico….e un padrone assenteista, ecco cosa è! E uno dovrebbe adorarlo? No , mai!! (si ricordi la visione orgogliosa e piena di vanto che ne dà Milton) Meglio regnare all’Inferno, che servire in Paradiso: non è così? (si ricordi che questa è un’affermazione del passo citato alle pag. precedenti) Perché no? Io sto qui col naso ficcato sulla terra e ci sto fin dall’inizio dei tempi. Ho coltivato ogni sensazione che l’uomo è stato creato per provare. A me interessava quello che l’uomo desiderava e non l’ho mai giudicato. E sai perché? Perché io non l’ho mai rifiutato, nonostante le sue maledette imperfezioni. Io sono un fanatico dell’uomo, sono un umanista! Sono probabilmente l’ultimo degli umanisti. E chi, sano di mente, potrà mai negare che il XX secolo è stato interamente mio? Tutto quanto, Kevin, tutto mio!!( si riferisce alle guerre mondiali, alla guerra fredda, episodi di violenza, barbarie, guerra di religione, per l’indipendenza o la libertà che hanno contraddistinto le pagine dei libri di storia del XX secolo) Sono all’apice, questo è il mio tempo: è il nostro tempo!!
Kevin: Ci deve essere qualcosa sotto: perché tu hai bisogno di me? Tu cosa offri?
Milton: Tutto quanto, qualsiasi cosa: ti va la beatitudine istantanea, quella che preferisci? Puoi averla a comando. Ma, già, tu vuoi di più, meriti di più: il sorriso di una giuria, una fredda aula di tribunale che si dichiara vinta e che s’inchina riverente davanti a te
Kevin: Questo posso averlo da solo
Milton: Non in questo modo: io ti tolgo i mattoni dalla borsa, io ti do il piacere. La libertà, figliolo, significa non dover mai chiedere scusa!
Kevin: Perché, allora, la legge? Perché gli avvocati?
Milton: Perché la legge ci dà accesso a tutto quanto. E’ il supremo biglietto omaggio, è il nuovo sacerdozio. (…) Stiamo arrivando, con le armi in mano, assoluzione dopo assoluzione, finché il puzzo di tutto questo arrivi così in alto in cielo, da farli soffocare tutti quanti lassù!!
Kevin: Nella Bibbia tu perdi
Milton: La Bibbia è una fonte sospetta. E poi ce lo scriviamo noi il nostro tempo (la sorellastra si offre a Kevin) Kevin guarda me: chi sono io? Diaboli virtus in lumbis est, la virtù del diavolo è nei suoi lombi. E’ ora che ti fai avanti, che ti prendi quello che è tuo!!
Kevin: Hai ragione: libero arbitrio, vero? (si spara)
·Le sette sataniche sono gruppi di persone che condividono la stessa visione del mondo, gente apparentemente normale che è attirata nell’intimo dalle lusinghe del peccato e dalle tentazioni del Diavolo. Uomini disposti perfino a sacrificare prede umane, nel nome del Signore del Male. Il cinema ha trattato il tema della setta in diverse occasioni, spesso – a partire dall’inquietante Rosemary’s Baby di Roman Polanski – con risultati eccellenti.
Le origini della specie
Se l’argomento era stato sfiorato nel 1932 con La pericolosa partita di Ernest B. Schoedsack e nel suo remake del 1957, La preda umana per la regia di Roy Boulting, fu proprio il capolavoro di Polanski, uscito significativamente nel 1968, a inaugurare una lunga e sulfurea serie di storie legate a messe nere e sacrifici satanici. Nel lovecraftiano Black Horror – Le messe nere (1968) di Vernon Sewell, Christopher Lee è il proprietario del castello di Greymarsh, lugubre maniero in cui un manipolo di individui mascherati induce gli occasionali ospiti a rendere l’anima al Diavolo. Nel 1970 escono La pelle di Satana di Piers Haggard, in cui si narra di sacrifici umani in una regione rurale dell’Inghilterra del Seicento, e La vergine di Dunwich di Daniel Haller, che offre ancora spunti dalla letteratura di Lovecraft.
(Sett)anta
Gli anni Settanta hanno visto vacillare alcune certezze tramandate dalle tradizioni religiose. La società ha risentito di questo cambiamento e il cinema, di riflesso, ne ha sfruttato ogni potenziale spettacolarizzazione. Questa è la spiegazione del grande numero di film sulle sette sataniche usciti nel decennio. Opere riuscite come Quella notte in casa Coogan (1971) di Lee Madden, La macchia della morte (1972) di Paul Wendkos, In corsa con il diavolo (1975) di Jack Starrett, Una figlia per il diavolo (1976) di Peter Sykes si alternano a film mediocri, come Il buio macchiato di rosso (1973) di Freddie Francis e Il potere di Satana (1973) di Bert I. Gordon, con un inedito Orson Welles versione satanista. L’Italia risponde con La corta notte delle bambole di vetro (1972) di Aldo Lado, Tutti i colori del buio (1972) di Sergio Martino, il polanskiano Il profumo della signora in nero (1975) di Francesco Barilli e, naturalmente, Suspiria (1977) di Dario Argento.
I nuovi adepti
Negli anni Ottanta e Novanta il messaggio sociale che traspariva dai film del decennio precedente si fa assente. Nel 1984 esce Grano rosso sangue, di Fritz Kiersch, tratto da un racconto di Stephen King in cui si immagina che una setta di ragazzini (i Figli del Grano) immoli delle vittime adulte in onore di Colui Che Cammina Dietro I Filari. Si può citare, ancora, l’inedito Midnight (1981) di John Russo e soprattutto The Believers – I credenti del male (1987) di John Schlesinger, in cui lo psichiatra Martin Sheen si imbatte in una congrega di satanisti dediti al sacrificio di bambini innocenti. Ricordiamo infine Angel Heart – Ascensore per l’inferno (1987) di Alan Parker e gli italiani Il nido del ragno (1988) di Gianfranco Giagni e La setta (1991) di Michele Soavi. E’ interessante notare come Roman Polanski, vero iniziatore del filone, abbia anche detto l’ultima (per ora) parola sull’argomento con La nona porta (1999), un film, purtroppo, assai deludente.
Larry, dopo essersi sposato, va a vivere con la moglie Julia nella casa che prima era abitata dal fratello Frank, scomparso dopo aver voluto provare il piacere della sofferenza, offertogli dai Supplizianti, demoni che abitano una dimensione parallela, alla quale si accede tramite una scatola magica. E’ il sangue di Larry a risvegliare ciò che e’ rimasto del fratello, ovvero una informe massa di carne. Frank per tornare normale ha bisogno di sangue, e chiede aiuto a Julia, sua ex amante, che glielo procura adescando uomini e attirandoli nella casa. La figlia di Larry scopre la presenza di Frank, gli sottrae la scatola e evoca i Supplizianti, il cui capo Pinhead decide di non rapire la ragazza se questa lo aiuta a catturare Frank, che ha assunto le sembianze del fratello, sua ultima vittima. I Supplizianti catturano e uccidono Frank, dopo che questo per sbaglio aveva ucciso Julia. Ora vogliono catturare anche Christine, ma la ragazza li ricaccia nella scatola insieme a una creatura mostruosa. La scatola pero’ ritorna in circolazione per trovare altri uomini che vogliono sfidare ancora i piaceri dell’inferno.
Nell’Olimpo dei grandi l’esorcista (The Exorcist, 1973) è un grande film dell’orrore. Grazie al suo stile asciutto, che ha conferito al film un realismo agghiacciante, il regista William Friedkin ha guadagnato riconoscimento e fama internazionale.
La sceneggiatura, che è valsa il premio Oscar allo scrittore newyorchese William Peter Blatty, autore due anni prima del romanzo da cui il film è tratto, offre un notevole approfondimento psicologico dei personaggi.
Regan (Linda Blair), la piccola posseduta protagonista del film, sarà sempre ricordata per quei suoi repentini accessi d’ira, per la sua blasfema ironia, per la sua testa roteante a 360° e per quell’orribile vomito verdastro.
La musica ipnotica di Mike Oldfield (dal suo famoso Tubular Bells), le sonorità sinistre che sprigionano da ogni fotogramma (L’esorcista ha ottenuto l’Oscar anche per il miglior suono) e infine gli incredibili effetti speciali di Dick Smith, esperto anche nei trucchi d’invecchiamento (si può notare come oggi Max Von Sydow, comparso in La neve cade sui cedri, assomigli a padre Merrin) sono gli ingredienti di un’opera rivoluzionaria e di grande impatto.
Il valore storico de L’esorcista non consiste solamente nell’aver dato nuova linfa vitale all’horror ma anche nell’aver colto il crescente interesse della sua epoca verso l’occultismo, forse proprio per l’inquietudine causata dal progresso tecnologico.
Rosemary’s baby
A New York due giovani Guy e Rosemary Woodhouse vanno a vivere in un appartamento in cui sono stati commessi omicidi di stampo satanico. L’appartamento faceva parte di un’ala del palazzo dei coniugi Castevet, che sono stati colpiti da una disgrazia: una loro ospite e’ stata ritrovata sfracellata ai piedi del palazzo. Non e’ un buon momento per Guy che ha appena perso un importante ruolo in una commedia. Pero’ quando conosce Roman sembra tutto sistemarsi, infatti l’attore scelto al posto suo perde improvvisamente la vista e quindi ottiene la parte. Guy e’ talmente contento ed entusiasta che propone alla moglie di fare un figlio. Una sera la signora Castevet prepara una mousse e la porta a Minnie, che dopo averla mangiata ha una visione in cui lei, legata ad un letto con il corpo dipinto, viene violentata da un essere mostruoso sotto gli occhi di donne e uomini nudi tra i quali c’e’ il signor Castevet. Quando la donna si risveglia si ritrova il corpo pieno di graffi, ma pensa che sia stato tutto un sogno. Dopo un po’ di tempo la donna si accorge di essere incinta, e gli invadenti vicini scelgono per lei un medico, il dottor Sapirstein, che le prescrive una cura. Rosemary e’ pallida e invece di ingrassare dimagrisce; un amico preoccupato per la salute della donna inizia ad indagare, ma prima di trovare la soluzione del problema, entra in coma e muore. Unico indizio lasciato dall’uomo e’ un libro di magia nera su cui e’ scritta la vera identita’ di Roman: e’ il figlio di un noto satanista. E’ stato lui con i suoi riti a far diventare cieco l’attore e a uccidere l’amico di Rosemary; complice di Roman e’ proprio Guy che ha venduto il figlio a satana in cambio del successo. Rosemary cerca di scappare ma, giunta a casa sente dei vagiti, e anche se le hanno detto che suo figlio e morto lei non ci crede e corre a vedere; il bambino c’e’, ma purtroppo e’ figlio del demonio.
A otto anni di distanza dal suo capolavoro assoluto, Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre, 1974), il regista Tobe Hooper ha girato uno dei più spettacolari film dell’orrore della storia del cinema: Poltergeist – Demoniache presenze (Poltergeist, 1982), una produzione di Steven Spielberg, autore anche della sceneggiatura. Nel film si racconta l’odissea dei giovani coniugi Freeleng (JoBeth Williams e Craig T. Nelson), che, dopo essersi stabiliti in una bella casa nel tranquillo quartiere residenziale di Cuesta Verde, si ritrovano subito privati della figlioletta Carol Anne (Heather O’Rourke). Dov’ è finita la piccola? Semplice, è stata inghiottita dal televisore! I Freeleng interpellano una medium nana (Zelda Rubinstein) che intuisce la presenza dei maligni ectoplasmi; questi, oltre ad aver distrutto mezza casa, hanno trasportato Carol Anne in un’altra dimensione. Dopo una serie di traversie, la medium riesce a liberare la bambina, ma nel frattempo i morti gridano vendetta: la casa è stata edificata su un antico cimitero da un affarista senza scrupoli. Quando la famigliola decide di cambiare nuovamente abitazione, la prima cosa da fare è rimuovere il televisore. Naturalmente nel film i più di cento effetti speciali – curati dalla ILM di George Lucas – fanno la parte del leone: gli oggetti più disparati volano dappertutto e si fracassano sui muri delle stanze; la forza di gravità è del tutto assente, mentre un esofago fantasma collega il televisore al mondo dei morti. Poltergeist si ricorderà sempre come una sfavillante sarabanda di effetti speciali ad altissimo voltaggio spettacolare.
GOSTANZA DA LIBBIANO
Di PAOLO BENVENUTI, ITALIA, 2000
ANNO DI USCITA: 2001
Con: Lucia Poli
Soggetto: tratto dagli atti originali del processo
Trama:
“E andammo via con il vento in lontani paesi, alla casa del diavolo” . Così nel 1594, Monna Gostanza da Libbiano dice ai suoi accusatori, agli occhiuti difensori della fede che la tormentano per cavarle fuori la “verità” . Impegno davvero intenso, questo dei santi inquisitori, perché la verità viene estorta proprio fin dalle membra, letteralmente: le legano le mani dietro alla schiena, a un capo di una fune che scende dal soffitto e la tirano su, lasciandola penzolare nel vuoto. Poi, quando la “strega” si dichiara vinta, la calano sul pavimento, dove il boia con un colpo secco le riaggiusta le articolazioni delle spalle. Ben più impietosa è la violenza che gli “amorevoli” persecutori fanno alla sua anima, un reverendo, un inquisitore vicario e l’inquisitore generale. In Gostanza, nonostante l’abbandono cui è condannata dal suo ruolo di donna e strega, la fierezza rimane sempre accesa: il dolore fisico vince più di una volta la sua coscienza, ma sempre riesce a capovolgere la sconfitta in un attacco, in una affermazione impossibile di dignità e autonomia. Non c’è scampo per la vecchia levatrice, per la guaritrice che allevia con erbe e oli le sofferenze dei contadini. Per quanto dica- che sia veritiera o che menta- i persecutori ne traggono sempre conferme di colpevolezza. Ogni sua frase, ogni oggetto e azione della sua vita, tutto agli occhi degli inquisitori vale come prova del suo crimine, della sua complicità con il Nemico. Gostanza è povera ed è donna: in lei si sommano due marginalità, due potenziali mostruosità; inoltre è levatrice, quindi sul limite della vita, in un contesto ambiguo e di confine, colmo di possibilità di angoscia di spavento e di prodigio. La prima volta, con le ossa doloranti, Gostanza guarda dritta negli occhi i suoi “aguzzini” con lo sguardo di donna in rivolta. Afferma con orgoglio di essere una strega, di aver fatto “malie” mortali, e che loro stessi ne avrebbero subito il danno. Il ruolo che le è imposto si capovolge da negativo in attivo: la vittima, la strega, si ribella, si solleva in quanto vittima. Poi, dopo altra solitudine sconfinato terrore, richieste di pietà e tentativi di resa, di nuovo non le resta che quel capovolgimento. Con occhi colmi di un’ultima, estrema felicità, Gostanza vive il suo rapporto col Nemico; non c’è altro modo per lei di fingersi e anzi di essere “via nel vento” . Il suo ruolo di donna e di strega non è più la sua prigione: almeno nell’attimo in cui i suoi occhi risplendono vi è la sua libertà. Ecco che comincia a raccontare di incontri osceni col diavolo, di sabba notturni con le altre streghe, di una dimensione di libera espressione della propria interiorità, trovando la felicità vera, non certo secondo quello che gli stessi inquisitori e la Chiesa avevano sempre dipinto come invece nefasto, degradante, abbietto, sacrilego.
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