“The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde”by Robert Louls Stevenson
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27 Gennaio 2019Letteratura italiana: il relativismo pirandelliano dalla tesina Chi è l’altro di Maria Elena Ballarini – Esame di Stato – 2002
Luigi Pirandello
L’estremo relativismo riguardo la costruzione, la comunicazione e l’immagine di sé per sé e per gli altri, è di Vitangelo Moscarda, protagonista di uno delle più celebri opere di Luigi Pirandello, scritta nel 1925 (ma il suo inizio data 1909) e pubblicata a puntate sul settimanale “La Fiera letteraria” nel 1926. “Uno, nessuno e centomila”; ultimo romanzo del grande scrittore siciliano, esso è anche uno degli esiti più rivoluzionari della narrativa del ‘900.
Costruire se stessi e la propria immagine, che sarà ricevuta in modo diverso per quanti sono coloro che si metteranno in relazione con quell’immagine: ciò dimostra sia la relatività della relazione, ma anche l’assolutezza della comunicazione: e impossibile non solo non comunicare, ma e impossibile non comunicare la propria immagine (forma) seppure questa possa non coincidere con l’io vero della propria personalità (sostanza). L unica strada per superare la chiusura della soggettività è essere consapevoli della relatività dei giudizi; ma, appunto, la solitudine e la chiusura in sé, assolutizzati, porterebbero ad occludersi ogni via di conoscenza, seppure costituirebbero la vera libertà. Il che sposta l’assunto pirandelliano, dall’incomunicabilità alla comunicazione e relatività comunicativa come via alla conoscenza.
D’altra parte lo stesso protagonista, Vitangelo Moscarda, attua la salvezza dalla razionalità attraverso il suo pieno inveramento (decidere di essere l’uno/nessuno di se stessi senza curarsi delle centomila immagini diverse, distrugge le relazioni così come esse si erano maturate nel corso dell’esperienza esistenziale, porta alla libertà ma lo conduce alla pazzia). E, in definitiva, anche la riconquistata riappropriazione del proprio essere, a seguire Pirandello, porterebbe ad un’altra immagine per gli altri, mai coincidente con la propria vera.
Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: uno solo per tutti, come uno solo credevo d’esser io per me. Ma presto l’atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda ch’io ero non solo per gli altri ma anche per me, tutti con questo solo nome di Moscarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio povero corpo ch’era uno anch’esso, uno e nessuno ahimè, se me lo mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile negli occhi, abolendo in esso ogni sentimento e ogni volontà.”
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