Ho conosciuto don Savino quando è diventato parroco a Corsico e ciò che è stato per me è ben espresso dalla frase in chiusura della locandina che presenta questa giornata, in cui viene richiamato il suo cuore di maestro e di padre. Maestro proprio in quanto padre, pastore perché padre. E questo è ciò che ha caratterizzato il suo magistero e ha reso, per me, determinante l’incontro con lui. Don Savino mi ha guidata proprio con la sua paternità, e la sua guida mi ha fatto sempre sentire accettata e stimata, con tutte le mie fragilità e i miei limiti, una paternità, la sua, che sempre ha rimandato ad un’altra Paternità.
Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio “Padre” , ma ho iniziato a capire la portata di questo fatto solo tre anni fa. Sapevo anche prima che Dio è nostro Padre, ma era tutto un po’ teorico, astratto, mancava qualcosa e cioè mi mancava l’esperienza di questa figliolanza, sentirla sulla mia pelle, viverla, e con Don Savino è accaduto proprio questo. Credo che il suo più grande merito sia stato proprio questo: essere stato per tante persone trasparenza di una Paternità più grande.
Ricordo in particolare un episodio che risale al giovedì Santo del 2014. Don Savino era sull’altare per celebrare la Messa in Coena Domini e anche in quella occasione mi interrogavo sul mistero che si celebra durante la Messa, dovendo ammettere per l’ennesima volta l’incapacità di vivere fino in fondo il sacrificio eucaristico, offerto in quella Messa, come lo stesso di 2000 anni fa. Durante quella funzione la sua sofferenza, provocata dalla metastasi alla spina dorsale, fu particolarmente evidente. Ad un certo punto, prima di iniziare la preghiera di consacrazione del pane e del vino, quasi in cerca di aiuto e sostegno, Don Savino guardò le persone inginocchiate nelle prime panche, tra le quali c’ero anche io. Non dimenticherò mai quello sguardo che domandava e offriva tenerezza, una tenerezza disarmante e che soprattutto esprimeva un grande dolore. Esattamente in quel momento, nel quale i nostri sguardi si incrociarono, io compresi, finalmente anche con il cuore, cosa stava realmente accadendo su quell’altare, compresi che quel sacrificio compiuto 2000 fa, si stava consumando in quel preciso momento e in quel preciso luogo. Gli occhi con cui Don Savino aveva guardato le persone delle prime file mi rimasero dentro come il fotogramma di un film. Era come
se quello sguardo avesse sciolto qualcosa dentro di me, come se avesse svelato qualcosa di me a me stessa, come se ad un tratto mi fossi conosciuta per ciò che ero veramente, e cioè figlia amata infinitamente dal proprio Padre e Creatore. Mi sembrò in quella manciata di secondi che un velo si fosse alzato e tutto iniziasse a mostrarsi per ciò che era: il sacrificio consumato sull’altare così come la mia vera identità, di figlia appunto. Da quel giorno iniziò a cambiare il mio rapporto con il Signore che incominciai a riconoscere dentro la mia esistenza come una Presenza viva, come cioè carne, oggi, proprio come 2000 anni fa.
Giuliana Sala