Riportiamo un articolo di Tuttoscuola news del 27 febbraio
2012 in cui si riflette con preoccupazione, una preoccupazione che condividiamo,
sul destino delle 4300 scuole dell’infanzia gestite da parrocchie o religiosi,
che rischiano moltissimo a causa della possibile imposizione dell’IMU. Il premier Mario Monti, ha
dichiarato che «l’attività (della scuola) paritaria è valutata positivamente se il servizio è assimilabile a quello pubblico», in base a quanto previsto dalla legge 62 del 2000.
Il
valore pubblico di queste scuole, infatti, non si discute, se si pensa che è solo grazie
ad esse che l’Italia ha già raggiunto obiettivi imposti dall’Europa per il 2020, che, in altri paesi, in mancanza di questo supporto esterno, mobilitano
risorse e mezzi economici che l’ Italia oggi non avrebbe. Fermiamo la
sperequazione e la disuguaglianza di trattamento fra gli alunni e le famiglie
delle scuole statali e non statali: perché per le spese veterinarie ci sono detrazioni
fiscali e per l’educazione dei propri figli le famiglie italiane non godono di alcuna
detrazione? E soprattutto, perché una attività di evidente sociale, come le
scuole paritarie, dovrebbe essere tassata?
L’IMU sugli edifici della Chiesa mette a rischio 4.300
scuole dell’infanzia
Tuttoscuola – 27 febbraio 2012
La tassa sugli immobili della Chiesa sta preoccupando i
cattolici, soprattutto per il rischio che possano essere colpiti gli edifici
destinati ad attività no profit, come quelli destinati all’assistenza e
all’istruzione.
In particolare le scuole per l’infanzia, che da sole
costituiscono il 73% delle istituzioni scolastiche non statali, sono al centro
delle preoccupazioni della Chiesa e del mondo cattolico, perché in quel settore
si trova la maggior parte delle istituzioni il cui gestore è un ente religioso (per
lo più parrocchie).
Su 9.510 scuole dell’infanzia paritarie distribuite
sull’intero territorio nazionale e, in particolare nei piccoli paesi dove non è
presente la scuola statale o comunale, sono ben 4.310 (oltre il 45%) le scuole
gestite dalle parrocchie o da congregazioni ed enti religiosi.
Si tratta per lo più di piccole scuole (con due-tre sezioni)
che svolgono una funzione sociale importante, quasi sempre in sostituzione o ad
integrazione dell’intervento statale.
I loro bilanci sono quasi sempre costituiti da poche voci:
da una parte le entrate rappresentate dal contributo statale (erogato
normalmente in ritardo e di valore effettivo in decremento) e dalle rette delle
famiglie, e dall’altra i costi di gestione per personale e servizi.
Il pareggio di bilancio è spesso un obiettivo pressoché
irraggiungibile.
Se l’IMU per gli immobili della Chiesa verrà applicata anche
agli edifici che ospitano quelle scuole dell’infanzia, il rischio di chiusura
dell’attività scolastica per molte di esse potrebbe farsi concreto.
A quel punto lo Stato o i Comuni dovrebbero farsi carico di
organizzare il servizio per tutti gli studenti che oggi frequentano quegli
istituti, ad un costo medio per alunno che va dai circa 6 mila euro l’anno per
le scuola dell’infanzia e primarie agli oltre 7 mila euro per quelle
secondarie. Certo lo Stato risparmierebbe per gli istituti in chiusura il
contributo per le paritarie, che però è di meno di 600 euro per alunno per le
scuole dell’infanzia e di 51 euro per le secondarie superiori. Conviene?