Parafrasi della poesia A Silvia di Giacomo Leopardi
3 Agosto 2019Lettura e commento della poesia A Silvia di Giacomo Leopardi
3 Agosto 2019Introduzione ai Grandi Idilli e la poesia A Silvia di Giacomo Leopardi
Introduzione
Il poeta Giacomo Leopardi dedica questa poesia ad una giovinetta, chiamandola Silvia, che di solito viene identificata con Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta in giovane età di mal sottile.
Il canto è scritto a Pisa, in un momento in cui il poeta si trova in una lieta condizione interiore (come lui stesso scrive) e l’immagine di Silvia si confonde con quella della sua giovanile speranza nella dimensione del ricordo e della nostalgia.
Testo
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltá splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare5
di gioventú salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all’opre femminili intenta10
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
cosí menare il giorno.
Io, gli studi leggiadri 15
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,20
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.25
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia 30
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.35
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu, pria che l’erbe inaridisse il verno, 40
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,45
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dí festivi
ragionavan d’amore.
Anche pería fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei 50
anche negâro i fati
la giovanezza. Ahi, come,
come passata sei,
cara compagna dell’etá mia nova,
mia lacrimata speme! 55
questo è quel mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero60
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.